8 dicembre 2025

Oricup Inverno Torcegno

Qualche anno fa una garetta del genere sarebbe stata a punzonatura manuale, con cronometraggio fai da te e pezzi di fettucce attaccate ai rami. Invece la prima tappa della Oricup Inverno 2025-2026 ha la punzonatura elettronica con sistema air, lo scontrino con gli split a fine gara, e le lanterne vere posate. Insomma, una sciccheria che ti fa sentire in Coppa Italia, anche se è dicembre e sei in un paesetto della Valsugana con meno di un centinaio di colleghi e colleghe.

Sul rosso non ci sono i colleghi più forti, che giocano a memory sul nero, né il Cip, che le lanterne le ha posate, così la singolar tenzone si riduce a Pedrotti Vs Segatta, come altre volte in passato.

Dai blocchi esce più veloce Seg (o forse non era una buona idea prendere la prima stradina per entrare fra le case, che era qualche metro più corta ma molto più lenta), ma già alla 2 la classifica si inverte, e poi di nuovo alla 3 (Ped non si capacita che non ci sia il recinto, Seg probabilmente la prende più con filosofia) e poi di nuovo alla 4 e poi di nuovo alle 5. 

I 2'' di vantaggio con cui Seg esce dalla 5 diventano 11 in uscita dalla 6 e 20 in uscita dalla 7, perché evidentemente Seg in salita ne ha di più, calano a 18 in uscita dalla 8 e poi c'è il nuovo ribaltone, perché Ped per arrivare alla 9 taglia giù dal bosco di castagni veloce come una freccia, e Seg boh, ma ci mette 30'' di più.

Il 6° ricambio al vertice sarà quello definitivo, perché da lì alla fine gli scontri diretti sulle singole lanterne finiranno 5 a 3 per Seg, ma questo gli permetterà solo di accorciare il distacco finale (aiutato anche dal fatto che era un po' freddino, Ped si è riscaldato un po' pochino, è partito un po' troppo fortino, e quindi si è procurato una contratturina ad un polpaccio, che l'ha costretto a rallentare un po' dalla 12 all'arrivo).

Insomma, finisce con Pedrotti primo, Segatta secondo a 7'', e Degrassi terzo a 1'2''.

Ah, dimenticavo, il Segatta in questione non è Andrea, mio quasi coetaneo, ma suo figlio Simone, classe 2008, ovvero 34 anni più giovane di me 😁

(peraltro, utilissimo essere in straforma a inizio dicembre...) 


  

4 dicembre 2025

Io in Puglia by UTMB

In Puglia temo proprio che non ci siano montagne e 144 km senza montagne sono lunghi. Però la partenza è da Matera, si passa per vari di quei borghi bianchi che spuntano sui cocuzzoli, ci sono ste "gravine" che si spacciano per i canyon carsici più grandi d'Europa. E poi sta finendo la stagione e io non sono pronto per finire, quindi ok, cerco di recuperare in 2 settimane anni mancati di lunghissime corse in piano e ci vado.

Capitolo 1 - il viaggio

Aereo giammai, che inquina un sacco, anzi, secondo gli ultimi studi, di più. Mi gioco la carta "bus" per guadagnare un giorno viaggiando di notte, se riesco a dormire, e vinco l'esperienza particolare di viaggiare con Marinobus, una specie di fliscbus del sud: al cambio a Bologna c'è una flotta di mezzi che partono per tutte le città del meridione con più di 14 abitanti, la maggior parte non le ho neanche mai sentite nominare. Sulla Bologna - Taranto riesco effettivamente quasi a dormire, e poi solo un po' di terrore per la velocità smodata a cui il bus viaggia nei banchi di nebbia in Puglia, e di stupore per la sosta ufficiale in un baretto che probabilmente è dello zio dell'autista.

Capitolo 2 - Taranto

Già che sono lì faccio un po' il turista, vedendo la famosa Ilva da fuori e scoprendo che è GIGANTESCA, e visitando il centro storico che è molto carino e pulitissimo, anche se un po' diversamente suggestivo. Ci sono posti che fanno fritture fantastiche, ma prima delle 12.30 non se ne parla e io alle 12 devo prendere un bus, quindi devo accontentarmi di un panino mortadella & pecorino che mi fanno, a prezzo ridicolo, in una bottega del centro storico. Poi è l'ora di salvare due giovani britannici, anche loro da quelle parti per la gara, che non hanno abbastanza cash per pagare la corriera.

Capitolo 3 - Castellaneta Marina 

Mi pare una specie di Rimini sullo Ionio, con la differenza che lo Ionio non è l'Adriatico romagnolo, e che qui le case sono letteralmente in mezzo ad un bosco di pini marittimi o qualcosa del genere. Dalla fermata della corriera al Village dove ritirare i pettorali ci sono un certo imprecisato numero di km che percorro con i britannici cercando di capire cosa mi dicono e di rispondere in modo credibile. Nel pacco gara c'è un sacchetto di mandarini che immagino a km 0, e una birra tedesca di cui non capisco bene il senso. Un breve sopralluogo sulla spiaggia mi permette di vedere i famigerati 4 km finali sulla sabbia: a vedere le vele della gara che si perdono laggiù, sembrano lunghissimi. Poi mi reco nell'albergo dove sono accolto in quanto giornalista, fallisco il tentativo di solido sonnellino pomeridiano, vado a fare il bagno al mare che lo Ionio mi manca alla collezione 2025, e poi è praticamente ora di partire per la partenza.

Capitolo 4 - Matera

Percorro il tragitto da CM da Matera a bordo di una vettura il cui equipaggio è composto dalla capa ufficio stampa della gara, da un giornalista della Gazzetta dello Sport, e dal boss di una azienda partner del circuito UTMB che produce un detergente solido con cui i concorrenti dovrebbero pulirsi le mani prima di ficcarle nei vassoi dei ristori. Lui è olandese, ma ha corso recentemente una gara in Svezia, e siccome gli piace guidare, è venuto da lì in auto: secondo gugle sono 2.431 km.  Per arrivare a Matera fortunatamente sono molto meno. Il nostro drappello si dirige a piedi all'apericena della crew ristretta, e io mi ritrovo in un ristorante strafigo con una fantastica terrazza affacciata sui Sassi, al tavolo a fianco di quello di Catherine Poletti, l'inventrice dell'UTMB. Ciliegina sulla torta, uno di quelli che dovevano venire non è venuto, ma sul tavolo c'era già il suo piatto e dopo un po' il cuoco gliene manda fuori un altro perché quello sarà freddo. Io sono lì a fianco, sono l'unico che poi correrà, quindi di gran lunga il più bisognoso, e buttare il cibo è un peccato. Leggermente satollo mi avvio in partenza, attraversando di nuovo Matera, che, come cantano Annalisa e Marco Mengoni di Piazza San Marco, è bella da far schifo. 

