26 novembre 2013

ROME - Dies I - Villa Borghese

Tre giorni a fine autunno a Roma a fare orienteering, che vuoi di più dalla vita per salutare la stagione agonistica e prepararsi al lungo inverno? E poi noi nordici siamo sempre convinti che a Roma, al ponte dei morti, si gira in maniche corte come a Trento in luglio, e la grande città ha sempre il suo fascino, e un amico ci presta la sua casa gratis per 3 giorni: insomma, si va.
La mia più grande impresa in questa prima edizione del ROME la porto a termine tre mesi prima del via, riuscendo ad aggiudicarmi 4 biglietti in fascia "super economy" per il Freccia-non-mi-ricordo-che-colore Trento-Roma. Non è possibile acquistare i biglietti prima di 3 mesi prima del viaggio, e 2 mesi e 30 giorni prima i biglietti scontati sono di solito finiti. Con una complessa combinazione di guglecalender e sveglie tradizionali riesco a giungere sul sito degli Innominabili nell'attimo giusto, e con 88 euro posso portare tutta la famiglia al ROME. Dato che staremo là 4 giorni, il giorno che compero l'andata non posso comperare il ritorno e quattro giorni dopo non riesco a ri-centrare la giusta congiunzione astrale. Ho il vago sospetto che i "super economomy" per il ritorno non esistessero affatto, ma non potrò mai dimostrarlo, e mi devo accontentare di 130 euro in quattro, con più di metà viaggio sul regionale che da Bologna a Trento impiega poco meno di quanto ci metterei in bici. Comunque, si va.

A Roma non è come a Trento in luglio, ma si sta proprio bene e quando sbarchiamo a Villa Borghese c'è una bellissima atmosfera, con atleti di (quasi) tutto il mondo sparsi fra gli alberi, alcuni che corrono perché già in gara, altri che chiacchierano e si divertono nell'attesa.

La M35 parte a cavallo fra il giorno e la notte e all'inizio la pila sembra superflua, ma passerà poco prima di non poterne fare a meno. Nell'allegra combriccola in griglia di partenza, ci sono parecchi dei miei compagni di giochi di quest'anno, fra cui Simone e PM Grassi, Ingemar, Max Bianchi, l'Imprevedibile Ruggiero, Eddy Sandri e i fratelli Cavara. Solo Buselli con noi non ci gioca più, ed è andato con i più bravi. Al suo posto ci sono un sacco di stranieri di cui nulla so, ma in una gara del genere in un parco penso di potermela giocare con chiunque.

Al via Simone schizza via come un indemoniato, e mi viene il dubbio che si sia allenato di nascosto, e che alla gara di domenica scorsa in Valsugana sia andato piano apposta. La 1 è uguale per tutti e corriamo su un prato in discesa fra alberi radi come tanti Peter alle calcagna di Heidi. Il più Peter di tutti è proprio Simone (si vede che vive in Sud-Tirolo!), che mi precede di 2'' sulla prima lanterna. Dato che abbiamo la stessa prima ala di farfalla usciamo dal punto nella stessa direzione e lo supero prima della 2. Fino alla 6 più che la tecnica contano le gambe, e fin lì siamo quasi attaccati.

La 7 richiederebbe qualche riflessione in più, ma già sto correndo dietro ad Heidi, e poi è anche buio e la cartina si vede a grandi linee, così prima mi lancio per la via più breve, poi cambio idea senza neanche verificare fino in fondo se era poi una così cattiva idea (e non lo era, dato che l'Anto da lì è riuscita a salirci), e faccio tutto il giro sentendomi ormai irrimediabilmente indietro. In effetti split alla mano Simone ci arriva 20'' prima di me, ma nelle successive due lanterne a lui passa un po' la sindrome da Peter e io rincorro Heidi come non mai, tanto che tornati al centro della farfalla siamo di nuovo insieme (e insieme sbagliamo anche completamente la scelta, non vedendone ben due molto più intelligenti della nostra).

Poi lui parte per un'ala diversa dalla mia e da lì in poi corro da solo, orfano anche di Heidi che è andata a letto perché è ormi buio. Il buio peraltro semplifica abbastanza le cose, dato che prendendo la direzione giusta il catarifrangente della lanterna la rivela parecchie decine di metri prima. Tutta l'ala dalla 10 alla 15 non presenta particolari difficoltà, io corro quanto posso, ma non ho idea di come sono messo. Alla 17 faccio la scelta più lunga e ondivaga che c'era e alla 18 ho qualche esitazione perché leggendo con poca luce mi sembra che il verdone sia un edificio che non vedo. Due turisti mi dicono "è là", ma ci stavo già arrivando da solo...

Dopo l'ultimo ritorno al centro farfalla si torna in zona partenza, e se all'inizio siamo scesi, stavolta tocca salire. Non è una gran pendenza, ma a questo punto della gara la sento tutta. Anche perché giurerei di avere qualcuno pochi metri dietro, e corro come un forsennato senza voltarmi a controllare per non perdere istanti preziosi. 23, 24 e 25 non presentano nessuna difficoltà, e alla 26 salto due di un'altra categoria, che mi avrebbero potuto far perdere tempo, mentre loro cercano la stazione in basso e io la punzono sopra le loro teste. Da lì in poi, mentre continuo a tirare più che posso, comincio a pensare che mi va bene anche che chi mi insegue mi superi, basta che faccia in fretta, perché non ce la faccio più.

Dopo il finish mi butto per terra come quelli forti, tanto che Zarfati viene a chiedermi se va tutto bene. Quello dopo di me arriva 10'' dopo, e gli split dicono che alla 22 era 6'' dietro, quindi non proprio a pochi metri. Vabbeh.

Le classifiche dicono che sono terzo, un minuto e mezzo dietro all'Imprevedibile, che deve proprio essere andato come un treno, e 19'' dietro il bulgaro Ivaylo Ivanov. In chiave di classifica generale, ho messo in musina un po' di vantaggio sugli altri compagni di giochi: 1'40'' su Max, 2'11 su Ingemar, 3'37'' su Peter Grassi e addirittura 5'28'' su GPM, che però, fra i rovi di Villa Ada del secondo giorno, potrebbe rifilarmente anche di più.

Comunque, bello!

11 novembre 2013

Coneglia, no.

