17 luglio 2018

O-marathon 2018

Avrei ancora da raccontare dell'Ultra Trail di Corsica, ma c'ho bella fresca in testa la o-maratona di domenica scorsa, e allora intanto vi racconto questa. Che in fondo questo blog si intitola dopolav-ori, mica dopolav-trail. E poi la o-marathon è proprio l'anello di congiunzione fra l'orienteering e il trail, dove però, come vedremo, l'arte orientistica la fa comunque da padrona.

Nuova eroica organizzazione del Gronlait: nonostante la gara non abbia mai raggiungo le dimensioni e la popolarità che si auguravano quando l'hanno inventata, i Sartori-boys continuano stoicamente ad organizzarla per numeri abbastanza trascurabili di partecipanti, che però si divertono da matti. Quest'anno tracciava Samuele Tait, e Carlo Cristellon prometteva un "ritorno al passato", che in effetti c'è stato: niente giri e rigiri sulla stessa carta, e trattona di trasferimento a fil di cielo, con vista che spaziava dal Brenta al Lagorai.

È la mia gara, perché sul lungo più lungo non mi batte nessuno, e parto garrulo, già in testa alla prima lanterna e alla seconda dove guado un mare di ortiche che mi arriva alle orecchie. Alla 3 sono con il Cip e lì facciamo scelte diverse: giro da sopra io, giro da sotto lui. Non lo vedrò più. 

Il mio attacco super prudente alla 4 è rovinato da una nuova pista da sci larga 10 metri non segnata in carta (c'era la ruspa che scavava mentre passavo, giuro!!), ma poi mi raccapezzo e scendo giusto, mancando il laghetto, ma arrivando al prato da cui risalgo in sicurezza al punto. Giro prudente (o pusillanime?) per la 5, dove incontro per un attimo la famiglia Neuhauser-Kirchlechner, prima di scegliere (con successo) il modo meno complicato per andare alla 6.

Poi comincia la farfalla, né banale né impossibile. Mi ci dedico con una certa perizia, ad esclusione del solito banale azimut dalla 8 alla 9, che sbaglio alla grande facendomi (al solito) distrarre da uno che passava, e finendo a pascolare nel bosco intorno, lasciandoci la bellezza di 4:18'' contro i 50'' dei sani di mente. Ma mi riprendo e mi avvio verso la fine della carta al 10.000, con un impeccabile attacco alla 17. Uso la carta al 10.000 anche per andare alla 18 (che sarebbe già sul 15.000) e mi convinco che sono in testa. Sennonchè alla 18 trovo Christine e Fabrizio Boneccher a campeggiare accanto al rudere.  Vabbeh.

Loro sono ancora fermi a studiare la scelta sulla tratta John Homles (cit. Stefano Galletti), che io ho già fatto nel venire alla 4, così li salto in scioltezza e mi involo. Non è invero un volo che dura molto, dato che sui pratoni mi giro e vedo Christine che arriva a gran velocità, e mi becca a Passo Coe, poco dopo che ho rubato due fette di pane dal tavolino del bar dove sono passato, e poco prima della fontana che ci salva dalla disidratazione (ecco, a voler proprio cercare il pelo nell'uovo dell'organizzazione, il ristoro era un po' troppo avanti).

Siccome da un sacco non si allena più come si deve (dice lei) sulla forestale successiva tira come una forsennata, e io mi danno l'anima per non lasciarmi staccare. Che poi, quanto è bello correre in mezzo ai prati, sotto il sole, con vista sul Brenta, in mezzo a una che ha vinto manciate di titoli italiani e ha corso vari mondiali? Mi chiedo se dovremo giocarci la vittoria allo sprint o se nell'ultima carta ci saranno altre farfalle a separarci. Ma c'è tempo per pensarci dopo. 
Al ristoro mi butto su acqua-thé-maltodestrine (beh, ci sono, perché non trangugiarle) e barrette, immaginando ancora chissà quante lanterne, ma in realtà ne mancano solo 5, quasi tutte in discesa. Christine esce dal ristoro prima di me, ma sto per riprenderla sulla forestale sotto, quando io mi butto giù per il sentierino, e lei prosegue. La sua scelta è più corta ma parecchio più difficile, rischia di rimanere a ravanare nei verdini senza un chiaro punto di attacco. Vediamo cosa succede.

Quando arrivo alla 20, dopo uno sciocco giro intorno alla casetta nel prato e soprattutto dopo non aver approfittato di una uscita dal sentiero più alta, con comodissimi muretto e canaletta a fare da linea di conduzione fino al punto, non c'è in giro anima viva, e decido arbitrariamente che Christine sta ravanando fra i verdini. Preciso alla 21, ancora di più alla 22 e alla 23, e poi gambe in spalla verso la 100: non si vede nessuno né davanti né dietro, sul lungo più lungo non mi batte nessuno.

Arrivo al finish a braccia allargate e sorriso a 74 denti, che si appanna solo giusto un pochino quando vedo che al ristoro Christine sta degustando un thé freddo in compagnia di Cipriani, entrambi con l'aria di chi è qui già da un po'.

Morale, la mia scelta per la 4 è stata troppo lenta, il mio erroraccio alla 9 l'ho pagato carissimo,  la scelta alla 20 è stata da esordiente e il Cip è stato più "cattivo" di me su quasi tutte le lanterne.

Sigh e sniff. (ma quanto mi sono divertito!!!)


 

4 commenti:

  1. Non sai quanto vorrei poter partecipare a queste gare....vorrei poter tornare indietro nel tempo e venire a vivere in Trentino.

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    1. Galletti non vive in Trentino e non è tornato indietro negli anni, e le fa :-)

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  2. Ah beh... Allora... Se la fa Galletti... Non capisco perché non la faccia tutta l'Italia

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    1. Infatti visto che la fa Galletti la faccio pure io :-)
      Scherzi a parte, mi sono sempre ritenuto (a torto) una delle conferme che la O-Marathon è veramente una gara per tutti: il motivo è che "se ce la faccio io", allora ce la possono fare davvero tutti. Ed io ne ho finite parecchie anche nella categoria Elite!

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