Capitolo 5 - La partenza

Pare che gli organizzatori pregassero che la pioggia prevista arrivasse dopo le 22, ma non avevano abbastanza Fede o il Grande Responsabile Meteo non ascoltava, perché piove dalle 20 o giù di lì. Il che vuol dire che la partenza in uno dei luoghi urbanizzati più suggestivi del pianeta, si trasforma in una sessione di corsa saponata in pendenza, con numerose vittime. Io parto esasperantemente piano, faccio somma attenzione alle scale e ai pendii, mi fermo anche per togliere qualche strato, insomma, quando mi volto per salutare l'ultimo scorcio sul bianco luccicante di Matera, sono ennesimo e bagnato, ma felice e incolume.

Capitolo 6 - I primi n km 

È buio, pioviggina, c'è foschia, non si vede il cielo, siamo in mezzo al nulla, non sono particolarmente tonico, non mi superano ma raggiungo altri con il contagocce, insomma bene, ma non benissimo. Quando finiamo in una gravina con un paese aggrappato sopra è uno spettacolo, ma dura poco. Fortuna che c'è la palta, in grande quantità, che non è sempre divertente, ma assorbe tutte le energie mentali (e parecchie di quelle fisiche) e distrae parecchio. Top of The Palt a Montescaglioso, che prima appare nelle foschie e sembra un altissimo Monte Olimpo, poi si capisce che non è così alto, ma che si è trasformato in Montefangoso e salirci non è banale. Come tradizione comanda, il punto peggiore viene 200 metri dopo che un volontario annuncia che la creta è finita: una rampa di 5 metri che è diventato uno scivolo impraticabile. Io lo aggiro salendo di ginocchia nella steppa sulla destra, non prima di aver falciato un altro concorrente mentre tentavo inutilmente di salire per la via maestra. Al ristoro in cima io e altri diciamo ai volontari del ristoro che bisogna mettere una corda, ma loro allargano le braccia sconsolati. Più di una volta penso di ritirarmi, ma ogni volta è in un posto dimenticato da dio e dagli uomini, dove non ci sarebbe proprio modo di farlo. E quando sono in posti dove potrei farlo davvero, mi passa.

Capitolo 6 - dopo Ginosa 

I miei primi n km finiscono a Ginosa (che sarebbe al km 45 o giù di lì), dove vengo fulminato sulla via di Damasco dall'idea che forse fin lì ho bevuto troppo poco, il che, visto che con l'acqua mi bevo anche lo zucchero, che è il mio unico alimento, vuole anche dire che ho mangiato troppo poco, e quindi ho corso fin lì con il serbatoio mezzo vuoto. E comunque non va tanto male, perché dei drittoni dopo Ginosa, che prima della gara sulla mappa mi spaventavano non poco, non ho il minimo ricordo quindi non li ho sofferti troppo. A Laterza è quasi arrivato il giorno e io chiedo asilo politico in un bar per una capatina al bagno, e poi inizia ad andare decisamente un po' meglio. Verso est c'è una specie di alba di cui riesco almeno a vedere qualche colore, verso ovest abbiamo una gravina in cui questa volta non ci tuffiamo ma ci limitiamo a costeggiarla, l'altipiano su cui corriamo scende poco alla volta verso la pianura e, anche se il sentiero è un po' bastardo, corro benino, e finalmente raggiungo un po' di gente.

Capitolo 7 - Castellaneta

A Castellaneta ci si arriva una prima volta per la base vita dell'85° chilometro, e una seconda volta dopo il terzo attraversamento della Gravina Granda. Nell'articolo per Spirito Trail ne ho parlato due volte in due modi opposti:

La più dura, ma anche la più bella, delle risalite da questi canyon di origine carsica, è stata la terza dalla Gravina Grande di Castellaneta, poco dopo il chilometro numero 100. Quando, dopo una lunghissima scalinata quasi verticale, con gradoni in pietra altissimi e irregolari, si è arrivati in paese, dove il sole faceva risplendere il bianco delle case, appoggiate in alto ad un cielo azzurrissimo ed in basso a lastre di marmo, bianchissime anche loro e finalmente asciutte, era impossibile non rimanere incantati davanti a tanta bellezza, e non capire che quello che sembrava uno scalone maledetto era in realtà una “Stairway to Heaven”.

Sulla stessa Gravina Grande sta peraltro anche uno dei due tratti del percorso che si contendono l’Oscar della Perfidia. È là infatti che l’ennesima faticosa discesa negli inferi, e la successiva risalita, iniziava e terminava a pochi metri da un bellissimo ponte pedonale, che avrebbe permesso di superare agevolmente il canyon, con zero metri di dislivello e qualche chilometro in meno.

Capitolo 8 - Pisolino

Nel corso della notte e del giorno ho preso una pillola di caffeina e due pocket coffee: ho assunto già la quantità di stimolante che dicono non sia il caso di superare e ho ancora sonno. Così non mi resta che ricorrere ai metodi della nonna, cioè dormire, però aggiornati al 2025, cioè farlo in un microsonno. Subito fuori dal ristoro "Grotte di Sileno", quello (mi pare) dove prima di entrare c'era Catherin Poletti (la super capa dell'UTMB) che faceva il tifo, tiro fuori il mio telo termico, scopro che è una versione economica decisamente piccolo in cui non posso avvolgermi, mi accontento di metterlo sotto che tanto sono al sole, programmo la mia sveglia per 12 minuti dopo, e mi spengo. Poco prima che la sveglia suoni mi sveglio decisamente più sveglio e riparto. Il mare è sempre laggiù lontanissimo, io non sono esattamente un fiore, ma adesso si può fare.