So che ho in arretrato varie gare, fra cui quelle della 3 giorni internazionale di Roma, che probabilmente hanno più appeal della finale del tour trevigiano 2013, ma facciamo che almeno una la racconto poco dopo che è successa.

E poi è una di quelle sfigate che hanno più audience.

Io con Conegliano c'ho un brutto rapporto. Il finale di stagione è tradizionalmente a livello di risultati il mio periodo d'oro, anche perché si corre quasi sempre in città, che è il mio terreno più preferito (e dove non si corre il VERO orienteering, ma ça va sans dire). E in questo periodo d'oro io di solito arrivo sempre a Conegliano da favorito (almeno nella mia testa) e me ne vado cornuto e mazziato. E quest'anno non si è smentita la tradizione.

La carta di Conegliano non è fantastica, e quest'anno è anche orfana della parte più bella, che è sotto embargo "di livello 2" per il trofeo Alpe Adria dell'anno prossimo. Ciononostante quando scorgo sul sito FISO che c'è questa gara, che in tempi di vacche grasse avevo scartato, mando a remengo i miei tentativi di diventare un buon marito dedicando la domenica alla famiglia, e mi ci fiondo. Vuoi che al terzo tentativo non riesco a vincere a Conegliano? I più agguerriti in griglia di partenza sono Walter Giovanelli, specialista dei centri storici, Michele Candotti, già campione italiano sprint fra i master, Andreas Weitlaner, che due anni fa qui mi ha dato un paio di minuti, e i Ceki, di cui nulla si sa.

In partenza non mi sento proprio lucidissimo, ma tempo 200 metri e sono già in testa, anche se inspiegabilmente gli split alla prima lanterna mi danno 27esimo con un tempo di 11ore 59minuti e 57secondi. La numero 2, sempre split alla mano, la corro decisamente meglio, impiegando --:-- per un totale di 28'' di gara che mi piazzerebbe al secondo posto, ma alla 3 sono finalmente primo con un totale di 2.11 e 7'' di vantaggio sul ceko Svadlena. Fin qui la gara è molto scorrevole, e lo è anche al punto 4, dove porto a 9'' il mio vantaggio sul secondo, che è ora Giovanelli. Alla 5 ci vuole un minimo più di attenzione perché c'è un porticato, che seduti alla scrivania si interpreta senza problemi, mentre in corsa un po' meno. Ma lo piglio giusto e con un altro miglior tempo volo a -13'' da Giovanelli. 

Quella dopo è una "tratta lunga", un rettone dove c'è tutto il tempo per preparare il punto successivo. Lanciato a folle velocità individuo senza dubbio alcuno il passaggio per salire alla 6 e da lì mi preoccupo solo di prendere il riferimento giusto per la deviazione. Senza rallentare di un pelo supero la prima strada che scende da destra, la seconda strada che scende da destra, il primo caseggiato, e mi fiondo a destra. Giunto nel secondo cortile e non vedendo passaggio alcuno verso il prato dietro, vengo colto da un inizio di dubbio, ma prima di arrendermi all'evidenza faccio mezzo giro alla casa e, preso atto che non posso passare dal soggiorno dei locali, sono costretto a fare marcia indietro. Tra un porco e l'altro mi chiedo se questo sarà sufficiente a non farmi vincere a Conegliano neanche questa volta (e la risposta, scroprirò dopo, è quasi sì, dato che Giovanelli mi dà 43'' e Svadlena 44'') e mi precipito nel buco giusto, dove ignoro una signora che vorrebbe mandarmi a sinistra sotto il portico, mentre io faccio il giro da destra (e probabilmente c'aveva ragione la signora).

I successivi punti dal 7 al 14 li corro "a tutta" e alla 14 sono di nuovo primo. Alla 15 accade un non dimostrabile fatto increscioso. È vero che io cincischio un po' in uscita dal punto, ma sfido Bolt a metterci 22'' meno di quanto ci ho messo io a fare il giro che rispettava i verdi non attraversabili. Eppure Svadlena ci riesce. I 10'' in meno che ci mette Giovanelli sono più umani, un po'. Comunque, sono di nuovo dietro. E quindi corro, corro e corro, e c'è da fare poco altro per la 16 e la 17, e da aggiungerci un minimo di attenzione per la 18 e la 19, che sono in mezzo alle case, ai muretti e alle aiuole. Morale, alla 19 sono 2'' dietro a Walter e 2'' davanti a Pavel.

Ma qui succede il secondo fatto increscioso del giorno, e questa volta è pure dimostrabile. Dopo aver corso corso corso il rettone, c'è un edificio in mezzo ad un incrocio. È tutto da dimostrare che prendendolo a destra si faccia prima che prendendolo a sinistra, ma in ogni caso la cartina dice che si può fare una cosa o l'altra. Io decido che è molto più furbo andare a destra, arrivo fino allo spigolo opposto della casa, e mi trovo davanti la sparangola del garage sotterraneo che blocca l'uscita. Riguardo la carta, che riporta inequivocabilmente un passaggio, ma non mi resta da fare altro che tornare sui miei passi e completare il giro intero attorno al casone.
Alla 20 ho 38'' da Walter e 25'' da Pavel e c'è ormai troppo poca strada per sperare di riprenderli un'altra volta. Dato che sono piuttosto contrariato per lo scherzetto dell'angolo, approfitto anche per scegliere un tragitto non ottimale per la 21 e regalare altri 7'' ai battistrada, e poi più o meno andiamo fino al traguardo alla stessa velocità. Chiudo terzo, a 19'' da Pavel e a 45'' da Walter (che nelle 3 edizioni di Conegliano che ho corso, mi ha battuto tutte le volte).

Tanto per chiudere in bellezza, mentre mangio la mia pizza portata da casa chiacchierando con l'orientista più affascinante del mondo, quella cui il dislivello le fa una pippa, e Stefano Zonato, uno dei due pezzi di pizza mi cade per terra, e prima che io abbia il tempo di raccoglierlo e soffiarci sopra per disinfettarlo, la belva di Zonato se l'è già pappato. Coneglia, no.

