5 settembre 2017

Me - Bo

Sulla via per l'Adamello (per il quale sto coltivando attivamente tutti i miei migliori sentimenti, struggendomi su foto e filmati stupendi) ho pensato di ricominciare da dove avevo finito, agonisticamente parlando. Negli ultimi 30 km della Südtirol Ultra Sky Race, quelli dove ignobilmente strisciato, avevo pensato che erano dei gran bei posti dove correre, in condizioni più decenti di quelle in cui ci ero arrivato.

Così domenica, visto che ero a Merano per i campionati trentini sprint di orientamento (una formalità da 17' di cui parlerò altrove...) ho deciso di salire alla Meraner Hütte e da lì andare a Bolzano ripercorrendo appunto quegli ultimi 30 km. Come la Me-Bo, la superstrada Merano-Bolzano.

L'idea non era male, e effettivamente mi sono goduto molto di più il tracciato, dove c'erano ancora i bollini gialli per cui non dovevo star lì a guardare la cartina a ogni bivio. Ho solo un pelo sottovalutato il tempo che mi sarebbe servito per salire da Merano alla Meraner, un po' perché di fatto non mi ero mai messo lì davvero a cercare ci calcolarlo, un po' perché all'ultimo momento vedendo su il profilo sexi dell'Ifinger Spitze, non ho resistito alla tentazione di andare almeno fino alla forcella lì a fianco, allungando parecchio la strada (ma il posto effettivamente valeva lo sforzo).

Ho iniziato i famosi "ultimi 30" (qualcosa di meno in realtà, 27 km e qualcosa) con nelle gambe 20 km e 1900 metri di dislivello, che non sono pochissimi, ma sono parecchio meno dei 90 e 7000 e rotti con cui ci arrivavano i concorrenti della SUS. Infatti ho battuto tutti! Io allora ci avevo messo 4h42', il primo ci aveva messo 3h11', la mia amica francese 3h18': io questa volta ci ho messo 3h4'. Il che vuol dire che con soli 70 km in meno di lui nelle gambe, potrei essere competitivo con Daniel Jung.

Durante la discesa mi sono fermato qualche secondo in più su quel cocuzzolo molto suggestivo dove ci sono gli "Stoanernen Mandln", cioè gli omini di pietra. Naturalmente proprio lì la batteria della mia (nuova) macchina fotografica ha deciso che era stanca, e che più di una foto ogni mezzora non l'avrebbe fatta. Così addio autoscatti fra gli omini, e ringraziare che sono riuscito a farne una con Sciliar e Sassolungo innevati sullo sfondo. Sarebbe stato da fermarsi lì a sognare un po', ma mi hanno fatto girare le scatole l'ammutinamento della macchina fotografica e la presenza di un ciclista.



Ancora di più mi avrebbe fatto girare le scatole non riuscire ad immortalare "le mie allucinazioni", ma la fotocamera ha avuto pietà di me e mi ha concesso un paio di "selfie". I tre amici nella foto qui a lato fanno parte di una serie installazioni artistiche poste su una forestale poco prima di San Genesio. Solo che io sono passato di là all'inizio della seconda notte di gara, quella in cui capita spesso che il cervello faccia un po' di casino e veda cose che non ci sono. Così quando ho iniziato a vedere cose tipo i tre in piedi vestiti da contadini in piedi vicino ad un albero di notte, mi dicevo che quello che vedevo non era reale, salvo poi scoprire che invece lo era, e andare ancora più in crisi. Come se non fossi già in crisi abbastanza.

Comunque, sta volta niente crisi, in tutto 48 km e 2400 metri di dislivello, un altro mattoncino verso questo (lungo) paradiso qui sotto...









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