30 marzo 2012

Trofeo Oriargentario: vecchi vizi, nuove virtù

La prima buona notizia è che ne sono uscito dignitosamente, e dalla carta dell'Argentario è la prima volta. Considerando da quanti mesi era che non prendevo in mano una carta di una gara in bosco (se non a letto, le carte dell'anno scorso) e quanto è ostica questa carta, è già un ottimo risultato.

La seconda buona notizia è che a forza di far salita in allenamento, le salite in gara le sento molto meno, e quando fra me e il mio obiettivo si frappongono 5-10 curve di livello, non mi pongo proprio il problema, e, come diceva qualcuno di quelli forti "tiro una riga". 

La terza buona notizia è che nonostante credo che la mia velocità media sia aumentata considerevolmente, quando c'era da leggere la carta l'ho fatto, e non ho fatto scelte sconsiderate da eccesso di velocità. Già mi sentivo ripetere, come varie volte in passato, "la potenza è nulla senza il controllo". Sta volta il controllo c'è stato.

Archiviate le buone notizie, arrivano quelle meno buone, che però sono in un certo senso confortanti, dato che potrebbero rappresentare una spece di riassunto delle puntate precedenti, da cui ripartire con l'anno nuovo. Mi sono fatto battere dai soliti, e ho fatto i soliti errori. Ma mi hanno battuto meno del solito, e gli errori sono stati un po' di meno. Ma questo eccesso di ottimismo non è da me.

Iniziando dalla fine, quando ho iniziato ad incontrare un po' di avversari dopo la gara, in un primo momento sembrava che Corradini mi avesse dato 10'. Poi cartina degli split miei e suoi alla mano me ne dava "solo" 6. E alla fine, con gli split corretti, solo 3. Senza virgolette. Dal Rivale il distacco corretto è di 1'30'', un gran lusso, considerando che ho buttato 2' alla 5 e qualcosa di più alla 7.

E veniamo finalmente alla gara. Quando ad organizzare è una società seria come il Trent-o, si può andare sul sicuro, ed infatti l'organizzazione è meticolosa. C'è anche il Pezzè pronto a riportarmi al pronto soccorso come all'ultima gara organizzata da loro, ma stavolta non serve, probabilmente perchè non c'erano recinti. La cartina è nota, il tempo è bello, in lontananza si vedono le cime delle Dolomiti di Brenta, ci sono tanti orientisti che non si vedono da un po', e c'è il pranzo di compleanno della nonna Ciocia che aspetta: non si può chiedere di meglio. Anzi, si può chiedere di non fare una pessima gara, ed è quello che mi chiedo cortesemente prima di partire. Mi dico che correrò "col freno a mano tirato", e già alla prima lanterna mi smentisco facendo il miglior intertempo, ma, come detto, per una volta la velocità non sarà un problema, e potrò permettermi di fare il miglior tempo sulla tratta da 15', 10'' meglio di un certo Corradini (che però al traguardo, dopo aver dato 1' e mezzo a Cipriani, dichiarava "oggi non riuscivo a correre"...). 

La prima lanterna probabilmente è stata posizionata lì pensando che noi vecchietti durante l'inverno ci siamo un po' rincoglioniti, e quindi meglio trattarci da esordienti. Ci manca solo il cartello che indica la cima del cocuzzolo. La seconda richiede un minimo di sforzo in più, anche se per buona parte c'è una linea di conduzione larga 4 metri (e io per risparmiare una curva la abbandono...). Indeciso se entrare nella bozza di sentierino nel verdone e poi in costa, o fare azimut dalla torretta, opto per la seconda, dimostrando che durante l'inverno non ho miracolosamente superato l'idiosincrasia n°1, quella per gli azimut, appunto. Vado giù un po' a caso e ci perdo almeno mezzo minuto. La vedo solo perchè mi guardo molto in giro. Anche la 3 è elementare, ma rallento un po' per preparare la trattona successiva. E quando ne esco ho le idee abbastanza chiare. Riesco persino a superare Marco Ongaro staccandolo in salita, pensare che sicuramente a fine gara mi dirà qualcosa in proposito, e non farmene distrarre. Ma per l'idiosincrasia numero 2 è solo questione di tempo. 