29 ottobre 2013

San Pietro e l'Arge Alp


DRIIIIN! DRIIIIN! DRIIIIN!
- Pronto?
Pronto, buona sera, sono San Pietro, il signor Pedrotti è in casa?
- Sì, buona sera, sono io
Scusi se la disturbo a quest'ora, sa chi sono?
- Come no, adesso scantono un po', ma ero parecchio praticante, qualche anno fa
Ah, bene bene, e Vladimir Pacl, lo conosce?
- Certo che lo conosco, il profeta dell'orienteering in Italia!
Ottimo, allora non potrà negarmi il Suo aiuto, mi auguro
- Ma certo, mi dica cosa posso fare
Vede, Vladimir è ancora un grande appassionato di orienteering e non passa giorno che non dia un'occhiata a tutti i blog che ne parlano.
- Ma dai, non sapevo che ci fosse internet anche di là!
Sì, c'è, ma non mi interrompa. Vladimir, dicevo, oggi stava facendo il suo solito giro fra i nuovi post e ad un certo punto ha cominciato a urlare come un pazzo dicendo che non è possibile, che allora ha sbagliato tutto e che vuole assolutamente tornare di là.
- Di là di qua?
Sì, di là di là 
- Ma dai, neanche questa non la sapevo, si può anche tornare di qua?
Sì, si può, ma non lo fa mai nessuno, perché si ritorna nello stesso posto dove si è nati la prima volta e bisogna ricominciare tutto da capo.
- Cioè lui tornerebbe in Cecoslovacchia sotto il comunismo?
Sì, esatto
- Cazzarola, non proprio rose e fiori, non è venuto in Italia proprio per scappare da lì?
Sì, ma ha detto che deve tornare, per evitare che si arrivi a questo punto.
- Perché, potrebbe cambiare qualcosa di quello che ha fatto?
Certo, potrebbe rifare ogni scelta da capo, dalla prima all'ultima, e tutto, anche il presente, cambierebbe di conseguenza.
- E ha detto cosa deve tornare a cambiare?
Ha detto che deve tornare per non scappare più in Italia, che è meglio il carcere in Cecoslovacchia piuttosto che dover poi leggere certe cose.
- Addirittura! E cosa ha letto di così tragico?
L'ultimo scritto dello Scanner
- Chi? Lo Scairanner? Il mio libro?
Ma no, lo Scanner, quello panzottello impiegato!
- Ah, lo Speaker!
Ma sì, dai, Scanner, Speaker, cambia poco.
- Se lo dice Lei...
Comunque, Vladimir ha detto che non si è mai vergognato tanto in vita sua come oggi, che  meglio tornare a farsi torturare dai comunisti che avere una qualche responsabilità in quello che lo Spoiler ha fatto domenica scorsa
 - Speaker...
Sì, sì, Speaker. Ma Lei lo ha letto cosa ha fatto sto Speaker? Che Vladimir non me lo ha voluto dire.
- Eh, ho letto sì
E?
- Eh, piuttosto imbarazzante, effettivamente
Ma imbarazzante quanto?
- Eh, parecchio
Sì ma parecchio quanto?
- Guardi, lo stesso Speaker l'ha definite "la scelta più sbagliata, più sbagliatissima, più incomprensibile della storia dell’umanità orientistica planetaria"
Ah, però...
- Eh... ma dica un po', cosa c'entro io?
Ho pensato che se Lei scrive qualcosa di appassionante magari Vladimir si consola un po' e cambia idea, sa, il Capo non la prenderebbe bene se qualcuno tornasse di là
- E Lei ha pensato a me? Che onore!
Ma, a dire il vero ne ho chiamato qualcun altro prima, ma Larrycette mi ha risposto "San Pietro? Mai sentito nominare, è mica parente di San Daniele?", Orirauss era occupato con la Marty, il Manager aveva da fare su Facebook, Tenani e Corona sono via con la Forestale, Cosim-o è preso con i mondiali dell'anno prossimo, Madella, Eddy, Dipa e Rusky hanno smesso di scrivere,  Zonori è in anno sabbatico da due anni, Cjatile non scrive da giugno, Oriciobin da Agosto, Pillole di Orienteering da settembre, Tsitalia non supera mai le 3 righe, Zarf-o è occupato con le gare di Roma, Orizen pensa solo ai numeri e Orimaster mi sa che è meglio che non lo chiami dopo che domenica ha preso 9 minuti in una gara di centro storico... 
- Cioè io sarei l'ultimo della Sua lista?
...
- No, guardi, sono troppo stanco oggi
Ma dai, non faccia il permaloso, lo faccia per il vecchio Vladimir, che era anche amico di suo suocero!
- Beh, sì, in effetti è vero, gli ha anche regalato il berrettino azzurro...
E poi Lei è sempre andato bene al memorial Pacl, no? 
- Sì, è vero, ma quest'anno non posso neanche andarci, è durante le gare di Roma...
Dai, almeno le cartine dell'Arge Alp potrebbe metterle, era una gara internazionale, sono certo che a Vladimir farebbe molto piacere...

- Ah, già, l'Arge Alp, eh, potrei anche metterle
E poi non è neanche andato tanto male, no?
- Beh, dai, insomma, all'individuale sono andato discretamente, a parte una cappella all'inizio inizio che ho preso una salita per una discesa e ho sbagliato sentiero, e un po' troppa indecisione dalla 6 alla 7 che mi è costata più di un minuto e qualche posizione di classifica, però nella staffetta ho fatto un po' pena
Davvero?
- Eh, all'inizio per evitare di farmi condizionare dagli altri sono partito in testa e mi sono condizionato da solo, ci ho messo due lanterne a entrare in carta...
E poi?
- Poi ne avevo ripresi vari ma ho perso un po' di tempo alla 10, dove mi sono fatto attirare dai sassi sbagliati, e alla 16, dove ho perso un secolo perché come al solito mi sono fatto distrarre da due che non erano neanche della mia categoria.
Però è stato bello, no?
- Oh sì, bello è stato bello, c'era anche un sacco di neve, le cartine, soprattutto quella della staffetta, non erano per niente banali, in hotel c'era la sauna ed è sempre bello partecipare alle manifestazioni a squadre assieme alla rappresentativa del Trentino
Ecco, dai, da bravo, apra il pc e lo scriva, che a Vladimir farebbe tanto bene leggerlo
- Vabbeh, se insiste tanto io posso anche farlo, ma non so se è abbastanza per fargli dimenticare quello che ha fatto lo Scooter
Ma non ha detto che si chiama Speaker?
- Sì, ma sta volta se era uno Scooter era meglio...
Ah, vabbeh, ma Lei comunque scriva
Va bene, adesso mi metto lì e scrivo
Ecco, bravo, vedrà che gli facciamo cambiare idea al vecchio Pacl.
- Eh, speriamo vah, La saluto
Tanti saluti anche a Lei, e grazie!
CLIC.