Capitolo 9 - gli ultimi 25

Quelli che mi spaventavano di più sulla descrizione del percorso presente sul sito, erano gli ultimi 25 km praticamente in piano. Dal vero, in quei 25 km c'era in realtà una salitina da una cinquantina di metri d+, ma insomma, la sostanza era quella. Lasciate definitivamente alle spalle la spinosa macchia mediterranea, la palta, e l'ultimo ristoro, dal km 133 al km 138 si corre lungo un argine sterrato, che io scommetterei qualsiasi cosa essere in leggera salita, ma il gps nel dopo gara negherà categoricamente. Durante, ero orgogliosissimo di riuscire ancora a correre in salita su quel rettone infinito, dopo, ero orgogliosissimoo comunque, perché anche se non era in salita, era comunque un rettone infinito (e meno male che una luna gialla parecchio ammaccata di sorrideva sbilenca se guardavo di lato). Al termine rettone in falsa-salita mi aspettavo di essere in spiaggia, ma invece mancavano 2 km abbondanti. Poi la spiaggia è arrivata davvero, e con lei la sabbia, e la luna si è nascosta dietro le spalle, e quei 4 km sono stati una prova di... tutto quello che rimaneva ancora da provare (e quel tratto è il secondo che si contende l’Oscar della Perfidia). Ho corricchiato, poi ho smesso, poi ho ricominciato, poi ho rismesso, varie volte, ho contato i passi da 0 a 100 e da 100 a 0, ho provato a farlo in altre lingue, ho pensato ad amici lontani, ho provato con l'ascesi, mi sono avvicinato e allontanato 20 volte dal bagnasciuga, finché ad un certo punto è finito, ed ero all'arrivo.

Capitolo 10 - l'arrivo e il dopo

Chiudo in 22h 44' e 59'' al 59° posto assoluto, 2° di categoria (ma premieranno solo il primo...) e neanche troppo stravolto. Mi mangio il parco pasto del pasta party e una mezza pizza abbandonata da sconosciuti, e poi faccio "defa" trascinandomi lungo il chilometro abbondante di lungomare che separa l'arrivo dal mio hotel. Nei programmi più ottimistici c'era un bagno vestito in mare per tirarsi giù un po' di croste di fango, ma sono quasi le 21 e non è proprio il caso. Riesco a stento a farmi la doccia e ficcarmi nel letto prima di collassare.

Di questa gara, altri hanno detto "Quando si pensa a una gara in Puglia, molti immaginano un percorso facile, piatto, tutto da correre. Invece, ci siamo trovati davanti a un tracciato di un’intensità rara: tecnico, imprevedibile e, a tratti, semplicemente distruttivo. Pietre taglienti e instabili, fango argilloso che ti incolla i piedi come un nastro biadesivo, salite e discese dentro le gravine che ti fanno scoppiare il cuore, scale e scaloni irregolari che sembravano non finire mai. Una continua prova di gestione, fisica e mentale."

A me la descrizione sopra sembra un tantino eccessivo, su Runner's World ne abbiamo parlato così,  comunque, io l'ho portata a casa 😎.

21 ottobre 2025

Campionato Italiano Sprint - post

Sotto il cielo azzurro e con una temperatura che è bellissima al sole e un po' meno all'ombra, i favoriti per la vittoria del Campionato Italiano Sprint 2025 in M45 sono Cip Cipriani, il Perfido Ruggiero e Pedrotti.

Sappiamo tuttə che nell'orienteering si parte ognuno ad un minuto diverso, ma seguiamo la gara come se i tre "favoriti" fossero partiti insieme.

Orientisticamente parlando Chioggia è una Venezia for dummies, tanto che hanno aggiunto delle barriere artificiali sorvegliate da solerti controllori. Almeno due dei tre di essere un po' dummies lo hanno dimostrato varie volte, speriamo bene. 

Mentre si accingono a partire, Pedrotti sentendo i polpacci urlicchiare medita che forse il richiamino di velocità era meglio se lo faceva la settimana prima e si sente un po' pirla, Ruggiero vedendo il dito indice nudo medita che forse il brichetto gli può venire utile in gara e torna al ritrovo a prenderlo, e Cipriani non medita una sega e come al solito chiacchiera fino all'ultimo secondo con qualsiasi essere umano gli capiti a tiro, e anche con qualche gabbiano.

Subito dopo il via c'è il ponte che rappresenta il 50% del dislivello dell'intera gara, da lassù Per si lancia spedito e fa il 3° tempo di tratta, Cip un pelino di meno e fa il 4°, Ped non riesce a trovare il triangolo in cartina e corre per un po' non sapendo dove sia e dove deve andare, rimediando un vergognoso 19° tempo di tratta. La classifica dei tre favoriti dice: Per 0:37 - Cip +1'' - Ped +12'', ma davanti ci sono altri.

Per la 2 bisogna contare fino a 4, impresa che si rivela titanica per Per e Ped, che a 3 già hanno perso il segno, ma Per un po' di più. Cip fa il primo tempo con 39'', Ped il 28esimo con 55'', Per addirittura il 30esimo con 59'', che su 32 partenti non è male. Per la cronaca, Ped dopo 2 lanterne è 26esimo. Cip 1:17 - Per +19'' - Ped +27''.

Per la 3 bisogna contare fino a 1, possono farcela anche Pedrotti e Ruggiero, ma Per è lentino e ci mette 3'' più dei rivali. Cip 1:36 - Per +22'' - Ped +27''. In testa, dalla 2, c'è Janzen Innamorati.

Per la 4 la cosa migliore è uscire sul canale, non ammazzare nessun turista, e tornare dentro al II ponte. Pedrotti lo fa è fa il miglior tempo di tratta. Cip anche, ma è un po' più lento, Per anche ma forse si ferma a bere uno spritz sul canale. Cip 2:36 - Ped +19'' - Per +39''.

La 5 Cip e Ped la fanno da sinistra e Per da destra, ma cambia poco. Cip 2:54 - Ped +20'' - Per +40''.

Per la 6 bisogna fare come per la 4, Per lo spritz l'ha già bevuto prima, Ped trova un po' di traffico in più e Cip peggio. Il podio a questo punto è Janzen Innamorati - Peretto - Schuster. I "favoriti" sono Cip 4°, Ped 10° (+16'') - Per 21° (+34'').