Mi avvio abbastanza baldanzoso lungo la strada, deciso ad abbandonarla solo quando vedrò il terzo prato a destra. Riesco a resistere a quella che anche gli organizzatori sul loro sito battezzano "la tentazione", che è di nuovo la linea elettrica, ma sta volta in salita. C'è parecchia gente che sale di là, ma mi sembra un po' sporca. Il Rivale confermerà che andare da quella era una pessima idea, perdendoci più un minuto e mezzo fra le sterpaglie sul terreno. Quando ritorno sul sentiero dopo il taglio in salita, comincio a pensare di essere partito un po' troppo baldanzoso, ma il prosieguo della gara dirà che non ero solo ancora riscaldato abbastanza. Oggi le gambe non sono proprio un problema. Attraversata la linea elettrica perdo per un attimo il contatto con la carta, attratto da un prato che intravvedo nel bosco molto rado e scoprendo solo qualche secondo dopo che non poteva (ovviamente) essere quello dove volevo andare. Ma capisco subito dove sono e vado dove volevo andare, proseguendo poi lungo la strada, intento soprattutto a non perdere la concentrazione. Il bivio è dopo un vallone talmente evidente da non poterlo mancare, e dopo un transito un po' circospetto sul dosso che mi sembra più grande di quanto è segnato, mi faccio accompagnare dalle buche nel semiaperto e poi al naso.

Sono molto soddisfatto della mia tratta, ma non è il caso di distrarsi adesso che le cose diventano più difficili. Niente sentieri stavolta, ma un movimento del terreno molto evidente in zona punto. Peccato che "zona punto" non voglia dire "nel punto" e che ci sia una persona lì in giro: mettendo insieme idiosincrasia 2 e 3 (distrazione da concorrenti e distrazione da oggetto evidente in prossimità del cerchietto) perdo 2' su una lanterna che appena riacquisto un minimo di lucidità trovo esattamente dove dall'inizio pensavo dovesse essere. Pazienza. Per la 6 c'è un montarozzo da attraversare, e lo faccio con gagliardo entusiasmo, come con gagliardo entusiasmo mi rimetto a salire per andare alla 7. L'idea è arrivare all'edificio all'angolo del prato, e da lì attaccarla. E qui scatta la idiosincrasia 4: quella per le buche. Il tracciatore, al secolo Davide Miori, è talmente clemente da mettere la lanterna in una buca talmente vicina alla casa che il cerchietto la lambisce. Che vuol dire che se dalla casa lancio un sasso nella buca giusta, becco la lanterna. Ora, magari la lanterna era posata nella buca sbagliata come qualcuno dice (l'avrà posata quello col sombrero...), ma io mi metto a girarle talmente a caso, quelle buche, che mi merito sia i 3' persi, sia l'allegro commento di Matteo Sandri, che mi saluta con un "ma quanto hai ravanato su questo punto??". Io diplomaticamente gli rispondo che le buche non sono il mio forte. Fortuna che il tracciatore, veramente troppo buono oggi, ne userà da qui alla fine proprio poche e proprio facili. 

