24 agosto 2025

Correre come matti in discesa

Antefatto lontano

A metà settembre torno in Val d'Aosta a correre di nuovo il Tor de Geants, non so bene neanche io perché. Il 22 agosto, 3 settimane prima, si corre in Francia una gara di 152 km con 11.200 metri di dislivello che tutti dicono che è durissima e tecnicissima, che avevo già deciso di fare prima che mi arrivasse la conferma per il Tor. 3 settimane fra una e l'altra sono quasi poche, ma se la prendo con calma può essere un buon lunghissimissimo di preparazione. Vado.

Antefatto vicino

Col cavolo che la prendo piano, sto bene, le gambe vanno che sono un piacere, sto attento a non andare fuori giri ma decisamente non vado piano. Però mi alimento bene e pare che effettivamente con il passare dei km le condizioni non peggiorino, continuo ad andare bene e supero indenne anche la notte, nonostante mi cada fuori dallo zaino (senza che me ne accorga) la frontale seria, e proceda per un bel po' in salita con la frontale poco seria e le pile praticamente scariche: non ho il coraggio di cambiarle perché non so quanto durino le altre che ho (e in discesa mi serve assolutamente luce) quindi in pratica vado a sentimento.

Antefatto più vicino

Mi rassegno a cambiare le pile, finisco la salita più bastarda, sopravvivo alla discesa suicida successiva, e all'inizio della salita dopo, che, come un po' tutte qui, parte con pendenze crudeli. Finisce la notte, arrivo alla seconda base vita, perdo poco tempo, riparto ancora arzillo, salgo e poi scendo e poi ricomincio a salire, e lì per qualche "ragione" smetto di amministrare e mi metto a tirare, ad una quarantina di km dall'arrivo . Ho letto malissimo l'altimetria e arrivo in un bellissimo ristoro in mezzo ai prati, convinto di essere in cima alla salita. Ma non è vero, non sono neanche a metà.

Antefatto vicinissimo

L'ultima parte della salita la soffro tantissimo, non sono veramente in crisi, ma mi sento un pirla e sono stanco, tanto in cima mi siedo per un po' sul prato. Riparto cercando di resettare almeno il cervello, dato che le gambe non c'è modo di resettarle.  C'è ancora una discesa lunghetta, due gobbe del cammello, un'altra discesa discreta e un panettoncino. Con la testa ci sono di nuovo, le gambe un po' ritornano, scendendo dalla seconda del cammello mi supera una donna veloce, mi faccio prendere dall'entusiasmo e mi butto giù verso l'ultimo ristoro, prima del panettoncino, ad una velocità assolutamente insensata vista la situazione.

Antefatto contiguo

Dopo il ristoro c'è un lungo falsopiano in cui mi prendo la briga di guardare bene l'altimetria, scopro che mancano ancora venti (20!) km alla fine, ho le cosce di marmo, mi superano un po' di pettorali rossi come il mio (ci sono anche quelli verdi e quelli viola e quelli gialli di altre distanze) e non riesco ad opporre nessuna resistenza. C'è una sola cosa che mi può salvare: una fontana. LA desidero così intensamente che pochi metri prima dell'inizio del panettoncino la trovo! Mi ci immergo fino all'ombelico per qualche minuto e quando esco sono rinato. Inizio la salita, eccezionalmente poco pendente, spingendo più di quanto abbia fatto in tutta la gara, prendo un pettorale rosso, la salita si impenna, spingo come un forsennato per staccare lui e prendere quello che si è involato poco prima. Spingo spingo spingo, arrivo in cima senza mai raggiungere l'altro, con le cosce iniettate di cemento. In cima mi raggiunge il pettorale rosso che avevo superato, ma non è messo meglio di me, c'è un po' di pianura e un cartello che dice che all'arrivo mancano 10 km, ci deprimiamo insieme e procediamo 1 m/h più del limite che separa la corsa dalla camminata. Dopo un paio di km di piano pare inizi la discesa, ma prima ci regala 100 metri di salita al 50% circa. Arranco miseramente, l'altro mi abbandona. Poi inizia la discesa.