Per la 7 Pedrotti si chiede se sotto il numero 7 ci sia un vicolo (no) ma intanto che se lo chiede corre parecchio e fa il suo II miglior tempo di tratta, con gli altri due alle calcagna. Cip 4:44 - Ped +13'' - Per +32'.

La 8 richiede un minimo di lettura in più e Ped dimostra addirittura di saper anche leggere e fa il II tempo di tratta (dietro Peretto), ma Cip uguale. Per dimostra di saper leggere, ma di essere poco furbo e va a spasso fino al canale. Cip 5:32 - Ped +13'' - Per +49''.

La 9 è evidentemente da fuori e dentro, Ped lo fa un po' meglio di Cip e Per (La Rotella non lo fa e ci mette uguale).  Cip 6:17 - Ped +10'' - Per +49''. Più o meno a metà gara il podio è Peretto - Cipriani - Janzen Innamorati.

Anche la 10 è da fuori e dentro e i 3 hanno ormai scaldato il motore ed è un motore quasi identico. Cip 6:48 - Ped +11'' - Per +50''

La 11 Cip & Per la prendono da sinistra, Ped chissà perché da destra, che è paggio.  Cip 7:01 - Ped +13'' - Per +50''.

La 12 sembra da fuori sul vialone e gambe in spalla,  ma il miglior tempo lo fa di gran lunga La Rotella che va a cercare rogne fra i vicoli. Anche Per va a cercare rogne fra i vicoli, ma lui le trova. Cip (1) 8:26 - Ped +12'' - Per +55''.

Nelle 13 - 14 - 15 - 16 Per si ricorda che era forte e fa quattro migliori tempi di seguito rosicchiando però pochi secondi agli altri due.  Ped si distrae un pelino per la 15 e per la 16 e perde tanti secondi quanti ne ha guadagnati Per. Cip (1) 11:38 - Ped (2) +20'' - Per +47''.

La 17 qualsiasi essere dotato di raziocinio la prende da destra, Per la prende da sinistra, Cip la prende da destra ma viene rapito dagli alieni e perde 11''. Cip (1) 12:09 - Ped (2) +9'' - Per +41''.

Con una geniale mossa a tenaglia Ped firma il miglior tempo di tratta sulla 18, 5'' meglio di Cip che la fa a S e 19'' meglio di Per che la fa a caz.  Cip (1) 13:20 - Ped (2) +4'' - Per +55''.

La 19 sulla carta sembra facile, ma nella realtà è un tunnel spazio temporale nel quale tutti i concorrenti fanno tempi negativi. Tipo Cip -20'', Ped - 22'', Per -23''. Il tempo totale va indietro rispetto alla 18 e Ped approfitta del tunnel per avvicinarsi a Cip.  Cip (1) 13:00 - Ped (2) +2'' - Per +52''.

A quel punto Ped non sa come sia messo in classifica, ma pensa solo ad arrivare più velocemente possibile al traguardo. Non solo non si ricorda che potrebbero esserci delle barriere artificiali, ma il concetto di barriera artificiale per quanto gli risulta non è mai stato concepito in questa dimensione spazio temporale. E' quindi con un certo stupore che pochi metri prima del ponte che intende imboccare vede, a terra, una fettuccia e molto prima, in piedi, una signorina che si sbraccia dicendo che di là non può passare. La sua reazione è piuttosto scomposta, inizia a borbottare fra sé e sé brutte parole, si butta a destra sperando di trovare un passaggio qualsiasi, e spinge come un matto quando effettivamente lo trova, ma decisamente non era quella la scelta migliore per andare alla 100. E Per ancora peggio. Cip invece fa quello che fa quasi sempre, la scelta giusta, velocemente. Cip (1) 15:01 - Ped (2) +30'' - Per +1'26''.

Poi c'è solo da fare lo sprint e Per lo fa meglio di tutti, ma non gli è molto utile. Cip (1) 15:10 - Ped (2) +31'' - Per +1'25''.


 

15 ottobre 2025

Campionato Italiano Sprint - pre

Dopo millanta km sui monti torno finalmente a mettere al dito una bussola e un brichetto ai campionati italiani sprint di Chioggia, su una carta che se io non avessi passato gli ultimi mesi a fare millanta km sui monti senza scendere MAI sotto i 9'/km, sarebbe stata decisamente adatta a me.

Le griglie dicono che

 

la cosa mi ricorda una "tragica" giornata di primavera di qualche anno fa, ad un Campionato Trentino Sprint. Correva l'anno 2022, correvo anch'io, la sfida era dichiaratamente Cipriani - Pedrotti, alla penultima lanterna avevo 25'' di vantaggio su Andrea, poi... (https://dopolavori.blogspot.com/2022/03/the-panda-istinct.html) 

Sì, sabato ci sarà anche il Perfido, ma dice che è giù di forma, come al solito, e che non è competitivo.

Sì, ce ne saranno anche tanti altri.

Sarà una figata.

 

29 settembre 2025

Il mio Tor 2025

Pensavo di non aver voglia di tornare al Tor des Geants, ma non era vero, così quando dopo aver rotto un po' le balle riesco ad ottenere una wild card giornalista, mi ci butto. Ho più esperienza in montagna e di notte rispetto al 2021, mi sono allenato di più e meglio, ho capito meglio come alimentarmi, faccio persino meno fatica a preparare la borsa per partire per Courmayeur, insomma, tutto quello che potevo fare io l'ho fatto meglio di come lo avevo mai fatto. Così quando nel pasta party del sabato sera mi guardo intorno pensando che di questa marea di persone ne arriverà al traguardo circa la metà, spero tanto di essere nella metà giusta. Ma temo di non essere l'unico.

Nella mia preparazione, oltre a farmi una tabella su cosa dovrei fare nelle basi vita, cosa che nella mia frustrante partecipazione 2021 mi era sembrato di aver capito fosse indispensabile, mi ero anche fatto una tabella oraria di confronto con i miei tempi 2021 e con i tempi di Luca 2019, che aveva chiuso in meno di 100 ore, mio sogno inconfessabile, ma, credevo, non del tutto proibito. Per non mettermi da solo troppa pressione, i tempi li avevo guardati solo nelle basi vita, ma ex post è divertente confrontarli.

