27 novembre 2017

Grigna e Grignetta

Quest'anno io e Mario Ruggiero non ci siamo (purtroppo) incontrati molte volte sulle carte di orienteering, ma lui deve avere ancora parecchia paura di me, perché domenica scorsa ha chiaramente tentato di togliermi di mezzo una volta per tutte.

Dopo la mia pessima prestazione nel Nirvana Raid del giorno precedente, bisognava dare un senso alla mia trasferta Lecchese (5,5 ore di regionale per andare, 5,5 ore di regionale per tornare...) e il mio "amico" mi ha proposto una corsetta sulle sue montagne. Fra il Resegone e la Grigna, non ho avuto dubbi, perché della seconda avevo sentito parlare parecchio, e perché avevo anche sentito la (tristissima) canzone che ne parla, e mi era rimasta impressa. Così quando mi ha proposto di partire da Pian dei Resinelli, traversata alta e poi traversata bassa, ho accettato con entusiasmo, sottovalutando la domanda che mi ha buttato lì ad un certo punto "se c'è qualche roccetta non hai problemi, vero?" e le due mezze parole che aveva mugugnato su un certo Canalino Federazione e la neve.

Inizio "soft", per modo di dire. È ripidissimo dal primo metro, ma per un po' sembra una normale gita in montagna, invece che un tentativo di omicidio. È spiacevolmente evidente che in qualsiasi momento Mario potrebbe piantarmi lì e sparire all'orizzonte, perché mi è fisicamente superiore di un paio di spanne. Però potrebbe anche essere tutta colpa del diverso fuso orario fra qui e Trento.

Le roccette aumentano poco a poco, fin che arriviamo davanti alla gemella della scaletta che mi aveva gettato nel panico un paio di anni fa (e di cui avevo raccontato qui): decinaia di metri di ferro che salgono verso il cielo, di cui i primi anche un po' spanciati in fuori. Noi naturalmente non abbiamo neanche un moschettone da portachiavi, e del resto le segnaletiche non parlavano minimamente di "sentiero attrezzato". Sono abbastanza anziano da non vergognarmi più di avere paura, neanche davanti al mio acerrimo rivale, me scopro con molta sorpresa e altrettanto piacere, che sono molto meno pauroso di quello che pensavo di essere diventato. Salgo in scioltezza come a 15 anni, e non una mano e un piede alla volta, terrorizzato come due anni fa. Forse è il fatto di non essere da solo a fare la differenza (ma mi guardo bene dallo spiegare alla mia psiche che, se cadessi dalla scala, il mio compagno al massimo potrebbe raccogliere i pezzi sparsi in fondo).

Dopo aver superato il canalino con la prima catena, più scenografica che altro, la mia macchina fotografica malamente infilata nel porta borraccia, si tuffa giù dal pendio per una decina di metri. Mario scende a recuperarla, ma nessuno dei due si accorge che cadendo si è aperto lo sportello della batteria, lei è uscita, e lui si è richiuso. Lo scopriremo solo in cima, tendando di fare una foto insieme. Rimane solo il suo smartphone, a testimoni-are i pericoli in cui mi ha ficcato poi.

Arriviamo ad un bivio: a destra si sale in un canalone pieno di pietroni, a sinistra per un normale sentiero. Ovviamente Mario va a destra. Più o meno da quando siamo partiti parliamo di quanto è importante la sicurezza in montagna, e lui mi elenca le volte in cui non lo è stato per niente. E mentre io  perdo fiducia nella mia Guida, nel sentirlo raccontare, insieme continuiamo a perdere il sentiero perché guardiamo più il panorama, che i segni sulle rocce. Un canalone in discesa con catena e inizio di neve mi crea qualche preoccupazione (ma non ancora paura), e una successiva risalita su sentiero coperto da 3-4 cm di neve (ramponcini? naaaaaa..., quando mai), anche.

Ci ricongiungiamo finalmente con la "normale" da cui sale una processione di gente di tutti i tipi, e fra loro un bassotto tedesco, lungo mezzo metro e con le gambe di 10 centimetri ciascuna. Sembra uno che sa il fatto suo, ma come farà a scendere rimane un mistero. Noi per fortuna le gambe le abbiamo un po' più lunghe, superiamo con spavaldo slancio tutti quelli che incontriamo, e ci issiamo sulla Grignetta, con la sua croce e la sua navicella spaziale. Dato che siamo due poco contemplativi, e fa freschetto, ripartiamo subito.

Il mio aspirante carnefice mi conduce in una direzione dove sembra esserci il nulla, invece c'è un comodo passaggio su rocca innevata, con catena al servizio, dove persino lui mi dice "qui devi stare attento a non fare cazzate". Che tradotto dal suo linguaggio da quindicenne esaltato vuol dire: "se cadi qui, muori di sicuro". Ci metto una certa attenzione, anche se in realtà ho avuto più difficoltà su un passaggino precedente, senza catena, dove per notevole sfiducia nella tenuta delle mie scarpe sulla roccia gelata, mi concedo finalmente un minuto di sana paura, e chiedo a Mario di farmi sicura tenendomi un piede (dai, una volta si può...).

Poi arriviamo al Canalino Federazione, quello dove lui dice che fa freddo anche in estate, ma gente che saliva ci ha detto che "le catene sono tutte fuori", e ci ha anche rassicurato con una frase in milanese stretto che significava che se hai le gambe lunghe non hai problemi. E quanto a gambe lunghe, non posso lamentarmi.

Il Canalino è all'ombra, c'è parecchia neve, c'è un vento gelido, ma ho ormai preso un po' di confidenza con la roccia e le catene, e la neve è abbastanza morbida da affondarci, e quindi non si scivola. Oserei quasi dire che non è un tratto pericoloso (ma per sicurezza Mario non ha voluto lasciare prove fotografiche), e ringrazio il mio santo guscio in goretex.

Da lì alla cima della Grigna (o Grigna settentrionale, i Grignone, scegliete voi) dobbiamo scendere ancora un po' nella neve (gran freddo ai piedi!), fare qualche pas-saggio delicato misto roccia - neve, e salire qualche altro km di catene, ma ho ritrovato confidenza con la roccia, e mi diverto anche (nono-stante lui vada evidentemente più veloce, sigh...).

La cima è un gran bel posto, e la giornata continua ad essere spettacolare, però è freddo e io ho ancora una vaghissima speranza di prendere il treno che Mario mi aveva promesso che sarei riuscito a prendere. Non ci vorrà molto a capire che è una speranza del tutto irrealizzabile, ma ci buttiamo giù veloci come due veri trail runner, e chiudiamo il cerchio con la traversata bassa, in un bel bosco di faggi, in poco meno di 5 ore e mezza.

Sulla altimetria del mio gps (qui sotto) c'è da dire che lo strumento non era in gran forma quanto a quote (la Grigna è 2400, non 1370), che il "buco" sulla cima è il tempo che abbiamo impiegato a bere una lemonsoda nel rifugio (e a invidiare un piatto di gnocchetti ai quattro formaggi ad un tipo che li mangiava), mentre quello poco prima della fine è la sosta merenda alla panetteria di Pian dei Resinelli (e il pezzettino dopo la sosta, sono i 600 metri che ho fatto intorno al parcheggio, per arrivare ai 20 km tondi...).

Dato che non è riuscito a farmi fuori, l'anno prossimo tenterò ancora di batterlo.

2 commenti:

  1. Ma ogni tanto qualcuno ti/vi ricorda che a casa hai/avete una moglie e dei figli?

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