20 aprile 2022

Monte Baldo, e basta

L'Associazione Italiana Ortopedici e Fisioterapisti mi ha garantito che la cura migliore per una caviglia ancora un po' in disordine è una giornata di corsa in montagna, meglio se con lunghi tratti su neve molliccia e foglie secche. Così dopo aver sofferto ancora più del solito la sveglia alle 4.45, con treno + bus atterro a Caprino Veronese alle 7.30 con l'intenzione di tornare a Trento via Baldo - Stivo e Bondone.

I miei diari di allenamento narrano che nel 2015 ho percorso il tratto da Caprino a Nago in 8 ore, quindi, 7 anni ma moltissimi allenamenti più tardi, sono convinto di coprire quel tratto in 7 ore e poi di riuscire a portare a termine la traversata in altre 5-6 al massimo. Prima di notte sarò a casa.

Parto maluccio perdendomi a Caprino Veronese, per aver voluto dare ascolto ad un locale che mi ha indicato la strada sbagliata, e aggiungo ai 15' persi altri 15' di caffè - brioches e gazzetta al bar per consolarmi. E poi su. La giornata è splendida, la gamba c'è, il sentiero non è bellissimo all'inizio, ma quando si arriva sui prati, è tutto bellissimo, compresi i numerosi camosci che sembrano piuttosto antropizzati.

Dopo 3 ore e mezza dalla partenza (pausa bar esclusa...) ho fatto 15 km e 2000 metri e rotti di dislivello: vuoi che in altre 3 e mezza, facciamo 4 per sicurezza, non riesca a farne altri 25 con poco più di 1000 m+ e un sacco di discesa? No. 

Prima incontro vari tratti di neve che mi invitano alla prudenza, poi a quelli si aggiunge un terreno infame costellato di rocce e sassi, che costringerebbe a ritmi bradipeschi anche caviglie più in forma della mia. Morale della favola, nelle successive tre ore e mezza di km ne faccio 13 con meno di 600 metri di dislivello.

Il posto continua ad essere splendido, con il Garda, l'Adamello ecc. ecc., ma inizio a pensare che la mia Maestosa Traversata se ne vada su per il camino. Dubbio che si consolida dopo la pausa coca al bar di Bocca di Navene, e la risalita, neanche troppo pigra, al Monte Altissimo, in cima al quale non si capisce se il cielo ha intenzione di rovesciarmi in testa tutti i suoi catini, o di tornare sereno. 

E poi il dubbio diventa certezza nella discesa verso Nago, da dove in teoria avrei dovuto risalire verso lo Stivo, ma 2000 metri di discesa, un'ora ormai un po' tarda e le gambe che si stanno inesorabilmente imballando, mi inducono a più miti consigli. Scendo fino a Torbole dove ingaggio una furiosa gara contro il tempo per raggiungere Riva del Garda e pigliare l'ultima corriera decente per tornare a Trento, scoprendo, dopo 3 km ad un ritmo che per le mie gambe è un 2'/km (per il gps un po' di più...), che mentre io correvo verso la corriera, lei correva verso di me, e sarebbe bastato che io la aspettassi seduto su una panchina a Torbole, con un gelato in mano.

Alla fine i numeri dicono 47 km e mezzo, 11 ore e 3.200 metri di dislivello: o nel 2015 ero un missile, o ho barato nel riportare i numeri sul diario, perché la neve in più mi sembra non basti a giustificare tutta questa differenza.

Con il senno di poi, o di prima, pensando alla prossima volta, per fare il percorso ipotizzato varrebbe la pena di scegliersi una bella notte estiva di luna piena e partire da Caprino sul far delle tenebre, con alba sull'Altissimo, colazione sullo Stivo e comodo arrivo a Trento in mattinata. Non è detto che non ci provi già quest'anno.

6 aprile 2022

Paura (Corno della & Storta da)

Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video di quelli di Sterrato che presentavano la loro uscita al (da me sconosciuto) Corno della Paura, montarozzo assai interessante sopra Avio. Loro poi erano tornati giù da una strada poco diversa, a me era punta vaghezza di salire da lì, proseguire verso l'Altissimo e scendere poi a Rovereto, da cui avrei ripreso il treno per Trento.

Mi ero guardato un po' di cartine e mi ero un po' preparato lo zainetto, ma venerdì sera il tempo era uno schifo e io ero stracotto, e l'idea di svegliarmi alle 5 per prendere il treno per Avio mi faceva nausea. Il tempo per sabato poi era previsto boh-tendente-al-brutto, così non ho messo la sveglia, e andasse come andasse.