Quella della 8 e della 9 sono molto vicine al sentiero, e quella della 10 sta accanto ad una collinetta (tanto che si poteva tagliare sotto la linea rossa e andare a colpo sicuro verso la collinetta, ma me ne accorgo solo poi). Per la 11 c'è un inconfondibile collinone dove l'unica cosa da fare è correre fino in cima. Mi sembra di farlo discretamente, e infatti lo faccio 10'' meglio del Rivale, ma quello che oggi non riusciva a correre, lo fa 5'' meglio di me. La 12 è il vero test di giornata: si torna nella zona dove mi sono perso tutte le volte che una gara mi ci ha portato. Vederlo al 10.000 invece del 15.000 dell'anno scorso un po' aiuta, e decido di prenderla di petto, contando sul vallone che mi sembra di vedere prima della lanterna. Che effettivamente si trova su una specie di scoglio, che raggiungo giulivo. E lungo lo scoglio, che sarà largo 3-4 metri, corro anche per andare alla 13 senza "perdere quota", prima di saltare un altro montarozzo per finire nella bucona della lanterna (20'' meglio di Cip ma 20'' peggio di Corradini) e di lanciarmi lungo sentiero e naso per trovare al volo la 14 (miglior tempo con 40'' su Cip e Ciop).

La 15 è in una zona di verdini e buche, e mi spaventa più del dovuto. C'è un avallamento molto visibile che porta alla roccia che mi serve, ma rallento molto perchè il bivio che devo superare prima, è più avanti di quello che mi aspettavo, buttando mezzo minuto. Alla 16 e allo sprint sono il più veloce, ma non è più molto utile.

Se mi si può permettere un cauto ottimismo, di questo passo un giorno o l'altro Paperino prenderà gli scoiattoli. E potrebbe succedere in questo decennio.




27 marzo 2012

AcCIPicchia!

Tanti anni fa, quando correvo in MB e prima ancora in MC, avevo un rivale, che si chiamava (e tuttora si chiama) Daniele Martignago. Alle volte ero io a battere lui, alle volte era lui a battere me, spesso erano vari altri a battere tutti e due, ma era a lui che pensavo quando arrancavo su per una salitella, nel mio singolo allenamento a settimana. Poi io sono stato morso dalla tarantola dell'agonismo, e ho iniziato ad allenarmi più spesso e a salire di categoria, lui è rimasto tranquillo in MB (e magari si diverte di più di me...) e io mi sono trovato nuovi avversari. Veri, perchè alle volte riuscivo anche a batterli, o teorici, perchè erano del tutto fuori dalla mia portata, ma avere un avversario per me ha sempre aggiunto un ulteriore pizzico di gusto a quel grande gioco che è l'orienteering, tanto che proprio sul culto del Nemico ho iniziato a scrivere questo blog, celebrando la mia epica sfida (persa) contro Visioli al MOV del 2009.

Da un po' di tempo in qua non occorrono neanche più grossi sforzi di fantasia, perchè il Rivale, l'Avversario, il Nemico, me lo ritrovo anche alle gare dell'oratorio. Ed è bellissimo, perchè se c'è lui anche le gare dell'oratorio diventano un campionato mondiale. Ed è bruttissimo, perchè mi batte sempre. O quasi.

Lui, il Rivale, l'Avversario, il Nemico, è il Cip, al secolo Andrea Cipriani. E solo REM con il suo software che non mi vuole mollare, sa quante volte mi ha già battuto. E lo ha fatto anche sabato. Ma se un mese fa a Villa Agnedo non mi avrebbe battuto "se io non avessi fatto PM", sta volta non mi avrebbe battuto "a parità di interpretazione del regolamento".

Al via della seconda prova del trofeo CSI del Trentino 2012, non siamo in tantissimi, 13 in M35, la maggior parte dei quali non proprio degli habituè dell'orientamento. Ma c'è Il Rivale, e c'è Segatta, ed è la prima gara ufficiale dell'anno, quindi le motivazioni non mancano.

