9 marzo 2011

Azimut, corridoi e buche

Fra i miei obiettivi 2011 mi pare di avere messo anche quello di imparare ad usare decentemete la tecnica dell'azimut, ma non è che io abbia anche pianificato degli allenamenti ad hoc per riuscirti. E' capitato però a fagiolo un allenamento organizzato dal Trent-o, proprio su questo argomento, sulla carta dell'Argentario, già teatro dei campionati italiani middle 2009 e prossimamente di nuovo in auge con una gara di coppa italia.

Quando Sabrina Rinaldi, sorella di quell'Andrea Rinaldi che colgo l'occasione per annunciare urbi et orbi che ha ricominciato ad allenarsi "seriamente", mi ha consegnato la carta, memore delle mie precedenti esperienze con l'azimut ho pensato che non sarei tornato a casa mai più. Passi per le "finestre", nelle quali alcuni elementi molti riconoscibili mi davano qualche possibilità di capire cosa dovevo andare a cercare, ma per i tondini bianchi la vedevo proprio dura. Anche perchè il terreno dell'Argentario è di suo caratterizzato da una miriade di voragini che impediscono di procedere in linea retta per più di 30 metri, e in più si aggiunge in questa stagione una vegetazione osticissima che rendeva il tutto ancora più improbabile.

Ebbene, ho scoperto che invece con un minimo di attenzione riesco a fare azimut! Ho cominciato dalla 11, per la quale quando ho visto il prato mi sono completamente disinteressato della bussola, e quindi non vale. Ma quanto da lì sono andato alla 10, e ci sono proprio caduto sopra, ho gridato al miracolo. Se non che poi dalla 1 sono riuscito a cadere sulla 9 (passando addirittura dalla 3) e, a parte la 8 che era posata nella buca sbagliata, e la 4 su cui mi sono troppo rilassato, sono riuscito a ripetere il miracolo su tutte le altre lanterne, con menzione d'onore per la 5 che, se avessi corso ad occhi chiusi, mi avrebbe sbatuto sulla fronte.

Enormemente ringalluzzito dal exploit sugli azimut ho espletato quasi come una formalità il successivo allenamento "corridoi", che non rnascondeva in verità particolari tranelli. Dopo il paio di minuti persi alla 1 per l'emozione di avere di nuovo una cartina "vera" in mano, sono andato via liscio su tutte le altre, anche la 5 e la 6 che qualche attenzione in più la richiedevano.

Unica nota stonata, la mia perdurante incapacità quasi totale a stimare le distanze, cosa che sui terreni alpini e quelli molto movimentati in generale, non mi pare comporti grandi rischi, ma su quelli in po' più piatti, sarebbe una tragedia. Per altro non ho in programma trasferte scandinave a breve.

Dato che ho invece in programma una trasferta slovena per il prossimo fine settimana, dove difenderò i colori del Trentino Junior (?) Team alla Lipica Open, ho cercato di prepararmi un po' all'incubo di quelle zone: le buche.

In particolare ho cercato di capire perchè nella realtà mi trovo sempre davanti a buche molto più grandi di quelle che mi aspetterei leggendo la carta. Con metodo scientifico paragonabile almeno a quello utilizzato per il "teorema del mezzo campo da calcio", sono giunto allo schema qui a lato. Quello che il mio occhio vede è il bordo della buca, ovvero dove il terreno smette di essere orizzontale e inizia a scendere, che è il cerchio grande sottile. Quello che è indicato sulla carta è invece "la sezione orizzontale" di dove la buca arriva a quota -5 rispetto alla curva di livello superiore. Che è tanto più piccolo del "bordo della buca", quanto meno sono ripide le pareti della buca stessa. E quindi una buca che in carta è segnata con un diametro di 40 metri, può apparire nella realtà di 70 o più.

E lo stesso ragionamento vale ovviamente pari pari, anzi, capovolto, per i dossi, ed in effetti anche quelli tendono ad apparirmi sempre più cicci di quello che mi sarei aspettato.

1 commento:

  1. Ciao, scusa se scrivo qui questa richiesta, ma non so come altro contattarti.
    Ti chiedo di sostituire il link allo Scombussolato Team con www.scombussolatoteam.it/

    Grazie mille

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