 

11 ottobre 2013

O-marathon 2013


Il tempo è stato molto migliore del previsto, almeno per buona parte della giornata, e la carta era certamente bella, ma a me questa formula della O-marathon non mi ha convinto. Tre cambi di carta in zona partenza per 4 giri di lunghezza e difficoltà crescente. Più che una O-marathon (= una gara lunga in cui ti sposti da un punto all'altro anche con lunghi trasferimenti suggestivi e panoramici e nel frattempo fai anche orienteering) è stata una somma di 4 gare. Anche belle, soprattutto l'ultima, ma la O-marathon, almeno per me, era un'altra cosa. Sono comunque arrivato al traguardo in stato pre-comatoso (come può ben testimoniare lo scatto sotto di OriCosa&Coso), ben diverso dal baldanzoso giovane che era partito al mattino (come può ben testimoniare lo scatto sopra di OriCosa&Coso). Due menzioni particolari per le tratte 3-4, 4-5 e 6-7 dell'ultima cartina, particolarmente tecniche (infatti mi sono perso alla 4 e ho mangiato mirtilli per 20 minuti) e per la tratta 11-12 sempre dell'ultima cartina (quindi per me dopo 4 ore di gara) particolarmente bastarda: 25 (venticinque!) curve di livello.
Se tutto ciò premesso, avete ancora voglia di leggere qualcosa di mio sulla gara, potete andare sotto, dove ho riportato l'articolo scritto per Distance+, dove comincio a tentare di convertire quei pagani.



La O-marathon è quanto di più “plus” esista nel mondo dell'orienteering, ma è decisamente poco “trail”. In quella specie di caccia al tesoro che è l'orienteering, dove lo scopo del gioco è raggiungere nel minor tempo possibile una serie di punti segnati su una mappa, aiutati solo da una bussola, i sentieri sono infatti solo una botta di culo, e nella maggior parte dei casi non vanno dove servirebbe a te. Nelle O-marathon passate in realtà qualche metro in più sui sentieri si faceva, ma così non è stato quest'anno, quando dei 30 e passa chilometri della categoria dei più fighi, ne avrò corsi forse un paio su qualcosa che avesse l'aria di un percorso tracciato di qualche genere. Per il resto sono stati prati, rocce, sottobosco, cespugli di rododendri, piante di mirtilli e combinazioni varie di tutti questi elementi.

La O-marathon è stata inventata 6 anni fa dalla fervida mente di Roberto Sartori del Gronlait Orienteergin Team, quando trail e ultra trail li conoscevano solo gli adepti, ed era stata battezzata un po' pomposamente “una avventura lunga un giorno”. Abituati a gare fra i 10 e i 15 km, per gli orientisti una roba da più di 30 chilometri con quasi mille metri di dislivello sembrava davvero un'impresa. E non era un'impressione del tutto sbagliata. Se infatti in una sky-marathon l'unica lucidità che è necessario mantenere fino alla fine è quella sufficiente a distinguere una fettuccia segna percorso da un qualsiasi elemento della natura, nell'orienteering è assolutamente fondamentale arrivare fino all'ultimo metro, in grado di intendere e di volere pena. Perché in caso contrario alla fine semplicemente non ci arrivi più, e vaghi nel bosco fino alla fine dei tuoi giorni.

Quest'anno la gara si correva a Passo Coe, vicino a Folgaria, e prevedeva una formula con tre cambi di carta. In pratica, dopo la partenza e un primo percorso di 12 lanterne si tornava di nuovo al punto di partenza, dove si prendeva un'altra carta e si ripartiva per altri 14, poi di nuovo altra carta e altri 16 punti, per finire con l'ultima carta con altri 15. E naturalmente quel sadico del tracciatore aveva tenuto per ultimo il percorso più lungo, con più dislivello, e tecnicamente più difficile. Dopo un'estate di allenamenti e gare “plus”, mi sono presentato al via pieno di consapevole baldanza, certo che i più giovani avversari sarebbero schiattati dopo i primi venti chilometri. Così quando loro sono schizzati via allo start e li ho persi di vista quando non ero ancora arrivato alla seconda lanterna, non mi sono preoccupato affatto.

I primi 12 punti erano una specie di assaggio, non banali ma neanche troppo complicati. Un po' di prati, tanti semiaperti (che in gergo sono quelle zone in cui non sai bene se sei in un prato o in un bosco) e forme del terreno abbastanza comprensibili da non perdersi troppo. Ciò nonostante riesco a sprecare un paio di minuti alla lanterna 10, perchè ho stimato male, anzi, non le ho proprio stimate, le distanze, e così confondo una bucona per un'altra, non capendo più nulla quando me ne trovo davanti un'altra ancora. Quando ripasso dal via mi dicono che sono quarto, le gambe girano, e il morale è alto.

Il secondo percorso è ufficialmente di 5,3 km con 190 metri di dislivello, ma sono misure del tutto indicative, dato che sono prese in linea d'aria da una lanterna all'altra. C'è da correre e da salire e scendere, più prato che bosco questa volta, ma tecnicamente fino alla 9 è tranquilla. È vero che io comunque un minuto abbondante per andare alla 8 lo perdo, ma è solo perchè dovevo andare via perfettamente in curva (che in gergo vuol dire proseguire lungo la costa della montagna senza salire né scendere, seguendo idealmente la curva di livello) e invece alla fine sono salito un botto. La tratta dalla 9 alla 10 invece è bella tosta, perchè manca una linea di conduzione, cioè qualcosa di evidente da seguire. Bisogna studiarsi per bene la carta, capire cosa dice, e scegliere il percorso più breve ma anche più sicuro per arrivare alla roccia vicino alla quale è segnata la lanterna. Decido di evitare la linea più diritta, dato che in carta sono segnate forme del terreno incasinatissime e quindi molto difficili da riconoscere, e allungo un po' per appoggiarmi a due avvallamenti piuttosto evidenti. Si rivela una buona idea e in zona punto raggiungo due dei giovincelli che mi avevano staccato. Quando poi, dopo che ho trovato la 11, li vedo in un posto che non c'entra nulla mentre ancora la cercano, scappo via tutto soddisfatto e mi appresto a finire anche la seconda carta. Al nuovo cambio addento il panino che un addetto dell'organizzazione stava mangiando in un posto troppo vicino al mio passaggio e bevo un paio di bicchieri d'acqua. Come scoprirò più avanti era meglio se di morsi ne davo un paio di più, ma riparto ancora di slancio.