Scurelle non è una metropoli, ma Matteo Sandri riesce a tirarne fuori una gara interessante, con qualche scampagnata e un paio di tratte un po' lunghe, ma che nella parte centrale costringe ad una attenzione perpetua. Io ci metto un po' a trovare il triangolo, commetto una sbavatura sulla 3 e un orrore sulla 4, mi accorgo appena in tempo che dalla 6 devo andare alla 7 e non alla 1 ma non vedo per un attimo il vicolo che mi ci deve portare, mi fermo un attimo a riguardare indeciso la carta prima della 10, sbaglio giro per la 11 e scelta per la 17, e mi attengo scrupolosamente al divieto di attraversamento segnato in carta a mano all'ultimo minuto da Matteo per dei lavori in corso iniziati la mattina, per la 20. Lui, il Rivale, fa quasi tutto uguale, ma si attiene meno scrupolosamente, guadagnando 38'' dalla 19 alla 20 e finendo col battermi per 37''. Dato che il direttore di gara è stato molto comprensivo con i vari che hanno fatto altrettanto, ha avuto ragione lui. Ma verrà un giorno.
 
Dalla mia gara traggo un paio di utili insegnamenti, sulla opportunità di fare molta attenzione alle tratte apparentemente banali in campagna, e su quelle in cui il tracciatore sembra volerti fare andare e tornare dalla stessa strada: dalla 16 alla 17 la scelta bassa, split alla mano, era decisamente più veloce. 
 

20 marzo 2012

Si ricomincia: yuhu!!!

La settimana scorsa ero in gita scolastica a Lisbona con 25 giovincelli di 19 anni e dintorni. All'alba dei meno due ai quaranta, quando alle 1.30 mi dicevano che volevano andare in discoteca, quando seduti in un bar dove le casse mandavano Prince mi chiedevano "quando mettono comincia la musica?", quando discutevano di musica goa, quando non rimanevano incantati davanti alla Torre di Belem o alla scogliera a picco sull'oceano, mi sentivo davvero di un altro pianeta, come fossimo animali di specie diverse

Poi mi è capitato di leggere il post della settimana scorsa di Oribea, quello che comincia con "Tornata da Lipica! La sensazione che ho provato a gareggiare di nuovo è stata bellissima!!L’atmosfera alla zona di arrivo, l’ansia pre – gara, il conto alla rovescia in partenza… tutti piccoli elementi che insieme rendono le gare importanti così emozionanti." E ho scoperto che un diciottenne si nasconde ancora da qualche parte anche dentro di me, e non vede l'ora di tornare a correre nei boschi.

Certo, lei può permettersi anche un "il fatto di aver ricominciato la stagione con delle gare internazionali, correndo con la tuta della nazionale mi rende immensamente felice", cosa per cui io avrei impegnato tranquillamente tutti i sabati sera dai 15 ai 25 anni (e questo, capisco, era un problema mio...), ma io credo che riuscirò ad essere parecchio felice anche accontentandomi degli sfottò a distanza di Madella. E poi c'è il Cip che sabato scorso ha approfittato della mia assenza per vincere con 3 minuti di vantaggio la prima prova del circuito CSI in M35, e poi c'è Rigoni che in MA ha dato solo 30'' a Fabietto Daves che vuol dire che o al secondo è apparsa la Madonna degli Orientisti o il primo non è proprio al top della condizione, e poi c'è Simone Grassi che è stato campione italiano middle nel '99 e che ha vinto la prima di coppa Italia M35 dell'anno scorso e domenica sarà mio avversario sull'Argentario. E poi ci sono un sacco di lanterne in tanti boschi che sono lì che ci aspettano (Sì, aspettano anche te, Stegal, ma non farle aspettare troppo).

Il Bardo, reduce dalle otto ore e mezza di corsa dell'Ultrabericus, mi chiede se sono sempre lì a mettermi pressione, e la risposta è naturalmente sì. E sono prontissimo a uscire esaltato o depressissimo dal prossimo w.e. nel quale la seconda gara del circuito CSI a Scurelle e il sesto Trofeo Argentario faranno da antipasto al pranzo del 96° compleano (!) della nonna di mia moglie. Ho le gambe per vincere la prima con un minuto sul Cip, e la testa per perdere la seconda con 20' dal primo. Ma sono possibili varissime altre combinazioni. E ce ne sarebbe una che mi piacerebbe più delle altre, se non altro per festeggiare degnamente la nonna Ciocia...