Ad esempio dicono che nonostante mi fossi impegnato a partire più tranquillo, per arrivare a La Thuile ci metto solo 4 minuti in più del 2021 e alla prima base vita di Valgrisenche, considerando che l'hanno spostata un po' più in là, ci arrivo più o meno nello stesso tempo, che sarebbe anche di 50' inferiore a quello per il SUB100.


Fin qui tutto benissimo (tranne un problemino intestinale che mi ha costretto a cercare il più velocemente possibile un sasso più grande di me nella salita al Deffeyes): spingo regolare in salita, scendo bene in discesa, corricchio in pianura, arriva la prima notte e io sono pronto ad affrontar a "corto muso" (come dicevano alla Juve, che non è chiarissimo cosa voglia dire, ma suona bene) la Triade Maledetta: Col Fenetre - Col Entrelor - Col Loson, una roba tipo 4.500 metri di dislivello in su e in giù, quasi tutti di notte, che mi bevo con discreto aplomb, mancando di un paio di minuti l'alba sul Loson.

Ad aiutare nell'affrontare la Triade, una mezza luna che mi concede di procedere alla sua sola luce per buona parte della salita del primo colle, ottime cosce che mi sorreggono nelle discese, una gran riserva di cazzimma accumulata negli ultimi anni di lavoro, indispensabile per prendere di petto l'odiosa salita al secondo colle e alle sue sconsiderate pendenze, la luce della luna che si rispecchia nei laghetti nella seconda discesa, una pillola di integratore alla caffeina che mi resuscita alle 03:00 del lunedì (e che non funzionerà mai più così bene nel resto della gara), la magia del vallone che sale al Loson, con la luna e le stelle sopra, le lucine degli altri davanti e sopra di me, il silenzio e l'aria fresca della notte lassù, le gambe che stanno benissimo e i polmoni pure meglio.

Siparietto quasi in cima al Loson. Fra i concorrenti c'è anche Roberto Martini, personal trainer, vlogger, youtuber, ecc. ecc. che ha un botto di follower e che mi piacerebbe molto promuovesse il mio libro. Abbiamo fatto un pezzetto insieme prima del Crosatie, poi ci siamo persi. Quando non manca molto a scollinare il colle più alto del Tor, mi raggiunge uno che dalle scarpe e dall'abbigliamento sembra proprio lui, e che ansima come un mantice (e lui ha problemi di asma in altura, se non ricordo male). Rallento per farmi raggiungere, lo incito più volte, mi fermo ad aspettarlo, lo ri-incito, e quando ormai già mi pregusto il pezzo del suo video in cui mi ringrazierà commosso urbis et orbis implorando i suoi millanta follower a leggere il mio libro, all'ennesimo incitamento mi risponde "I don't understand you". Ci rimango malissimo, e con zero fair play me ne vado.

Dato che Martini non c'era e l'alba è andata, non mi soffermo sul Loson e scendo bene fino a Cogne, dove arrivo con  mezz'ora di anticipo sul mio tempo 2021 e 1h20' sul tempo SUB100. Risparmio anche mezz'ora nella sosta, limitandomi a lavarmi come mi ero proposto di fare, cambiarmi, mangiare, farmi fare un massaggino alla parte bassa della schiena che mi fa un po' male (e dopo il massaggio uguale) e a farmi mettere un po' di tape preventivo per un lieve accenno di vesciche nella parte interna dei talloni.


Non mi sento brillantissimo nella salita al Col Fenetre di Champorcher, complici anche alcuni concorrenti che mi superano, ma i tempi non sono confrontabili con il passato perché il percorso è leggermente diverso, e comunque non è il caso di deprimersi perché arriva il pezzo che temo di più in assoluto: la malefica discesa fino a Donnas, qualcosa tipo 30 km e 2.600 metri di dislivello negativo. 

Mi impongo concentrazione e dedizione assoluta, con il risultato che  dal Dondena alla base vita di Donnas ci metto 3h53' contro le 5h15' del 2021, "sospinto" anche dalla bella francese Charlotte (che alla fine chiuderà in quasi 9 ore meno di me...) per precedere la quale ballo il tip tap sui sassi e i muschi e le radici fino a Pont Boset, ed evito di cadere in crisi maniaco depressiva nel successivo tratto fino ad Hone, che per quanto io faccia riesce ad essere sempre e comunque più brutto e più lungo e più fastidioso di quello che io mi ricordi.

Comunque, arrivo a Donnas con 2h35' sul tempo 2021 e sul tempo SUB100, mi concedo il primo sonno un po' raffazzonato (sono bravissimo ad addormentarmi appena chiudo gli occhi, molto meno a mettermi le sveglie), mangio, abolisco per sempre doccia e massaggi, e riparto poco dopo Charlotte, che mi dice "ti aspetto andando" e non rivedrò mai più.

Inizia la seconda notte e sono molto felice di non aver davanti la Triade Maledetta, ma ho maledettamente sottovalutato la salita al Rifugio Coda, che si compone di un numero imprecisato di maledetti scalinoni sopra Donnas, un po' di discesa, varie salite bastarde fino al ristoro della Sassa che semplicemente non arriva mai, e un sentiero orrendo e casuale fra i sassi che porta quasi fino al costone dove il Rifugio è finalmente seduto. Faccio gran parte della salita con Matteo, un esuberante giovane che è arrivato sul podio all'Adamello Ultra Trail, ma che le misure con il Tor non le ha prese mica tanto. Comunque ci facciamo compagnia e decidiamo di fare un microsonno-testa-sul-tavolo al Coda. Quando dopo un quarto d'ora io mi sveglio e alla mia proposta di ripartire lui mi risponde, suonato come una campana "tu da che parte pensavi di andare?", io gli rispondo che pensavo di continuare a seguire le bandierine gialle, ma che era meglio se lui si fermava a dormire ancora un po', che tanto poi mi avrebbe raggiunto. 

A quel punto ho cinque ore e mezza di vantaggio sul tempo 2021 e due e mezza sul SUB100, tutto sta andando meravigliosamente bene, ma non so che sta per smettere di farlo.


