29 marzo 2011

Semel in anno licet rinsavire

Quest'anno ho deciso di portarmi avanti con i lavori, così ho notevolmente anticipato alcuni passi fondamentali nella stagione di un atleta del mio calibro. Il primo passo era quello di confrontarsi con una cartina veramente tosta: via il dente e via il dolore con le due gare di Lipica già a metà marzo, dalle quali sono uscito con le ossa rotte (ma non tutte) e con la piacevole sensazione che la maggior parte delle carte che affronterò d'ora in avanti al confronto saranno dei centri storici CSI.

Il secondo passo era quello di confrontarsi con i più forti. Perchè dopo che è tanto che ti prepari bene e ti sembra di migliorare tecnicamente, c'è sempre, almeno in me, la voce subdola che dice “mah, chissà, magari potresti toglierti qualche soddisfazione anche in MA”. Ecco, questo l'ho fatto domenica scorsa a Vezzano.

La gara è stata molto bella, ottimamente organizzata come al solito dal Trent-o, al quale va l'unico appunto di una carta non proprio leggibilissima, ma effettivamente stampare in tipografia le carte per una gara regionale sarebbe stato forse un po' troppo. Giornata uggiosa, ma non piove e non fa né caldo nè freddo, le condizioni ottimali per buttarsi negli oltre 10kmsf della MA, sulla quale ho ripiegato dopo aver visto che in 35 c'erano solo 4 iscritti.


Pronti via e già la prima mette lì una scelta ostica. Col senno di poi era da andare via in curva dopo la svedese e poi buttarsi giù al muretto. Ma lì per lì non ci arrivo e scendo per poi risalire. Ma avrei potuto fare di meglio. La 2 è corta ma richiede prodenza: due anni fa mi ci sarei perso, sta volta sono solo un po' lento.

Per la 3 c'è la prima tratta transoceanica, uso il sentiero dove si può, decido di passare a dare un occhio alla 10, ci metto una vita di più di quelli forti, ma ci arrivo senza problemi. La 4 provo ad attaccarla con un po' più di animo, e riesco a staccare un quarto posto di tratta, davanti a Cristellon e Bezzideluxe2011. Quando ci arrivo sono proprio soddisfatto, e la soddisfazione non turba eccessivamente la tratta successiva, dove ci metto solo 10'' più di Rigoni. Per la 6 dopo breve riflessione opto probabilmente per la scelta sbagliata, ma la trovo senza difficoltà, e alla 7 raggiungo il mio best rank di giornata, con il 3° tempo (ma si trattava solamente di salire su un dosso...).

Per la 8 si torna nella zona più tecnica, e dopo il trasferimento che non mi vede brillare né per ardimento né per velocità, mi trovo ad attaccare il colle che già tanti dolori mi ha causato in passato. Parto subito male, perchè confondo un naso con quello sotto, ma un provvidenziale muretto mi riporta sulla strada della conoscenza. Mi è però fatale l'aggiramento del dosso che è molto meno definito di quello che la curva maestra ciccia potrebbe far sognare, e punto deciso al microdosso sbagliato. Il mio errore è sicuramente quello di non guardare la bussola, preso dall'entusiasmo di aver individuato una forma del terreno uguale a quella che stavo cercando. Quello che è successo davvero lo scopro però solo a gara finita, e al momento trovo la 8 solo perchè è circondata da varie persone che si stanno confrontando su dove cavolo sono finite.

Averla trovata di culo non fa bene al mio morale, e mi autopunisco buttando un minuto abbondante sulla 9 che non desterebbe grossi problemi (e qui l'errore è quello di abboccare allo “specchietto per le allodole”, una forma del terreno molto marcata all'interno del cerchietto, che non è però quella su cui dovrei concentrarmi, e mi metto a cercare una buca in una riccia invece che una buca in un avvallamento).

Uscendo dalla 9 incrocio Lorenzo Vivian, che partiva 8' dopo di me. Non è un bell'incontro, ma riesco a non andare in confusione e proseguire per la 10, con una scelta molto pavida ma efficace. Per la 11 vado inutilmente a passeggio sulle stradine, evidenziando un'altra volta un ottimo contatto con la carta ma un approccio piuttosto codardo alla tratta, mentre per la 12 ci sono dei comodi sentieri che ti ci portano, sui quali però mi fermo un po' troppe volte per verificare bene dove sono. Discreta ma sempre prudente la 13, buona ma inizialmente troppo titubante la 14, stradali la 15 e la 16 e scocciante la 17, dato che mi fermo per capire dove sono in una banalissima strada asfaltata.