Questi nuovi 16 punti sono molto filanti, con molto prato e una tratta da quasi un chilometro e mezzo quasi tutta su forestale. Dato che uno dei giovincelli che avevo superato mi ha raggiunto, non lesino entusiasmo sulla forestale, spingendo ad una andatura che mai mi sognerei in una gara di trail (e che naturalmente pagherò dopo) e tenendolo sempre un paio di metri dietro. Quanto torniamo in partenza per l'ultimo cambio di carta siamo ancora insieme. Però, gli altri giovincelli non sono ancora crollati, strano. Prima di ripartire arraffo tre biscotti secchi e mezzo pugno di uvetta, mi si incolla tutto giù per la gola, ma è meglio di niente. Se penso a quanto nelle mie ultime gare extra long ho curato l'alimentazione durante la gara, con il senno di poi mi sento proprio un pirla. Ma del senno di poi...

Ingoiato in qualche modo il pastone riparto per l'ultimo giro. Non ho il coraggio di guardare cosa c'è scritto nella casellina “distanza”, ma so che all'appello manca il giro da 9 km e rotti. Già alla 1 semino uno o forse più minuti in una odiosa zona di semiaperto: è vero che la lanterna è in una buca nascosta da una parte da un cumulo di sassi e dall'altra da un albero, però avevo riconosciuto bene il posto dove doveva essere e ci ho girato intorno scioccamente. Altri secondi persi alla 2, non lontana da un sentiero, dimostrando che la lucidità non è quella di un paio di ore fa. La 3 è bastardissima. Già per arrivarci nei paraggi bisogna studiarsi molto bene avvallamenti e collinette per quasi un chilometro, poi quando ci arrivi a pochi metri non la vedi comunque. È una di quelle lanterne “da istinto”, che trovi solo perchè “senti che deve essere lì”. Arrivato in vista della buca dove suppongo che sia, prima devo evitare di cadere nei micro crepacci che la circondano, poi devo arrivare fin sul bordo per vedere il telo bianco e arancione, e poi devo scavalcare vari rami per riuscire a scenderci. Ma che soddisfazione! Riparto abbastanza entusiasta per la 4, che a vederla sembra ostica, e invece sarà fatale. Mi ci avvicino con tutta la cautela del caso, tentando inutilmente di riconoscere delle forme del terreno che mi sono del tutto oscure. Quando penso di essere arrivato dove dovrebbe essere, la lanterna non c'è, e niente intorno a me mi aiuta a capire dove sono. Prima di trovarla vagherò nella zona per più di 20 minuti, parte dei quali trascorsi a mangiare mirtilli, dato che ce n'erano un sacco e ormai la gara era andata.

Trovata alla fine e molto per culo la lanterna, e deciso che fa troppo freddo e sono troppo poco vestito per dedicarmi anima e corpo alla scorpacciata di frutti di bosco, riparto verso la 5, che, pur non essendo altrettanto difficile, mi mangia comunque altri 5-6 minuti per carenza di ossigeno ormai conclamata al cervello. La 6 è vicina, la 7 e la 8 mi graziano perchè anche se sono lontane, almeno sono in discesa. Per la 9 si sale un po', la 10 e la 11 sono interlocutorie, e la 12 è la mazzata finale: 25 curve di livello da superare in 500 metri, che, dato che ogni curva rappresenta un dislivello di 5 metri, vuol dire un totale di 125 metri. Quest'anno ho corso gare da 3600 metri di dislivello, ma nessuna salita mi ha depresso più di questi 125 metri, percorsi poco più che passeggiando, con le gambe in riserva e la fame che si era ormai completamente impossessata di me, tanto da sognare di trovare almeno un porcino da divorare a morsi.

Ma niente da fare, solo una fragola del peso di un paio di grammi. Almeno non sbaglio neanche di mezzo metro e trovo la lanterna al primo colpo, meritandomi, prima degli ultimi 50 metri di dislivello, un po' di discesa per rifiatare. All'arrivo sono più cotto che alla fine della Maddalene Sky Marathon e trovo i giovincelli che avrebbero dovuto scoppiare freschi e ormai quasi riposati, dato che sono arrivati da mezzora. Fa male al morale, ma per le 3 ore successive non penserò ad altro che a mettere roba nello stomaco. Magari un paio di barrette in tasca non avrebbero proprio dato fastidio.

3 ottobre 2013

Val Badia 2013

L'ho già menata talmente tanto con la Val Badia negli anni scorsi, che non occorre che stia qui di nuovo a dire che è un bellissimo posto dove fare orienteering (e qualsiasi altra cosa, per altro, ah, no, peraltro). Confermo che era bellissima anche quest'anno, e proseguiamo.

Oltre ad essere bellissima, è anche un posto con il quale ho sempre avuto un certo feeling, dato che ci ho corso 3 volte e sono arrivato tre volte sul podio. Sarebbe un peccato rovinare la media, e quella di sabato sembra una gara fatta apposta per me, un centro storico da correre molto, senza Cipriani e Buselli da cercare di seminare. Anche qui, è inutile menarvela punto per punto. Ho vinto. Ci ho impiegato un po' a capire che quelle roselline non erano tutte strade asfaltate ma bisognava stare attenti a come era sgnato il bordo (tratteggiato=sterrato, continuo=asfalto), ho perso il solito mezzo minuto abbondante per posare per il fotografo (Emiliano Corona, appostato dalle parti della 7, dal quale mi sono lasciato distrarre quel tanto da partire come un missile per la direzione sbagliata e dover fare la circonvallazione per arrivare alla 8), ho mancato la stradina giusta scendendo da quella prima per andare alla 13, potevo fare una scelta impercettibilmente migliore andando alla 16 dal sentierino fra le case invece che dalla strada, e ho fatto una scelta impercettibilmente migliore andando alla 17 dal prato invece che dalla strada. 

Mi avrebbero fatto una bellissima foto sul podio, con tanto di maxi assegno della Heissman che mi ha elargito 100 euro di consumazione prova, ma nessuno dei miei fan me l'ha mandata, quindi passiamo oltre. Anzi no, adesso me l'hanno mandata, quindi la posso aggiungere, che mi hanno sempre affascinato le premiazioni con gli assegnoni (in questo caso i 200 erano da dividere fra M e W e non erano in contanti, ma l'assegnone fa sempre la sua porca figura).