La discesa dal Coda, dove soffia un vento che ti sposta ma si intravvede il panorama sulla Pianura Padana che speravo un giorno di vedere, è infame come tutti i sentieri di quella zona, stringo i denti quel tanto (tanto) che basta per arrivare al ristoro della Barma, e lì dormo un po'.

Quando esco è una bella mattina limpida, ma io non sono limpido per niente. Mi sembra di avere un polmone in meno del giorno prima, faccio fatica a respirare  e i miei bronchi emettono fischi sinistri. Sono asmatico da sempre, alle visite mediche sportive ho sempre prodotto delle spirometrie patetiche, ho intenzione di farmi visitare dal primo medico che incontro e sono piuttosto certo che mi dirà che ho la saturazione del sangue a livelli scandalosi e che in quelle condizioni non mi lascia andare da nessuna parte. Al ristoro di Lago Chiaro mi dicono che c'è un medico a quello del Col della Vecchia, così mi trascino un po' penosamente fino a lì, pensando che è stato bello, ma pazienza.


Però invece la dottoressa del Col della Vecchia mi dice che la saturazione del mio sangue (=quando ossigeno c'è dentro) è perfetta, che auscultandomi non sente nessun brutto rumore, e che sto benissimo. Non mi capita molto spesso di passare per un malato immaginario, e, convivendo con l'asma da quando sono piccolo, credo di sapere abbastanza bene quando è tutto a posto e quando no, quindi sono molto perplesso. Comunque, riesco a farmi dare almeno due spruzzate di broncodilatatore, non a farmi dare il pane+pesto+sardine o le costine+polenta che una volta erano il pezzo forte del ristoro, e riparto. Sto un po' meglio, invece di un polmone solo mi sembra di averne uno e mezzo, però mi scoccia per quel mezzo che manca, perché mi faceva gran comodo.

Straccio il mio tempo di discesa a Niel (perché in giù un polmone e mezzo basta e avanza), lì mi godo due piatti di spettacolare polenta con ragù e un rigenerante bagno in fontana, e poi ricomincio a rimpiangere il mio mezzo polmone nella salita verso Col Lasoney, che sono "solo" 800 m d+, ma si fanno sentire. La vallata di Loo è bellissima, il pezzo di strada asfaltata in salitina fino a Gressoney molto meno, comunque entro in base vita con ancora 5h45' di vantaggio sul mio tempo 2021 e 1h15' sul SUB100.


Vado dal medico anche qui, anche qui mi dicono che la saturazione è perfetta e non si sentono rumori, ma quando insisto che io invece li sento e che forse sono un po' più in alto di dove li ha cercati lei, mi dice che effettivamente l'asma da sforzo è sulle vie superiori e lì un po' di rumore si sente, e mi dà altri due puff di broncodilatatore. Poi,  avendo abolito docce e massaggi, mi rimane solo da mangiare e dormire, c'è anche un letto comodo. Peccato che io sia un idiota e invece di puntare la sveglia dopo 1h15', come avevo deciso di fare, la punto per errore dopo 15'. Mi sveglio un po' meno pimpante del previsto, ma solo dopo essere uscito da un bel po' dalla base vita, rifacendo i conti per l'ennesima volta sulla mia sosta e guardando l'ora impostata della sveglia, mi rendo conto di cosa ho fatto. Cerco di rimediare un'ora e mezza dopo ad Alpenzù, ma non ci sono stanze e vicino alla elegante panchina in legno che mi concedono con tanto di coperte caldissime, ci sono 3 bambini che fanno quello che dei bambini devono fare la sera in montagna, cioè un gran casino. Riparto dopo una mezz'ora, avendo perso tempo più che riposato, e mi avvio in solitudine verso il Col Pinter, che sta mille metri più in su.

Una delle battute più idiote del film "The Blues Brothers", ma che mi ha fatto sempre sganasciare, è quella con cui John Belushi risponde a Dan Aykroyd che ha appena detto "è partito un pistone". Lui con la sua adorabile faccia da sberle gli chiede "poi torna?". La risposta di Dan Aykroy è "no". Mentre salgo, mi sembra evidente che il mezzo polmone che mi manca ha fatto la stessa fine. Non è una tragedia, ma quella sensazione di debordante esuberanza fisica dei primi giorni, in cui dovevo solo stare attento a non spingere troppo con le gambe, perché tutto il resto funzionava alla perfezione senza neanche pensarci, non tornerà più. E Gressoney sarà l'ultimo posto in cui arriverò in anticipo sulla tabella SUB100.

Mentre salgo al Col Pinter sono partiti da Gressoney quelli del Tor100 - Tot Dret. I più veloci mi superano mentre sto ancora salendo, poi la discesa verso Champoluc è un'agonia di sorpassi subiti da "atleti" e "atlete" di ogni tipo, che mi fanno perdere tempo e morale, e sono tantissimə. Dormo un po' su un poggiolo di una casa prima di Champoluc, ridormo un po' al ristoro, ridormo ancora varie volte fra i prati prima del rifugio Grand Tournalin: non sono in crisi nera, ma non sono decisamente neanche brillante, tanto che è uno dei pochi tratti in cui ci metto di più che nel 2021. In compenso arrivo al Col di Nana nei dintorni dell'alba, e il Monte Rosa fa la sua porca figura. Dopo il colletto successivo si apre la valle di Cervinia e ci sarebbe il Cervino, ma come al solito ha il suo cappellone di nuvole e non si concede, né ora né più tardi.


Alla base vita di Valtournenche sono tornato in bolla e dopo una sosta lampo torno a salire verso la diga e il rifugio Barmasse, insieme a due francesi con cui ci facciamo passare il tempo fino al ristoro di Vareton, poi loro allungano, io mi concedo un pisolino al sole sul prato sul Col Fenetre, e poi smadonno per mezz'ora quando mi accorgo, 10' dopo aver iniziato la sgarrupatissima discesa verso il Magià, che ho lasciato il telefono sul colle e devo tornare su a prenderlo con 20' gratuiti di vertical. 