L'ultima parte della gara la affronto a cervello spento, e perdo in proporzione più di quanto ho perso in tutto il resto della gara. Il fatto è che la 17 è messa in modo proprio banale, così decido del tutto arbitrariamente che le ultime lanterne sono quelle del percorso esordienti e basta correre. La 18 mi conferma in questa patologica teoria e così alla 19 perdo 1' per aver scavalcato il muretto all'angolo sbagliato, alla 20 ne perdo un altro per essere sceso fino alla strada asfaltata e averci anche corricchiato un po' su, e alla 21 un altro ancora cercando vanamente su un cocuzzolo la lanterna che era “fra due” cocuzzoli (come per altro recitava la descrizione punti...).

A onor del vero il “best rank” di giornata lo stabilisco dalla 100 all'arrivo, con un primo posto a pari merito con Dallavalle. Che vuol dire che le gambe ci sarebbero anche, ma manca dell'altro.

La risposta alla domanda “in MA potrei togliermi qualche soddisfazione?” è stata dunque inappellabile: “NO”, con sottotitolo “restatene tranquillo tranquillo in M35 almeno per i prossimi 10-15 anni”. La cartina è secondo me una delle più ostiche del Trentino, e la mia prestazione è stata parecchio migliore di quella che avevo offerto due anni fa sugli stessi dossi verdini, ma 13' da Pin, 20' dalla versione deluxe 2011 di Bezzi, 23' da Rigoni & Cristellon e 32' da Dallavalle, sono proprio un abisso. E siccome purtroppo non ho la sportività innata (che invidio sinceramente moltissimo) di Stegal, al quale gli frega niente di arrivare post-ultimo, se è riuscito a domare la carta, me ne tornerò nel purgatorio della M35, dove i veri orientisti trentacinquenni non corrono perchè li farebbe sentire troppo vecchi, e tuttalpiù ci sono quelli che hanno più o meno abbondantemente superato i 40 ma gli pare brutto dirselo.

21 marzo 2011

Crittico della Valsugana

Un fine settimana a cavallo con il primo giorno di primavera, un tempo clemente il sabato e spettacolare la domenica, una manifestazione ormai consolidata, una società sportiva super esperta nell'organizzazione di gare, tanti mesi con gli scarpini chiodati in armadio e il pigiamino colorato in naftalina, e 300 bambini cresciuti che non vedevano l'ora di re incontrarsi per giocare di nuovo al loro gioco preferito: se non c'erano questa volta tutti gli ingredienti per un fine settimana di pura goduria, non si sa quando potranno esserci.

Eppure mai come questa volta ho sentito in giro tanto malcontento per come sono andate le cose, e mai come questa volta mi sento di condividerlo.

Premessa doverosa: la mia squalifica di domenica dovuta ad attraversamento di muretto non attraversabile era sacrosanta, e pirla io a non conoscere sufficientemente bene il regolamento da avere il dubbio che una striscia nera grossa fra un prato e una strada fosse solo una esortazione a non attraversare e non un divieto (ma adesso me lo ricorderò, giuro!). Ciò detto, al di là dei tanti rilievi tecnici per regole FISO non rispettate, che ho sentito da chi ne capisce più di me (e della pastasciutta promessa per il sabato sera che si è poi trasformata in un panino con la bondola per molti ma non per tutti) la miriade di squalifiche del sabato sera per attraversamento di una strada provinciale che dal vivo non vedeva passare neanche una macchina e che in carta non era riconoscibile da qualunque altra strada, l'esiguità di scelte di percorso (che almeno in M35 si contavano su una mano assommando quelle di 3 gare), e la presenza nella carta della notturna di particolari su cui sono state fondate altre squalifiche, che sarebbero state scarsamente visibili anche di giorno, mi fanno dire che il Crea Rossa sia decisamente incappato in un fine settimana da dimenticare.

Eppure, come dicevo, le premesse erano più che favorevoli e l'atmosfera del sabato pomeriggio poco fuori Roncegno erano quella di una scuola elementare all'inizio del nuovo anno, con i primini a guardarsi intorno un po' spaesati, e tutti gli altri a salutare i compagni dell'anno prima e a fare a gara fra chi era cresciuto di più durante l'estate. Certo, il nome del Bidello Panzottello sulla bacheca del M35 invece che in quello del MA dove è solito esibirsi, e ancor più la sua assenza dell'ultimo minuto proprio al primo giorno di scuola, avrebbero dovuto far capire ai più avveduti che la luna piena di quel giorno non sarebbe stata molto fausta, ma si sa che gli avveduti fanno altri sport.