La domenica si torna in quel posto bellissimo dove ho fatto la foto di sfondo di sto blog, ma sta volta da lì si andrà in giù, invece di scorrazzare per i prati che tante soddisfazioni mi hanno già dato. 

Dopo una notte in tenda nel bosco per l'operazione spendingreviu, arrivo alla gara baldanzoso come sempre, e baldanzo fino alla 3 dove raggiungo e supero Eddy partito 6 minuti prima di me. Poi un po' scatta il solito meccanismo "oddio sto correndo assieme a qualcun altro vediamo cosa fa, no non guardiamolo, no devo solo non pensarci ecc. ecc. ecc.", e un po' devo prendere atto che semplicemente lui quel giorno ha più gambe di me. È parecchio scocciante, ma mi ritrovo dalla parte insolita di quelle coppie in cui uno corre come un matto e l'altro lo continua a raggiungere perché il primo sbaglia. Io faccio quello chirurgico, lui quello esuberante. Peccato che alla 10 il chiru porta l'esu in tanta mona e entrambi ci perdono allegramente 4 minuti, principalmente per il fatto che il chiru non si è preso la briga di vedere con i suoi occhi il laghetto da cui voleva attaccare il punto, né di contare quante curve doveva scendere, e l'esu si fidava del chiru. Da lì in poi continua il tira e molla fra me e Eddy, ma ho sul morale, oltre che le sue continue ripartenze per me in quel momento incontenibili, i 4 minuti persi, e in più non è che sia proprio giornata (tipo, per la 10 bastava buttarsi nel vallone fino a sguazzare nel laghetto di cui sopra e poi andare via in curva, mentre io scendo tutto circospetto chissà per quale motivo). 

L'ultima volta che raggiungo Eddy è alla 17, poi mi semina definitivamente, dato che io faccio le ultime 7 lanterne benino ma con andatura da fungaiolo. Al traguardo mi mangio una dozzina di mezze brioches annaffiate da 5 o 6 bicchieri di thè, confessando così a me stesso che ero anche discretamente in crisi di zuccheri, e poi ripiglio la funivia per andare in zona ritrovo, in cima al Piz Sorega.

Rovino la mia media badiota con un quarto posto a un minuto e un po' da Ingemar, ma non rosico neanche tanto, perchè non mi sarei proprio meritato di più (e oltretutto prima di me si sarebbe piazzato anche SGrassi, che è partito prima del via per motivi famigliari, ed è stato tradito dal finish che misteriosamente non ha funzionato). Non un gran modo per terminare la Coppa Italia, ma del resto l'avevo cominciata anche peggio, quindi va bene così.


20 settembre 2013

Sellaronda running


Chi ha corso in Val Badia non può non ricordare quel panettone di roccia che si erge a est di Piz Sorega (e se non se lo ricorda, basta che guardi in alto a destra...). È il gruppo del Sella, ed è bellissimo. La Dolomites Sky Race ti ci porta in cima, ma c'è una gara che ti fare tutto il giro. L'anno scorso dopo la  staffetta a Corvara del TdR, tornando in albergo avevo visto arrivare, verso le 16, gli ultimi concorrenti. Erano partiti alle 6, e allora la cosa mi sembrava un po' fuori.


Un anno dopo, e soprattutto per colpa di quelli dell'Er-team che l'inverno scorso mi hanno istigato all'Ultrabericus, parecchio fuori ci sono arrivato anch'io, così mi sono iscritto al Sellaronda Running, perché ormai nella mia mente malata 56 km con 3650 metri di dislivello sono una passeggiata. Quello che ne è venuto fuori, l'avevo pubblicato sul sito di DistancePlus, con cui, grazie ai contatti nati con il mio libro, avevo iniziato una breve collaboraizone, ma dato che ormai sul loro sito non c'è più, lo copioincollo sotto al filmato che spiega meglio di qualsiasi altra cosa il Sellaronda Running.


Il cielo è limpidissimo e trapunto di stelle, ma basta provare ad avviarsi lungo quello che sarà il primo tratto di gara fuori dal paese, per capire che si riuscirà a correre anche senza frontale. È freddo, ma è un freddo bello, di quelli che basta iniziare a correre perchè passi e il calore dentro vinca su quello fuori. Manca poco più di un'ora all'alba, e se ho fatto bene i conti prima che il sole inizi a toccare le cime più alte, io sarò lì davanti a guardarle.

È il secondo motivo per cui sono qui. Il primo è che mi sono innamorato del gruppo di Sella. Sindrome di Stoccolma la chiamano, quando ti innamori del tuo rapitore. Io mi sono innamorato del massiccio che per primo mi ha fatto sputare l'anima in salita correndo la Dolomites Sky Race di qualche anno fa, e che mi ha concesso di smettere di correre quella gara solo dopo essermi impegnato a farci tutto il giro in un giorno solo. Sellaronda lo chiamano, prima era solo un carosello sciistico dove in giù ti portavano gli sci e in su le seggiovie, poi hanno iniziato a farlo in bici sulle strade dei passi Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo. Poi ci hanno organizzato una gara di scialpinismo, e in questi ultimi anni dove la corsa ha conquistato spazi inaspettati, hanno pensato bene di farci anche una gara di corsa. E dopo un anno da quando la gigantografia aerea del Sella campeggia nella mia cucina, ho deciso che quella gara non potevo perdermela.

Quest'anno la partenza è da Canazei, quindi si inizia con il passo Sella. A parte un breve tratto nel bosco, molto suggestivo correndoci immersi nell'oscurità, fino in cima è una strada forestale larga e non troppo pendente, dove viene voglia di spingere. C'è quella luce sospesa che precede l'alba e, quando nelle vicinanze non c'è un “racchettaro” che fa casino con i bastoncini che picchiano sui sassi, il silenzio è rotto solo dai passi di chi corre. Quando il panorama si apre, dietro di noi il ghiacciaio della “regina delle Dolomiti” è appena spolverato di rosa, e io rischio di cadere o di slogarmi il collo, a forza di girarmi a guardarla, la Marmolada. Poi non occorre più girarsi, perchè davanti compaiono il Sassolungo, il Sassopiatto e il Cinque dita, con le cime arroventate dall'alba. Mille spaccature e mille guglie che proiettano mille ombre lasciandomi senza fiato. Potrei anche tornare a casa, ne è già valsa la pena. Ma invece siamo solo all'inizio ed è già tempo della prima discesa lungo le piste che portano in val Gardena. E chi l'ha detto che una discesa non è bella se non è tecnica: con le Odle davanti, il Sassolungo e il Sella dalle parti, cosa c'è di meglio che lasciar andare le gambe senza preoccuparsi troppo di dove vanno i piedi?