Comunque, al Magià, mezzo polmone a parte, sto molto bene, e mi godo moltissimo il tratto successivo verso il Rifugio Cunéy, il bivacco Clermont e il Col Vessonaz, che nel 2021, di notte, mi aveva sgretolato. A tentare in tutti i modi di sgretolarmi, ma senza riuscirci, ci prova poi la discesa verso Oyace, di cui dal 2021 ricordavo pochissimo grazie allo stato comatoso in cui versavo: sulla carta sono 1.300 m d- in circa 10 km, percepiti 3.000 m d- in circa 40 km, che mi richiedono quasi 3 ore di agonia in cui più che le gambe, a invocare pietà è il cervello, che non ne può proprio più. Per gradire, ci sono anche 100 d+ prima di arrivare il paese, ma lì almeno si capisce che si è arrivati.


Lo scoprirò solo a gara finita, ma ad Oyace ho 4 ore di ritardo sul tempo SUB100 e 9 ore di vantaggio sul mio tempo 2021. Mi impegno moltissimo a mettere la sveglia giusta, ma la branda è molto più scomoda di quella di Gressoney e mi sveglio parecchio rintronato, tanto che ci metto un po' a ricordarmi che gara sto facendo. Poi mangiucchio e riparto, ed è notte, sono solo, la salita è brutta, e insomma cedo alla tentazione di farmi aiutare dalle cuffie, e vengo meno a tutti i miei principi morali, prima con un raffinato Čajkovskij, poi con un molto meno raffinato Eros, ma insomma arrivo in cima. Piano, ma ci arrivo. 


E un po' piano arrivo anche all'ultima base vita di Ollomont, dove spero che sui miei preziosi appunti non ci sia scritto niente di importante perché non li leggo neanche, e dopo un'altra dormitina riparto con la luce del nuovo e ultimo giorno. Nella salita al Col Champillon rimpiango molto il mio pistone andato, ma è una bellissima giornata, si vede già il Monte Bianco, a Ponteille c'è la polenta e io ci aggiungo il formaggio, riesco a correre il famigerato falsopiano per Bosses, mi godo un bagno gelato a Saint Remy, salgo non velocissimo ma deciso al Frassati, arrivo al Malatrà in pieno giorno ed è tutto bello e il Monte Bianco dall'altra di più e poi... e poi mi spengo. Superato il Malatrà inizio la discesa, non impegnativa, camminando, e poco più in basso mi sdraio per terra, e poi mi addormento pure. Certo, è un posto fantasticamente bello, ma ormai all'arrivo manca proprio poco e sarebbe carino spingere come non ci fosse un domani, dato che le gambe stanno ancora proprio bene. E invece io sciabatto, senza neanche capire se è una questione fisica o psicologica o entrambe o altro.

Poi passa istantaneamente e dal Rifugio Bonatti ricomincio a spingere giulivo tutto quello che i miei polmoni rimanenti mi permettono, e riesco persino a correre dignitosamente la infingarda discesa dal Bertone a Courmayeur, che è notoriamente la più brutta di tutte le Alpi.

Chiudo in 105 ore, 59 minuti e 49 secondi, 10 ore meglio del 2021 e assolutamente soddisfatto di quello che ho fatto. Credo che con due polmoni interi dall'inizio alla fine, e senza seminare cellulari sui colli e sbagliare a mettere le sveglie sarei riuscito anche a stare sotto le 100 ore, ma alla fine chissene.

24 agosto 2025

Correre come matti in discesa

Antefatto lontano

A metà settembre torno in Val d'Aosta a correre di nuovo il Tor de Geants, non so bene neanche io perché. Il 22 agosto, 3 settimane prima, si corre in Francia una gara di 152 km con 11.200 metri di dislivello che tutti dicono che è durissima e tecnicissima, che avevo già deciso di fare prima che mi arrivasse la conferma per il Tor. 3 settimane fra una e l'altra sono quasi poche, ma se la prendo con calma può essere un buon lunghissimissimo di preparazione. Vado.

Antefatto vicino

Col cavolo che la prendo piano, sto bene, le gambe vanno che sono un piacere, sto attento a non andare fuori giri ma decisamente non vado piano. Però mi alimento bene e pare che effettivamente con il passare dei km le condizioni non peggiorino, continuo ad andare bene e supero indenne anche la notte, nonostante mi cada fuori dallo zaino (senza che me ne accorga) la frontale seria, e proceda per un bel po' in salita con la frontale poco seria e le pile praticamente scariche: non ho il coraggio di cambiarle perché non so quanto durino le altre che ho (e in discesa mi serve assolutamente luce) quindi in pratica vado a sentimento.

Antefatto più vicino

Mi rassegno a cambiare le pile, finisco la salita più bastarda, sopravvivo alla discesa suicida successiva, e all'inizio della salita dopo, che, come un po' tutte qui, parte con pendenze crudeli. Finisce la notte, arrivo alla seconda base vita, perdo poco tempo, riparto ancora arzillo, salgo e poi scendo e poi ricomincio a salire, e lì per qualche "ragione" smetto di amministrare e mi metto a tirare, ad una quarantina di km dall'arrivo . Ho letto malissimo l'altimetria e arrivo in un bellissimo ristoro in mezzo ai prati, convinto di essere in cima alla salita. Ma non è vero, non sono neanche a metà.

Antefatto vicinissimo

L'ultima parte della salita la soffro tantissimo, non sono veramente in crisi, ma mi sento un pirla e sono stanco, tanto in cima mi siedo per un po' sul prato. Riparto cercando di resettare almeno il cervello, dato che le gambe non c'è modo di resettarle.  C'è ancora una discesa lunghetta, due gobbe del cammello, un'altra discesa discreta e un panettoncino. Con la testa ci sono di nuovo, le gambe un po' ritornano, scendendo dalla seconda del cammello mi supera una donna veloce, mi faccio prendere dall'entusiasmo e mi butto giù verso l'ultimo ristoro, prima del panettoncino, ad una velocità assolutamente insensata vista la situazione.