Si iniziava con la sprint del bosco di San Silvestro, ed era un peccato che dai più era considerato venale, dato che è vero che è una carta su cui l'unica scelta davvero intelligente è quella di rimanere sui sentieri e pedalare come i forsennati, ma poteva essere anche un buon modo per rientrare in confidenza con il bosco in modo meno traumatico di una Lipica Open. Personalmente, uscivo dall'orrido conoide alluvionale con altri 2 minuti abbondanti da Cipriani, che su un quarto d'ora di gara non erano proprio un attestato di benemerenza, ma lasciandomi alle spalle tutti gli altri, Casagrande, Grassi S. e Segatta in primis. Candotti mi scandiva nelle orecchie 0-2, 0-2, 0-2, ma avevo grosse speranze di pareggio entro le 12 ore successive.

Alla partenza della notturna la luna è nascosta dalle nuvole, ma la temperatura è meno rigida di quanto si potesse temere. Dopo la partenza a tradimento (dal “-30'' si passa direttamente al “via” senza nessun accenno a quaalche numero intermedio) sbando qualche secondo indeciso se partire con la cartina rovescia o meno, e poi mi avvio in solitaria per una strada da cui ben presto arrivano tutti in senso contrario. L'evidenza dei fatti mi dice che sono nel posto dove dovrei essere, ma quando un paio di minuti dopo mi trovo al buio, da solo, su una strada che finisce nel torrente dove l'acqua mi arriverebbe alle caviglie, mi sorge qualche dubbio. Eppure si deve andare proprio di là e così attraverso il corso d'acqua con il risultato che dopo 3 minuti di gara ho i piedi bagnati ed entrambe le scarpe slacciate (e non posso certo perdere secondi preziosi per allacciarle...). Un sentiero da 16 curve di livello mi fa prontamente pensare ad altro, ma l'equidistanza è solo 2,5 quindi arrivo in cima con entrami i polmoni al loro posto. Lanterna 4 dietro il cimitero e poi via fra i rovi a cercare il fantasmatico sentiero che dovrebbe portare alla 5 in un amen. Mentre mi diletto fra le spine mi raggiunge Cipriani e insieme decidiamo di gettarci serenamente nel fosso, uscendone indenni. Fino alla 8 spingo bene e leggo velocemente, ma ad essermi fatale sarà la 9. Quello che di giorno (e con tanta luce) si rivelerà essere un passaggio di giallo-parco, a me sembra in cartina una strada asfaltata, e quando ci arrivo e non la trovo vado un palla. A raccapezzarmi e trovare la lanterna di metto un paio di minuti, e a quel punto ho la netta sensazione (giusta!) di aver buttato la gara nel cesso. C'è però ancora il tempo per tentare di evirarmi contro la catenella con targhetta di metallo che mi ritrovo piantata nel basso ventre senza il minimo preavviso, per la gita panoramica sul lungo lago dove varie microsimbologie sembrano fatte apposta per indurre in tentazione (ma io non casco né nel tranello di attraversare il recinto non attraversabile, né in quello di risparmiare 20'' tagliando dove invece si poteva) e per incontrare casualmente la 18 dopo che avevo perso il segno in cartina. Al traguardo, Cipriani è ancora una volta un paio di minuti davanti, e gli altri tutti dietro.

Il tabellone a questo punto recita 0-3 per il Cip, ma con la gara in centro storico ho grandi speranze di accorciare le distanze. Split alla mano (e scordando per un attimo che siamo stati squalificati tutti e due), la gara me la gioco nei primi 2 metri dopo il punto k, dove opto per la scelta bassa, sbagliata, perdendo 13'' che saranno sufficienti ad essere battuto ancora una volta, sta volta solo per 10''. Agli annali passerà però solo la tratta 19-20, dove mi sembra talmente impossibile che la scelta da fare sia quella di passare dalla 21 allontanandosi di 5 cm dalla linea rossa, che mi convinco che un striscia nera è non attraversabile solo se da una delle due parti c'è un verde privato. Peccato che il delegato tecnico a cui sottopongo il quesito non sia della stessa opinione.

Domenica prossima, gara regionale sulla carta di Vezzano, e lì non ci saranno scuse di sorta: da quella carta ne escono entro il tempo limite solo quelli che sanno fare orientamento.