Solo che quando qualcuno dentro di me si mette in testa di farsi un giretto sui monti, non ce n'è per nessuno, così alle 5.05 di sabato mattina i miei occhi si aprono con l'evidente intenzione di non richiudersi più, e a quel punto finisco di preparare lo zainetto, faccio colazione, e parto.

Come al solito, superato lo scoglio più duro del primo passo giù dal letto, l'uscita è una figata, con tempo che varia dal nuvoloso, allo sprazzo di sole, alla nevicata, e posti favolosi, con anche camosci e caprioli a farmi compagnia. La salita è fisicamente stimolante, il panorama gratificante, da un certo punto in poi la neve caduta la notte prima è aggrappata agli alberi e poi fa un bel tappetino da 10-15 cm di spessore che ammorbidisce il passo. Insomma, non si può chiedere di meglio.

Arrivato al Corno della Paura (purtroppo non ho trovato da nessuna parte la spiegazione del toponimo), ancora qualche piacevole saliscendi nevoso fino a San Valentino, e poi giù un po' a caso prima a Brentonico e poi a Mori, da dove inizio uno sprint di 9 km per pigliare il treno. Velocità percepita 3 min/km, velocità reale 5 min/km e più, dovuta anche al fatto che le mie fantastiche calze impermeabili mantengono sì il piede asciutto anche dopo 5 ore a mollo nella neve, ma loro si impregnano d'acqua, e la somma di scarpa bagnata + calzino bagnato faceva un effetto "incudine al posto del piede" non male. Comunque missione compiuta, sono addirittura arrivato in stazione con 7' di anticipo sul treno. Qui la traccia Strava, se a qualcuno interessasse.

 

E fu sera e fu mattino, secondo giorno del mio w.e. super sportivo, con il Campionato Veneto Long di orienteering in quel di S.Caterina di Tretto, provincia di Vicenza. Io non sono veneto, ma in Trentino le gare scarseggiano assai, e poi in M35 c'è Roland Pin, quindi c'è da battagliare.

La gara rischio di saltarla, perché il mio autista, A.S., è stato pagato dai miei avversari per non farmela correre, e zitto zitto sta portando me, mia moglie e una sua compagna di squadra, in tutt'altro posto. Ma io, furbo come una faina, quando terminata la Val d'Astico viaggiamo a grande velocità verso sud-est e davanti a noi si spalanca la pianura padana in tutta la sua piattitudine, mi permetto di osservare che mi pareva che la cartina di gara fosse piuttosto montuosa, e che quindi c'è qualcosa che non va. A.S. non può ammettere di essersi venduto, ma non può neanche negare l'evidenza, così incolpa il navigatore di aver preso "S.Caterina di Vicenza", invece di "S.Caterina di Tretto", e con una inversione a U poco fuori dall'autostrada, ci porta a destinazione con soli 20 minuti di ritardo (il fatto che il mio google maps non nomini nessuna altra S.Caterina in provincia di Vicenza, depone ovviamente a favore della mia tesi del complotto).

In ogni caso forse era meglio se mi dividevo con lui i 30 denari investendoli in qualche trattoria del Basso Vicentino, dato che dopo una decina di minuti di gara, mentre scendo in diagonale in un bosco innocente su una pendenza innocente, il mio piede viene inghiottito da una tagliola, o almeno questa è la sensazione che provo io. Lui, il piede, in realtà si è solo ruotato di qualche centinaio di gradi verso l'esterno, e se non fosse che dopo mille mila km su e giù per i sentieri più scoscesi delle Alpi le mie caviglie sono diventate propriocettivissime, probabilmente sarei franato a valle con i legamenti a brandelli. Invece la mia caviglia sinistra torna prontamente in asse, limitandosi a lanciarmi delle notevoli fitte di dolore.

Da che mondo è mondo, il modo migliore per guarire è correrci su, così finisco lagara correndoci sopra per un'altra oretta, alternando qualche tratta più che dignitosa tipo 7-10-11-12, con qualche pessima scelta (dovuta certamente al dolore che mi annebbiava il cervello) tipo 13 e 23, con molte su cui mi trascino zoppicando, con nota speciale di (de)merito per lo sprint finale, che completo in circa il doppio del tempo di tutti gli altri concorrenti. A fine gara la caviglia è un po' gonfietta e io mi sento un po' pirletto, ma pazienza.

Peccato, perché nonostante la perplessità di qualche vecchio parruccone, la carta non era affatto male, i verdi non erano poi così verdi, le zone sassose erano interessanti, ed ero anche partito benino.