10 marzo 2012

Allenamenti, pensieri sparsi

Mentre nel resto dell'italico orimondo l'attività agonistica ferve già da settimane, qui al nord, nonostante per trovare la neve si debba ormai andare più in alto della casa di Heidi, e le primule siano già quasi sfiorite nei boschi, tocca ancora ammazzarsi di malinconici allenamenti invernali, con l'unico contentino del "sì ma poi vedrai che forte che sarò" (E io fra l'altro non sarò neanche tanto forte, dato che ho ulteriormente ridotto (da 1, a 0) gli allenamenti tecnici in tutto l'inverno).

A ormai tre mesi e mezzo dall'ultima gara seria (non contando la notturna di Venezia che è la notturna di venezia) e ben cinque (5!) dall'ultima gara in bosco, più che in crisi di astinenza sono ormai in quella nebbia in cui puoi essere praticamente certo di vincere i prossimi campionati italiani su tutte le distanze, e ritrovarti a perderti in una promozionale (o fare PM a Villa Agnedo).

Allenamenti, si diceva, e pensieri sparsi.

Il primo è quello sul mio "nuovo piano allenamenti", e sulle sue conseguenze. L'anno scorso a fine anno avevo meditato sul fatto, che solo dopo l'estate avevo iniziato a sentire le gambe che andavano davvero, e avevo pensato che forse questo si doveva al fatto, che in estate avevo iniziato a fare tanta salita. Così quest'anno ho iniziato subito a fare tanta salita. Tre allenamenti a settimana, di cui uno di fartlek, uno di menate varie fra progressioni, allunghi in salita, andature, scale, e altre amenità, e uno dedicato al lungo lento montagnoso, inerpicandomi sui pendii che abbondano da queste parti. Ho così scoperto che quello che avevo scelto per "strategia", mi ha reso la vita parecchio più piacevole. Perchè un conto è correre al buio in ciclabile lungo l'Adige consolandosi con il lettore mp3 della insostenibile rottura di palle del tutto, e un altro è correre su un sentiero in mezzo al bosco con 20 cm di neve fresca sotto i piedi e il sole che filtra fra i pini facendo scintillare quella che scivola dai rami. Poi non sempre va così di culo, ma comunque non c'è proprio confronto.

Poi capita che ti fai prendere la mano, come tre giorni fa, e in nome della neve fresca sotto i piedi decidi che è una buona idea farti a metà marzo un giro da 3h 20' con 1250 metri di dislivello, salvo capire quando è ormai troppo tardi che forse proprio buona non era. E meno male che almeno mi ero riempito lo Zainetto da Esaltati di riserve alimentari, evitando di ridurmi come la settimana prima, quando un'analoga idea geniale mi aveva spinto ad una uscita di quasi 3 ore dopo un pranzo men che frugale, spingendomi a cibarmi di 3 spicchi di mandarino secchi che ho incontrato lungo il sentiero, per scongiurare il totale esaurimento delle energie. Peccato solo che questa volta la cioccolata che ho addentato superando gli ultimi dei 1250 metri di dislivello, le papille gustative ormai interrotte e lo scioglimento dato dal contatto prolungato della stessa con la mia schiena, l'abbiano fatta assomigliare ad una tavoletta di caucciù.

Mentre tentavo di dare un'andatura dignitosa agli ultimi 10' in piano che mi separavano dalla accogliente sella della mia bici, pensavo nell'ordine al fatto che quella roba lì era più o meno la metà della Maddalene Sky Marathon (e va bene che mancano vari mesi, va bene che mancava l'adrenalina della gara, va bene che lì il panorama è ancora più bello, però minchia!) e alle condizioni in cui sarà Dario Stefani negli ultimi 10' in piano della sua Ultrabericus fra una settimana. Auguri!