Chissà se ci sarà anche il Bidello Panzottello. E che fine ha fatto sabato e domenica scorsi.

17 marzo 2011

Lipica Open Stories

Il mio calendario ufficiale 2010, certosinamente redatto e aggiornato nel corso del lungo e buio e freddo inverno, prevedeva il mio esordio in bosco con il trittico della Valsugana. Ma una fatina buona, travestita da M50 della mia società, ha invitato me e il mio bocia a seguire lui e il suo bocia alla Lipica Open in camper, così il digiuno invernale si è accorciato di una settimana e ho potuto iniziare con il peggio dei peggi.

Che è poi solo una questione di punti di vista, dato che le carte di Lipica sono il peggio che un orientista scassato ed arrugginito possa incontrare sul suo cammino, ma il meglio che un vero orientista possa affrontare. Terreno super tecnico, buche a sfare, sassi, verdi di tutte le gradazioni, sentieri ambigui, concentrazione obbligatoria in tutte le lanterne, e mai due di seguito che richiedano una tecnica simile. Un bignami dell'Orienteering, ma solo per gente che ci capisce. E quanto io ci capisca è ancora oggetto di discussione fra me e me.

Il menù del Day 1 prevedeva la carta di Vilenica, e dato che io ero psicologicamente pronto per le buche, non ce n'era nessuna. In compenso, sassi ovunque, di cui cartografati meno della metà (ma devo dire che su questo ormai un po' di dimestichezza ce l'ho).
Al via mi consegnano un A5 dove la cartina è grande come la mia mano, i km sono 3,9 e i metri di dislivello sono 160, praticamente una formalità...
Faccio per orientare la carta e mi cade l'occhio sul mio pollice sinistro desolatamente nudo. Mi ricordo subito che ho messo la bussola in tasca mentre mi allacciavo le scarpe, ma non è un buon inizio. Per fortuna il dosso da aggirare per arrivare alla 1 è molto evidente, così entro subito in carta.


Alla 2 c'è però già da fare un azimut "in contropendenza", con un pendio che mi invita delisiosamente a sinistra, e mi sbatte su rocce molto simili a quelle che dovrei trovare io, dove però non c'è la mia lanterna. Impiego parecchio tempo a riconoscere il prato gigante che ho davanti, a conferma della ruggine invernale, e anche quando arrivo al posto giusto, perdo un altro po' di tempo per individuare la roccia "inferiore".

Per la 3 sono aiutato dalla amipia conoscenza della zona che mi ero fatto prima, e stacco addirittura il miglior tempo, poi per la 4 imposto una navigazione di lunga percorrenza che però naufraga durante il tragitto, per superficiale progettazione della scelta di percorso. Mi salva giusto un angolo di muretto. Per la 5 azimut in salita fatto molto bene, poi per la 6 ottima progettazione ma pessima esecuzione, con imprevisto ed inutile scavalcamento finale del cocuzzolo roccioso, al posto di un suo comodo aggiramento.

Per la 7 punto alla valletta invece di scendere diritto lungo le rocce, per la 8 scelta discreta con valletta come linea di arresto (ma scarsa aggressività nel trasferimento), poi scelta prudente lungo sentiero e muretto per la 9, e mi faccio di nuovo aiutare dal muretto per la 10 e la 11 (ma in quest'ultimo caso con un inconsulto allontamento dovuto ad involontario inseguimento di collega).


Per la 12 e la 13 leggo bene le curvette marroni che non molto tempo fa mi avrebbero gettato nel panico, alla 14 allargo un po' inutilmente, alla 15 seguo involontariamente alcuni che per fortuna andavano alla lanterna giusta, per la 16 mi lascio distrarre dal mio bocia che mi incita dalla zona di arrivo, e poi sono arrivato.

Il cronometro e gli split sono impietosi (12' dal mio rivale di turno Pin, 5' persi alla 2, 2' alla 4, e vari altri minuti disseminati sul resto del percorso) ma lasciano spazio a qualche speranza (2 migliori tempi e altre 4 lanterne meglio di Roland, che ha pur sempre 15 anni di gare più di me nelle gambe). E continuo a credere che solo un paio di anni fa io da qui non ne sarei proprio uscito.


Il Day 2 si corre invece a Krajna Vas, su una cartina dove un paio di anni fa ci sono effettivamente stato, e da cui ero uscito parecchio demoralizzato.

