6 marzo 2020

Il mio TOR(mentato) X – settima (e ultima) puntata

Il mio Tor 2020 finisce a Donnas, più o meno dopo 150 km e 44 ore. Mentre cerco di decidermi a tornarmene a Courmayeur, mi aggiro per la base vita come uno che è lì per caso. Ho appena abbandonato un sogno che rincorrevo da mesi, ma sembra che la cosa non mi riguardi. Guardandomi da fuori tutto sembra funzionare alla perfezione, non ho un dolorino che sia uno, non zoppico, non ho l'aria stravolta, sembro fresco come una rosa e pronto a ripartire. Ma da dentro non funziona niente.

Quando finalmente mi decido ad andarmene è troppo tardi per riuscire a prendere la corriera (che perdo per pochi secondi, vedendola passarmi davanti quando sono a qualche centinaio di metri dalla fermata) e mi imbarco in un lunghissimo autostop, aiutato dalla famosa "borsa gialla del Tor" che mi pende mesta da un lato.

È martedì e i giorni successivi li passo a Courmayeur, in attesa dell'arrivo dei miei compagni trentini, senza nulla da fare lì, ma senza neanche la voglia di tornare prima a casa.

Nella mia bolla di solitudine mi guardo indietro: al posto di un appassionato di corsa in montagna che rimpiange per aver lasciato, c'è una "Volpe-e-l'uva" travestita da Leopardi in fase di pessimismo cosmico, che scrive così: "Questa mattina nessuna prospettiva di vedere il Rosa, il Cervino o il Bianco è riuscita a convincermi a ricominciare a salire da Donnas. Mentre mi è sempre molto chiaro quanto sia sottile il filo che ti tiene sospeso, la notte, al freddo, lassù. È vero che essere là a quell'ora era uno dei motivi per cui volevo fare questa gara. Ma forse a quell'ora è meglio che là non ci vada più, e lasci che la Montagna vada a letto e si svegli senza nessuno che la disturba. In uno zainetto ci sta il minimo indispensabile, nulla di più. E se hai freddo alle dita non è che riesci a fare molto per tirarti fuori da un guaio. E anche questa notte sui colli farà molto freddo e sarà tutto un vestirsi e spogliarsi e rivestirsi. No grazie. Felice di esserci stato per un po', ma no grazie. Fra me e il Tor credo che qualcosa non abbia funzionato. È stato bello assaggiarlo. Credo mi basterà".

Sono giorni strani, in un posto dove tutto e tutti parlano di Tor e con un cielo finalmente terso che dovrebbe farmi venir voglia di mangiarmi le mani fino al gomito per quello che ho fatto, ma non ci riesce. Però tutto quel cielo azzurro e tutto quel Bianco che ogni minuto mi guarda con i suoi ghiacciai e le sue creste, evidentemente alla fine riescono a sciogliere almeno qualche pezzo del ghiaccio che c'è dentro di me, perché il giorno dopo scrivo: "E inaspettato, quasi a tradimento, mi si insinua dentro il desiderio di essere di nuovo qui fra un anno. Per finirlo. Per viverlo davvero". 

La strada per stare davvero meglio è ancora lunghissima, ma almeno riesco a scollare il culo dal lettino dell'unico hotel ad una sola stella del centro di Courmayeur e dalle panchine del centro, e a tornare "lassù", sugli ultimi km del Tor, fatti in senso contrario, andando incontro a quelli che lo stanno finendo, mentre io forse l'ho appena iniziato.

Vai alla puntata precedente.

 


2 commenti:

  1. Ciao Dario, molto bella questa serie sul Tor. Per me, questa gara la puoi finire e farti anche un altro giro in senso contrario. Sul tempo finale ti basterebbe un sub 120 per qualificarti per il Glacier o come si chiama. Quella è la tua gara, senza tanti concorrenti, senza bandierine da navigatore puro e magari ritrovi anche la compagnia dell'S1 Ipertrail.

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    1. Ciao Igor, già il Tor è eccessivo, il Glacier di più. Purtroppo i miei giuramenti sulle gare non valgono una cippa, altrimenti giurerei che il Glacier non lo farò mai. :-)

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