Fatto

Mentre scendo come uno che la le cosce iniettate di cemento, mi superano tre e li lascio passare. Mi accorgo che uno ha un pettorale rosso e allora, dato che non hanno una andatura irresistibile, li ri-supero. Lui vede il mio pettorale rosso, e scatta ri-superandomi. Io mi getto al suo inseguimento e ci mettiamo a correre in discesa (sterrata e ripidina) come due dodicenni che giocano a prendi e scappa. Memore dello sprint di Cortina, contro il tizio che era partito mezz'ora dopo di me, mentre ci inseguiamo garruli gli chiedo quando è partito e mi dice con la prima partenza: io sono partito mezz'ora dopo. Lui lo sa, ma mi dice qualcosa che io (al netto del francese e di una notte e mezza senza dormire) capisco come "ma è troppo bello correre come matti in discesa". E allora andiamo. Mancano almeno 5 km in cui per un po' proseguiamo insieme superando un po' di gente dai pettorali di tutti i colori, poi proseguo da solo perché sullo sterrato ripido lui è agilissimo ma su asfalto e forestali non mi sta dietro, e io continuo a correre come un deficiente, giocandomi ogni residua fibra integra dei quadricipiti, giocandomi per l'ennesima volta gli alluci, superando a velocità doppia quello che mi aveva abbandonato all'inizio della discesa e anche quello che non ero riuscito a raggiungere in salita e anche qualche altro. Corro corro e corro, perché non ha nessun senso, ma almeno arrivo prima alla fine ed è troppo bello correre come matti in discesa. Provo un ultimo allungo a 500 metri dall'arrivo, ma non c'è nessun pettorale rosso a darmi l'ultimo briciolo di adrenalina e la benzina (e le gambe) le ho finite da un po'. 

Chiudo 80°, in 37h26'23''.


 

20 agosto 2025

Trentino mon amour

Questa estate ho avuto la fortuna di correre varie bellissime gare in montagna, meraviglie come la Cervino Matterhorn Ultra Race che gira tutto intorno alla Grande Becca e ti porta su due ghiacciai, o l'Eiger Ultra Trail che ti fa correre con la più famosa parete nord d'Europa davanti al naso, o una grande classica come la Trans d'Havet. che insomma la strada delle 52 gallerie sputaci sopra.

Bellissime, però.

Però a giugno ero in Val di Breguzzo e sono capitato sulla metà orientale del sentiero Orizzonti Liberi, quello che "percorre il tratto del fronte austroungarico risalente alla Prima Guerra Mondiale, che si snodava dallo sbarramento dei forti di Lardaro in Valle del Chiese fino al crinale sud del Monte Caré Alto in zona Adamello", percorrendolo dalle Porte di Danerba fino alle Porte di Trivena (e anche arrivando alle prime porte dal Rifugio Trivena e tornando al rifugio dalle seconde Porte). Una giornata quasi a passo d'uomo, perché la salita era troppo in salita, la pianura era su pietraie infingarde e la discesa troppo in discesa, ma vogliamo parlare della zona intorno al Cop di Breguzzo (ho provato a salirci, ma troppa paura) o alla vista sulla Val di Fumo & Adamello dietro? Stra-bello.

Però inizio agosto è capitato di andare a trovare un amico che sta facendo la stagione al Tuckett, in mezzo alle Dolomiti di Brenta, e allora già che ci sei non puoi mica non farti un giretto come si deve, partendo da San Lorenzo in Banale, passando per il Rifugio Cacciatori, la Forcolotta di Noghera, il Rifugio Pedrotti, la Bocca di Brenta, il Rifugio Brentei, il Rifugio Tuckett, la Bocca di Tuckett e giù verso Molveno. E non so se è perché il Brenta io ce l'ho avuto davanti alla finestra della cucina per tutte le vacanze estive di tutta la mia infanzia, ma a me quei posti lì mi entusiasmano, e mi sembra di essere a casa. C'era anche un botto di gente, ma io correvo, e loro no 😎 (tranne due, trail runners anche loro, ma venivano nella direzione opposta e non abbiamo dovuto stabilire chi era il più forte). Mega-bello.

Però una settimana dopo ho pensato che era arrivato il momento di riprovare un giretto che avevo fallito due anni fa perché mi ero inciampato come un pirla sul pezzo più facile del sentiero, e di ripartire dal Passo Carezza (o Costalunga, vedete voi), attraversare in qualche modo il Catinaccio (niente ferrata questa volta, troppa gente, meglio due passi faticosetti), passare il Rifugio Vajolet, arrivare quasi al Rifugio Principe, girare verso il Passo di Antermoia, salire già che c'ero sulla cimetta là sopra, fare due bagni nel lago di Antermoia, scendere e risalire nella/dalla Val Duron, fare una minisosta al Rifugio Sasso Piatto, salire spedito sul Sasso Piatto, smascellarmi per la bellezza del posto, farmela un po' sotto scendendo la non difficilissima ferrata Schuster, ostiare contro il cielo perché pensavo di essere quasi alla Forcella Sassolungo e invece dovevo scendere una pietraia e salirne un'altra, correre come un matto fino al Passo Sella per non prendere l'ultima corriera per Trento, ma farsi raccattare da tre coreani in gita che mi hanno portato a Bz. Iper-bello.

E tutto ciò, a portata di mezzo pubblico dalla mia porta di casa.