A Selva sono poco dietro a quella che arriverà terza fra le donne, ma ancora non so che vuol dire che ho tirato un po' troppo sulla prima salita, messa lì apposta per punire i presuntuosi e gli sprovveduti. Passato il ristoro dove lo speaker parla da solo, si torna a salire. Ancora strada forestale nel bosco, ma stavolta la pendenza è più impegnativa. Davanti corrono due donne carine con cui mi piacerebbe correre, ma che non posso permettermi di provare a raggiungere, dietro non si vede nessuno, sono da solo nel bosco e va bene così. Quando manca poco al passo si vede lassù il sole, che mi riscalda per la prima volta solo una volta scollinato. Davanti si apre la val Badia inondata di luce e fra me e lei un pendio di gobbe erbose dove corre un bel sentiero, e corro anch'io. Due passi sono andati, ne mancano solo due, e penso ancora che sarà quasi una scampagnata.

Si arriva a Corvara senza quasi accorgersene, mentre il Pisciadù e la Val di Mezdì, le facce più belle del Sella verso la val Badia, hanno perso il colore dell'alba, ma rimangono uno spettacolo. Dopo il ristoro tre metri di piano, e poi si torna a salire, prima sulle piste, e poi su un sentiero che sale molto più ripido di quanto mi aspettassi e di quanto avrei desiderato. Comincio a pensare che i 56 km con 3650 metri di dislivello di questa gara non saranno la passeggiata di piacere che chissà perchè mi ero immaginato. In mezzo alla selva il tizio che mi sembrava attaccato alle mie natiche si rompe le palle della mia andatura da pensionato e mi stacca, eppure riesco ancora a correre quando la pendenza cala un po'. Quando ci affacciamo sulla pista da sci che parte da quello che io penso essere il passo, compaiono le Tofane, che sono bellissime, ma non bastano a spingermi ad una velocità dignitosa su per la rampa che mi aspetta. All'arrivo dell'impianto di risalita c'è il ristoro, ma la salita non è finita per niente e ci porta ancora su, fino a raggiungere un sentierino fra i sassi che finalmente scende verso Arabba. Gli ultimi tre che mi hanno superato in salita si allontanano agili, io faccio quello che posso, con nelle gambe i tre passi conquistati, e negli occhi il quarto, Porta Vescovo, che dall'altra parte della valle troneggia inequivocabilmente più in alto di dove mi trovo in quel momento.

Superato il ristoro del fondovalle di Arabba, l'amena stradina nel bosco lascia ben presto il posto ad un sentiero stretto e ripido, altrettanto ameno, ma che richiederebbe una dose di energie ben maggiore di quella che mi è rimasta. Non ho il coraggio di alzare gli occhi verso il Sella, perchè si vede troppo bene quanto in alto sta il punto da cui vedevo Porta Vescovo ancora più in su, ma mi vengono due ottime idee: la prima è di rallentare prima che siano le gambe ad obbligarmi a farlo, la seconda è di pensare ad altro per farmela passare un po' più in fretta. Quando il sentiero si apre di nuovo sulle Tofane, ho progettato uno spot radiofonico per la mia fiera di fine ottobre e pianificato un altro paio di cose e il peggio sembra passato. Ad una svolta in mezzo alle trincee appare l'ultimo pezzo di pista che porta in cima, e che da lì sembra abbia una pendenza ragionevole. Una volta che ci arrivo si dimostra che in realtà non è ragionevole neanche un po', ma ormai sono lì e manco poco. Stringo i denti e mentre mi sorpassa un altro più pimpante di me mangio la prima neve di stagione: considerando che l'ultima della stagione scorsa l'ho mangiata poco più di due mesi fa, l'estate è stata un po' corta.

Il ristoro di Porta Vescovo è una specie di paradiso, e dicono anche le parole magiche: da qui solo pianura e discesa. Lì davanti troneggia la Marmolada, così vicina che pare di toccarla. Sarebbe uno spettacolo davvero incantevole, ma in questo momento l'unico panorama che desidero davvero vedere è la piazza di Canazei con l'arco di arrivo. Da lì a passo Pordoi c'è un bel sentiero largo e prevalentemente in discesa, e sarebbe davvero un piacere correrci se i 45 km già nelle gambe non si facessero sentire un po' troppo. È solo a 5 km dalla fine, e solo perchè sono tutti in discesa, che decido che ormai è fatta e lascio andare tutto, riuscendo anche a superare un concorrente con cui ci siamo passati e ripassati almeno 5 volte nel corso della gara.

Nessuno per centinaia di metri davanti e nessuno per centinaia di metri di dietro, il mio sarebbe un arrivo in solitaria da grande campione, se non fossero passate quasi otto ore dalla partenza e non ne fossero già arrivati 50 prima di me, di cui il primo ha già avuto il tempo di fare la doccia, pranzare e farsi anche un abbondante pisolino pomeridiano. Comunque, proprio bello il Sellaronda Running.

12 settembre 2013

Campionato Italiano Long: non è destino


Io e il campionato italiano long non siamo evidentemente fatti l'uno per l'altro. Nonostante sia arrivato all'appuntamento in condizioni fisiche fantasmagoriche e in condizioni tecniche sufficienti, e abbia adottato nei giorni precedenti alla gara un profilo così basso che neanche Cenerentola, non è andata neanche questa volta. Alla medaglia ci sono arrivato più vicino del solito, ma non sono stato abbastanza bravo neanche sta volta.

Trasferimento in cabinovia fino alla zona arrivo e poi in seggiovia fino alla partenza, c'è un pelo troppo vento ma è un gran bel posto. Non è la Val Badia, ma non ci manca moltissimo. Alla partenza sono concentrato e motivato, e in riscaldamento le gambe hanno detto che ci sono.