Parto molto convinto, e con la bussola al dito, ma il primo ostacolo di giornata è rappresentato dall'inserimento della carta, questa volta una A3 cartonata, nelle busta di plastica. Tento l'inserimento trotterellando verso la svedese, ma riesco solo ad inserirne un angolo e produrre un discreto squarcio. Quindi ci riprovo da fermo, con migliori risultati.

Già alla 1 c'è una tratta lunga, e va tutto bene fino quasi in zona punto, dove mi sa che manco il sentierino che volevo prendere, oppure conto male le buche, oppure boh (la ricostruzione in carta è un po' casual). Fatto sta che ci lascio già un paio di minuti. Che sono niente rispetto a quelli che lascio sulla 2, per la quale opto per una scelta coraggiosa e determinata nella selva di muretti e buche. Il piano non sarebbe neanche male (azimut al sentiero, seguirlo fino all'incrocio del muretto, azimut fino al semiaperto e da lì è quasi fatta), ma quando sono convinto di esssere sul sentiero a sud del semiaperto inizia a non tornarmi più niente. Mi fermo, ragiono, studio la carta, la oriento e confronto la gigantesca buca che ho davanti con tutte quelle che trovo in carta, ma non c'è verso. Provo a spostarmi un po' e trovo un sentiero piuttosto grosso, ma in carta non trovo neanche quello. Incontro una torretta, ma in carta non ve n'è traccia. Deduco tristemente di essere uscito di carta, e mi rassegno a buttarmi sulla strada asfaltata, disturbando anche due caprioli. La corsetta lungo l'asfalto mi conferma che ero fuori carta. Credo voglia dire che sono proprio scarso, ma pazienza.

Arrivo facilmente alla 2 (in soli 13' in più rispetto a Roland...) e alla 3 (in soli 3'' in più rispetto a Roland) e ho ancora voglia di provarci, riuscendo a progettare ed eseguire da lì alla 6 tre tratte dal tempo non memorabile, ma comunque dignitoso e se non altro correndo non in balia nè della foga nè della carta.

Per la 7 mi concedo un trattone di strada (gli unici minuti in relax di tutta la gara) per poi affidarmi ad una traccia nel verde 2 e mezzo. La traccia non la trovo e perdo subito il conto delle buche (e sì che non sarebbe poi così difficile!). Quando ad un certo punto capito su un sentiero mi imbatto per culo in una buca tagliata da un muretto e da lì arrivo facile alla lanterna.

Sulla strada per la 8 mi appare in carta una collinetta di ben una curva e mezza, e dopo quella disperazione di buche carsiche una forma del terreno familiare mi sembra un cartello luminoso con freccia. Mi accompagna gentilmente fino alla strada, e a quel punto sono così rilassato che seguo facilmente la giusta successione di buche e muretti che mi porta alla lanterna, e affronto con baldanza i 200 m che mi separano da quella successiva. La mia baldanza vacilla quando dentro la buca rocciosa davanti alla quale arrivo non trovo nulla, ma poi penso che dovrebbe essere proprio quella, e la trovo nascosta sotto la roccia.

Per la 10 basterebbe correre, ma un po' il non trovare il ristoro mi fa venire il dubbio di essere chissà dove (mentre si erano semplicemente dimenticati di metterlo), e un po' i 13' persi alla prima mi fanno perdere in verve agonistica, così non corro quanto potrei e faccio anche una scelta troppo prudente nell'ultima parte (dove sbaglio anche l'azimut...), rimediando altri 3' da R.P. E il discorso si ripete per la 11. Da lì alla fine cerco di correre, scoprendo che le gambe stanno ancora bene e riuscendo anche a fare il miglior tempo nella prestigiosissima penultima lanterna.


Dagli split questa volta non c'è granchè da cui trarre segnali positivi, ma in questi due giorni ho imparato tante cose:
  1. se nel bosco incontro uno che so essere della mia categoria, non lo seguirei per niente al mondo, ma se è uno qualsiasi, ho una patologica tendenza ad andare dove va lui
  2. negli azimut sono certamente migliorato, ma devo fare moltissima attenzione, soprattutto quando sono in discesa
  3. contare le buche non è disdicevole come usare le dita quando si fanno le somme in terza elementare
  4. devo imparare a fare almeno due cose per volta, tipo contare le buche rimanendo in azimut o andare in curva senza dimenticarmi la linea di arresto. Sono un maschio, ma devo farcela comunque...
  5. le gambe non vanno affatto male e per la prima volta nella mia vita mi sembra persino di assomigliare un po' meno al cane di Tarabocchia nello stile di corsa
Chiudo con un pensiero per Roman Volčič, che per 20 anni ha organizzato la Lipica Open e che ha annunciato che questo è stato il suo ultimo anno. Non lo conosco personalmente e per quanto ne so io può essere il peggiore organizzatore del mondo, ma trovo ammirevole e sempre più rara la capacità di affidare nelle mani di altri quella che è stata una "propria" creatura per tanti anni, augurando agli altri uguali e maggiori successi.

