Può anche essere che lo abbiate già letto tutti, perché il suo blog può tranquillamente essere più letto del mio, ma cercare di amplificare le parole di Stegal è l'unico contributo che mi sento di dare al momento al nostro moribondo (nel senso che è sul punto di suicidarsi) movimento orientistico italiano.
Perché quando "una parte distruggerà l'altra" quello che rimarranno saranno solo ceneri fumanti.
(Sì, lo so che ci sono 10.000 situazioni nel mondo molto più importanti e gravi. Ma questo blog è nato per parlare di orienteering)
Perché quando "una parte distruggerà l'altra" quello che rimarranno saranno solo ceneri fumanti.
(Sì, lo so che ci sono 10.000 situazioni nel mondo molto più importanti e gravi. Ma questo blog è nato per parlare di orienteering)
Il risultato che volevo ottenere era di tipo diverso. Volevo approfittare dell’occasione per provare a parlare con alcune persone (prese da entrambi gli schieramenti contrapposti) che, presumibilmente da dicembre 2018, detteranno la rotta politica dell'orienteering italiano a seconda di come andranno le elezioni del prossimo Consiglio Federale. Avevo scritto un paio di pezzi fa: “lasciando da parte il microfono ed il ruolo di speaker e tornando a vestire i panni del semplice orientista quale sono, vorrei chiedere perché non è possibile andare d'accordo e trovare una sintesi tra le diverse posizioni ed i punti di vista? Per favore spiegatevi, parlatevi, non lanciate agli orientisti messaggi del tipo "un giorno saprete la verità..." "se soltanto sapeste cosa sta succedendo realmente...". Perché sta succedendo tutto questo?...”
Speravo che qualcuno, leggendo, si sarebbe fatto vivo anche solo per eccepire, contestare, criticare, chiedermi chi diavolo mi credo di essere! Ma il risultato è stato zero, ma forse è proprio vero che i blog non li legge più nessuno, o non rappresentano lo strumento giusto. Più presumibilmente: chi sono io per poter sollevare una reazione, anche solo un minimo di confronto positivo, scrivendo parole su internet? Così ho provato a rivolgermi direttamente ai diretti interessati. Intendo proprio "in modo diretto", anche a muso duro: cosa pensate di ottenere? Perché non vi confrontate in modo aperto e costruttivo? Perché non riuscite a fare una sintesi tra le idee degli uni e le iniziative degli altri? Come pensate che ci potrà essere un futuro al nostro sport se non riuscite a lavorare in armonia?
Devo dare una cattiva notizia ai pochi orientisti arrivati fino a qui: le speranze stanno a zero. Diciamo a un epsilon piccolo a piacere (in fondo è stato proprio quell’epsilon a portarmi su quel podio a Porto Selvaggio). Ho sentito risposte che parlano di un ambiente ormai polarizzato, di “radicalizzazione dello scontro”, di guerra! Sono tutte parole che andrebbero usate con il bilancino: quando purtroppo le guerre scoppiano davvero, capita che le persone restino in silenzio perché mancano i termini di riferimento che sono già stati sprecati inutilmente altrove. Ascolto le accuse reciproche di organizzare gare farsa, di malversazione (uso questa complicata parola per non dire peggio), di "sovvertimento degli ordini democratici" (vedi mio commento alla voce "guerra"), oppure buon ultimo quando mi sono sentito rispondere "il tuo tentativo di farci dialogare è paragonabile ad avere allo stesso tavolo partigiani e fascisti. Si andrà avanti fino a che una parte non distruggerà l'altra".
Sono rimasto senza parole, quasi choccato. Non pensavo certo di essere un novello Kofi Annan, non ambivo certo al Premio Nobel per la pace orientistica, ma forse è davvero meglio che io mi limiti a scrivere di percorsi per i quali non sono preparato, di classifiche che mi vedono ben adeso all'ultimo posto, di tratte che palesano i miei evidenti limiti orientistici. D'altra parte mi diverto così: la mappa mi mette alla prova, la classifica non toglie nulla alle emozioni che mi offre lo sport che considero più bello al mondo. Se dicessi che mi interesso di politica orientistica, forse mentirei e forse no. Una persona migliore di me una volta ha scritto che “la politica in fondo è avere a che fare con le situazioni di tutti i giorni e cercare di cambiarle in meglio”. Ma forse siamo arrivati al punto in cui non abbiamo più mattoni su cui costruire una solida base comune.
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