"Correre di notte per la strada, è un modo come un altro per pensare a un'altra cosa" cantava tanti anni fa (prima di fare l'orientista) Stefano Zarfati.
Correre di notte per il bosco con la nebbia, è un modo come nessun altro per non pensare più proprio a niente, perchè tutti i neuroni disponibili si dividono in due squadre, di cui una si dedica esclusivamente a tentare di capire se con il prossimo passo metterai in pericolo una qualche parte del tuo corpo, l'altra a cercare di capire dove si trova il tuo corpo nella cartina che hai in mano.
Sulla notturna di sabato scorso a Sassofortino ho sentito i commenti più vari (da "la prima notturna con la nebbia in Italia", a "con un percorso del genere avrei avuto difficoltà anche di giorno", al florilegio di imprecazioni per il quale rimando direttamente al blog dell'imprecatore, nell'occasione non molto Duca), ma io mi sono proprio divertito.
Dato che ho sti famosi 60 punti, mi ero iscritto in Elite, perchè mi piaceva l'idea di esserci quando lo speaker gridava "E' partita la Coppa Italia 2010!", come da qualche anno chiunque sia di turno microfono scandisce alla partenza della gara elite in notturna che apre la stagione di coppa Italia. E poi le notturne sono sempre un bel gioco e quindi più sono lunghe e più mi diverto. Nel caso specifico c'era pure una nebbia da profondo Polesine, come si può intuire dalla foto sopra, gentilmente sottratta dal web album Foto di Stefano.
Quello che non si vede dalla foto è l'effetto "alone mistico" che la lampada frontale creava proprio davanti agli occhi, annullando quasi completamente il campo visivo. La luce emessa dal fanale si rifletteva immediatamente nella nebbia, creando un cerchio bianco esattamente davanti agli occhi, che, essendo occhi e pila fissati entrambi alla testa, si muoveva esattamente in sincronia con lo sguardo, causando un effetto molto simile a quello che usano in TV per garantire l'anonimato di chi non si deve vedere in faccia. Il risultato era che nonostante la mia nuova frontale che sfanala a 100 metri, il mio campo visivo arrivava più o meno 2 metri davanti ai miei piedi. Una soluzione efficace era quella di portare la luce all'altezza della pancia o anche più giù, ma correre con la pila in mano era una pena.
Unendo al fattore "visibilità zero" il fatto che come al solito avevo perso tutti i treni già prima di arrivare alla prima farfalla, e che non avevo intenzione di tirare molto per non stancarmi per la middle del giorno dopo, la mia prestazione non era stata poi malaccio. Il risultato cronometrico faceva un po' pena (16esimo a 20 minuti dal primo, ma ufficialmente primo degli ultimi, staccato di 6 minuti dall'ultimo dei primi, un Carlo Cristellon in serata storta), ma a parte un penoso primo punto ero soddisfatto di come avevo letto la carta e di come mi ero districato nelle zone sassose, e le gambe avevano dato segnali confortanti.
Mi sembrava di poter trarre dei buoni auspici in vista della mia prima gara M35 in Coppa Italia, la middle di 6,5 kms del giorno dopo.
- To be continued -
Per me quattro neuroni = quattro squadre. Uno cerca di capire dove sei, uno cerca di capire come ti ammazzerai, uno cerca di fare l'orientista e il quarto è abbracciato da qualche parte e piange come durante l'affondamento del Titanic!
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