9 marzo 2011

Azimut, corridoi e buche

Fra i miei obiettivi 2011 mi pare di avere messo anche quello di imparare ad usare decentemete la tecnica dell'azimut, ma non è che io abbia anche pianificato degli allenamenti ad hoc per riuscirti. E' capitato però a fagiolo un allenamento organizzato dal Trent-o, proprio su questo argomento, sulla carta dell'Argentario, già teatro dei campionati italiani middle 2009 e prossimamente di nuovo in auge con una gara di coppa italia.

Quando Sabrina Rinaldi, sorella di quell'Andrea Rinaldi che colgo l'occasione per annunciare urbi et orbi che ha ricominciato ad allenarsi "seriamente", mi ha consegnato la carta, memore delle mie precedenti esperienze con l'azimut ho pensato che non sarei tornato a casa mai più. Passi per le "finestre", nelle quali alcuni elementi molti riconoscibili mi davano qualche possibilità di capire cosa dovevo andare a cercare, ma per i tondini bianchi la vedevo proprio dura. Anche perchè il terreno dell'Argentario è di suo caratterizzato da una miriade di voragini che impediscono di procedere in linea retta per più di 30 metri, e in più si aggiunge in questa stagione una vegetazione osticissima che rendeva il tutto ancora più improbabile.

Ebbene, ho scoperto che invece con un minimo di attenzione riesco a fare azimut! Ho cominciato dalla 11, per la quale quando ho visto il prato mi sono completamente disinteressato della bussola, e quindi non vale. Ma quanto da lì sono andato alla 10, e ci sono proprio caduto sopra, ho gridato al miracolo. Se non che poi dalla 1 sono riuscito a cadere sulla 9 (passando addirittura dalla 3) e, a parte la 8 che era posata nella buca sbagliata, e la 4 su cui mi sono troppo rilassato, sono riuscito a ripetere il miracolo su tutte le altre lanterne, con menzione d'onore per la 5 che, se avessi corso ad occhi chiusi, mi avrebbe sbatuto sulla fronte.

Enormemente ringalluzzito dal exploit sugli azimut ho espletato quasi come una formalità il successivo allenamento "corridoi", che non rnascondeva in verità particolari tranelli. Dopo il paio di minuti persi alla 1 per l'emozione di avere di nuovo una cartina "vera" in mano, sono andato via liscio su tutte le altre, anche la 5 e la 6 che qualche attenzione in più la richiedevano.

Unica nota stonata, la mia perdurante incapacità quasi totale a stimare le distanze, cosa che sui terreni alpini e quelli molto movimentati in generale, non mi pare comporti grandi rischi, ma su quelli in po' più piatti, sarebbe una tragedia. Per altro non ho in programma trasferte scandinave a breve.

Dato che ho invece in programma una trasferta slovena per il prossimo fine settimana, dove difenderò i colori del Trentino Junior (?) Team alla Lipica Open, ho cercato di prepararmi un po' all'incubo di quelle zone: le buche.

In particolare ho cercato di capire perchè nella realtà mi trovo sempre davanti a buche molto più grandi di quelle che mi aspetterei leggendo la carta. Con metodo scientifico paragonabile almeno a quello utilizzato per il "teorema del mezzo campo da calcio", sono giunto allo schema qui a lato. Quello che il mio occhio vede è il bordo della buca, ovvero dove il terreno smette di essere orizzontale e inizia a scendere, che è il cerchio grande sottile. Quello che è indicato sulla carta è invece "la sezione orizzontale" di dove la buca arriva a quota -5 rispetto alla curva di livello superiore. Che è tanto più piccolo del "bordo della buca", quanto meno sono ripide le pareti della buca stessa. E quindi una buca che in carta è segnata con un diametro di 40 metri, può apparire nella realtà di 70 o più.

E lo stesso ragionamento vale ovviamente pari pari, anzi, capovolto, per i dossi, ed in effetti anche quelli tendono ad apparirmi sempre più cicci di quello che mi sarei aspettato.