Antefatto contiguo

Dopo il ristoro c'è un lungo falsopiano in cui mi prendo la briga di guardare bene l'altimetria, scopro che mancano ancora venti (20!) km alla fine, ho le cosce di marmo, mi superano un po' di pettorali rossi come il mio (ci sono anche quelli verdi e quelli viola e quelli gialli di altre distanze) e non riesco ad opporre nessuna resistenza. C'è una sola cosa che mi può salvare: una fontana. LA desidero così intensamente che pochi metri prima dell'inizio del panettoncino la trovo! Mi ci immergo fino all'ombelico per qualche minuto e quando esco sono rinato. Inizio la salita, eccezionalmente poco pendente, spingendo più di quanto abbia fatto in tutta la gara, prendo un pettorale rosso, la salita si impenna, spingo come un forsennato per staccare lui e prendere quello che si è involato poco prima. Spingo spingo spingo, arrivo in cima senza mai raggiungere l'altro, con le cosce iniettate di cemento. In cima mi raggiunge il pettorale rosso che avevo superato, ma non è messo meglio di me, c'è un po' di pianura e un cartello che dice che all'arrivo mancano 10 km, ci deprimiamo insieme e procediamo 1 m/h più del limite che separa la corsa dalla camminata. Dopo un paio di km di piano pare inizi la discesa, ma prima ci regala 100 metri di salita al 50% circa. Arranco miseramente, l'altro mi abbandona. Poi inizia la discesa.

Fatto

Mentre scendo come uno che la le cosce iniettate di cemento, mi superano tre e li lascio passare. Mi accorgo che uno ha un pettorale rosso e allora, dato che non hanno una andatura irresistibile, li ri-supero. Lui vede il mio pettorale rosso, e scatta ri-superandomi. Io mi getto al suo inseguimento e ci mettiamo a correre in discesa (sterrata e ripidina) come due dodicenni che giocano a prendi e scappa. Memore dello sprint di Cortina, contro il tizio che era partito mezz'ora dopo di me, mentre ci inseguiamo garruli gli chiedo quando è partito e mi dice con la prima partenza: io sono partito mezz'ora dopo. Lui lo sa, ma mi dice qualcosa che io (al netto del francese e di una notte e mezza senza dormire) capisco come "ma è troppo bello correre come matti in discesa". E allora andiamo. Mancano almeno 5 km in cui per un po' proseguiamo insieme superando un po' di gente dai pettorali di tutti i colori, poi proseguo da solo perché sullo sterrato ripido lui è agilissimo ma su asfalto e forestali non mi sta dietro, e io continuo a correre come un deficiente, giocandomi ogni residua fibra integra dei quadricipiti, giocandomi per l'ennesima volta gli alluci, superando a velocità doppia quello che mi aveva abbandonato all'inizio della discesa e anche quello che non ero riuscito a raggiungere in salita e anche qualche altro. Corro corro e corro, perché non ha nessun senso, ma almeno arrivo prima alla fine ed è troppo bello correre come matti in discesa. Provo un ultimo allungo a 500 metri dall'arrivo, ma non c'è nessun pettorale rosso a darmi l'ultimo briciolo di adrenalina e la benzina (e le gambe) le ho finite da un po'. 

Chiudo 80°, in 37h26'23''.


 

20 agosto 2025

Trentino mon amour

Questa estate ho avuto la fortuna di correre varie bellissime gare in montagna, meraviglie come la Cervino Matterhorn Ultra Race che gira tutto intorno alla Grande Becca e ti porta su due ghiacciai, o l'Eiger Ultra Trail che ti fa correre con la più famosa parete nord d'Europa davanti al naso, o una grande classica come la Trans d'Havet. che insomma la strada delle 52 gallerie sputaci sopra.

Bellissime, però.

Però a giugno ero in Val di Breguzzo e sono capitato sulla metà orientale del sentiero Orizzonti Liberi, quello che "percorre il tratto del fronte austroungarico risalente alla Prima Guerra Mondiale, che si snodava dallo sbarramento dei forti di Lardaro in Valle del Chiese fino al crinale sud del Monte Caré Alto in zona Adamello", percorrendolo dalle Porte di Danerba fino alle Porte di Trivena (e anche arrivando alle prime porte dal Rifugio Trivena e tornando al rifugio dalle seconde Porte). Una giornata quasi a passo d'uomo, perché la salita era troppo in salita, la pianura era su pietraie infingarde e la discesa troppo in discesa, ma vogliamo parlare della zona intorno al Cop di Breguzzo (ho provato a salirci, ma troppa paura) o alla vista sulla Val di Fumo & Adamello dietro? Stra-bello.

Però inizio agosto è capitato di andare a trovare un amico che sta facendo la stagione al Tuckett, in mezzo alle Dolomiti di Brenta, e allora già che ci sei non puoi mica non farti un giretto come si deve, partendo da San Lorenzo in Banale, passando per il Rifugio Cacciatori, la Forcolotta di Noghera, il Rifugio Pedrotti, la Bocca di Brenta, il Rifugio Brentei, il Rifugio Tuckett, la Bocca di Tuckett e giù verso Molveno. E non so se è perché il Brenta io ce l'ho avuto davanti alla finestra della cucina per tutte le vacanze estive di tutta la mia infanzia, ma a me quei posti lì mi entusiasmano, e mi sembra di essere a casa. C'era anche un botto di gente, ma io correvo, e loro no 😎 (tranne due, trail runners anche loro, ma venivano nella direzione opposta e non abbiamo dovuto stabilire chi era il più forte). Mega-bello.

Però una settimana dopo ho pensato che era arrivato il momento di riprovare un giretto che avevo fallito due anni fa perché mi ero inciampato come un pirla sul pezzo più facile del sentiero, e di ripartire dal Passo Carezza (o Costalunga, vedete voi), attraversare in qualche modo il Catinaccio (niente ferrata questa volta, troppa gente, meglio due passi faticosetti), passare il Rifugio Vajolet, arrivare quasi al Rifugio Principe, girare verso il Passo di Antermoia, salire già che c'ero sulla cimetta là sopra, fare due bagni nel lago di Antermoia, scendere e risalire nella/dalla Val Duron, fare una minisosta al Rifugio Sasso Piatto, salire spedito sul Sasso Piatto, smascellarmi per la bellezza del posto, farmela un po' sotto scendendo la non difficilissima ferrata Schuster, ostiare contro il cielo perché pensavo di essere quasi alla Forcella Sassolungo e invece dovevo scendere una pietraia e salirne un'altra, correre come un matto fino al Passo Sella per non prendere l'ultima corriera per Trento, ma farsi raccattare da tre coreani in gita che mi hanno portato a Bz. Iper-bello.

E tutto ciò, a portata di mezzo pubblico dalla mia porta di casa.