Ma sono pur sempre due mesi che non prendo in mano una cartina, così alla 1 invece di attraversare dritto la palude faccio un giretto da sotto, e alla 2 invece di andare via in curva faccio un altro giretto da sotto. Dopo 2 lanterne ho già due minuti dal primo, Carlo Cristellon, che ci ha messo meno di due minuti per farle entrambe, ma la gara è lunga. Per la 3 sperimento se è vero che con tutta sta corsa in montagna le gambe tengono bene anche in discesa, e mi butto gagliardo giù per la pista da sci. Sì, è vero, miglior tempo con 7'' di vantaggio su CC. Per la 4 invece sperimento se è vero che con tutta sta corsa in montagna non mi ricordo più come si fa orienteering, e invece di prendere subito la strada sotto la costruzione salgo ad attraversare un ponticello che ha il solo merito di essermi piaciuto mentre ci passavo sopra in funivia. Sì, è vero anche questo, e quando rientro in me vedo laggiù Ingemar, partito 2' dopo di me, che entra nel bosco 10 curve sotto di dove sono malauguratamente andato a finire. 3 i minuti gentilmente regalati agli avversari. Per fortuna la 5 chiede solo di andar su dritti, e andando alla 6 pare che io sia rientrato in possesso delle mie facoltà orientistiche di base. Alla 7 riduco a soli 12'' (su tre minuti) il distacco dal miglior tempo, entrando al momento giusto nel bosco dopo la pista, ma uscendo probabilmente troppo tardi da quello prima, dove si correva male e si rischiavano le caviglie, fra i mirtilli e le zollone di erba.

La 8 è la mia lanterna migliore, 32'' meglio di CC: io mi limito a buttarmi nel bosco, superare il torrentello e scendere lungo il lato sinistro di un evidente boschetto di abeti nani e verdissimi. Da lì c'è la tratta "lunga", bisogna scegliere se andare in curva nel bosco o scendere e salire lungo le piste. La costa non mi sembra bellissima, correre corro, e allora giù e su. Gli split dicono secondo tempo con 24'' di distacco da CC, ma può essere che me ne giochi parecchi arrivando alla pista cincischiando nei verdini, e un altro po' con un rallentamento in zona punto. In ogni caso correndo nei prati e in salita nel bosco supero e stacco Stefano Gottardi che partiva 6 minuti prima di me, e alla 9 sono terzo,  a tre minuti esatti da CC e a 37'' da Buselli.

Ho ancora la SI card nella stazione della 9 che mi sto già lanciando lungo la linea di massima pendenza verso la 10, tenendomi a est del vallone. Arrivato sul piano vedo alla mia sinistra la piazzola con radura, oriento la bussola e mi lancio in azimut verso la 10. Mi affaccio dal piano e mi appare... Marco Bezzi. Tre i pensieri che si affacciano alla mia mente:

1) "Sono caduto in braccio a Bezzi, quindi la lanterna è qui, quanto sono figo!"
2) "Bezzi è partito un secolo prima di me, quindi sono un orientista!"
3) "Perchè Bezzi sta bestemmiando in tutte le lingue del vecchio continente?"

Molto in breve, era lì da mezzora, e non aveva ancora trovato la lanterna. Ora, se Marco Bezzi mi dice che la lanterna non c'è o non è dove dovrebbe essere, io chi sono per non crederci? Considerando che lì intorno ci sono anche Andrea Gobber, Giuliano Rampado, Manuel Negrello, e più tardi anche Simone Grassi e non mi ricordo chi altro, che pascolano nel bosco, dopo una decina di minuti di avanti e indietro più che altro per poter dire di aver cercato, decido che la lanterna non c'è o non è dove dovrebbe esserci, e me ne vado.

Ora, non si sa se la lanterna era dove doveva essere (se qualche buon'anima ha una traccia gps la vedrei volentieri, dato che proprio quella mattina il bagagliaio si è masticato il mio, di gps, e non ho potuto usarlo in gara), ma sicuramente c'era, dato che in molti l'hanno trovata. Chi in meno di 3 minuti come CC, Ingemar e Ruggiero, chi in 9 come Buselli, chi in 12 come Bianchi, chi in 28 e 50 come Simone Grassi. Numeri dai quali sembrerebbe di capire che qualcosa che non andava ci fosse, ma rimane il fatto che qualcuno l'ha trovata al volo e questi qualcuno hanno quindi meritato la medaglia.

Per quanto mi riguarda da lì in poi ho fatto finta di non aver fatto PM e ho tirato quanto potevo. Per la 11 bisognava correre quanto possibile su piste e sentiero e poi si attaccava bene dal tavolo con panca, per la 12 si poteva salire al sentiero e poi scendere dai torrentelli o andare via in costa e poi dare un'occhio in su dopo il torrente verdino, per la 13 si poteva cercar rogne entrando subito in costa o andarsela a prendere comodamente dall'alto superato il torrente (magari senza scendere stupidamente prima della pista per poi risalire, come ho fatto io). La 14 era via in costa, la 15 più o meno anche, per la 16 si saliva fino ad avvistare la radiciona (con tutto l'albero attaccato) e per la 17 bastava averne ancora e arrampicarsi, prima dello sprint a S in discesa.

Come orientista direi che sono come minimo stato rimandato al prossimo appello.

La staffetta? L'ho corsa in seconda frazione perché in teoria il mio compagno doveva partire per tornare a casa appena finita la sua gara, e da ultra competitivo (per quanto in via di miglioramento) quale sono, mi è sempre difficile partire per una gara quando quello della mia categoria partito subito prima di me, è già andato da 20 minuti abbondanti. Ho fatto il mio compitino, in una giornata molto umida e bagnata, ma meno di quello che minacciava di essere. C'era tanto da correre, ma non solo. Io ho buttato un sacco di tempo alla 4 perché non sono uscito subito sul semiaperto come mi ero riproposto di fare, ho arrancato più del previsto per arrivare su alla 7 e mi sono fermato a cercare la 16 nel boschetto prima delle seggiovie, dimostrando di essere ormai alla frutta. Nel complesso, senza infamia e senza lode.

Chiudo con un grandissimo in bocca al lupo al mio Suocero Presidente,  che durante il fine settimana apricano non si è sentito bene (c'è chi dice, per non aver retto l'emozione di aver battuto Ernesto Rampado nella gara di sabato). L'hanno tenuto in ospedale per accertamenti e lui è tutto agitato perché deve preparare la gara della Vela del 21 settembre. Tanti, tanti, tanti auguri!