11 maggio 2020

Facciamoci il giro

Ante-antefatto: quando ho iniziato ad appassionarmi alla corsa in montagna avevo pensato che mi sarebbe piaciuto salire di corsa tutte le montagne attorno a Trento partendo da casa, e così ho fatto. Quanto la malattia è peggiorata, ho pensato che mi sarebbe piaciuto salire di corsa tutte le montagne intorno a Trento, partendo da casa, nello stesso giorno. E così ho tentato di fare.

Antefatto: dopo due mesi "chiuso" in città, mi era sembrato che fare proprio ora il giro delle montagne qui intorno, fosse altamente simbolico e una parte di me desiderava moltissimo farlo. Un'altra parte di me non ne aveva nessuna intenzione, ma sapevo che la seconda era quella che cerca di sabotarmi ogni volta che programmo delle cose un po' assurde che poi, quando le faccio, mi piacciono tantissimo, così cerco di fregarla sbilanciandomi pubblicamente con un post su FB: "Per la serie "farci il giro", dato che per due mesi siamo rimasti "rinchiusi" in città, qualcuno ha voglia di venire a farle il giro sulle cime, in senso orario? Il programma è Calisio - Marzola - Vigolana - Bondone - Paganella. Molto "a panza", un centinaio di km e 8000 metri di dislivello. Partenza alle 21 di venerdì sera. Arrivo più o meno 24 ore dopo". In meno di due giorni ho 59 interazioni e 12 messaggi (contro una media di circa 0,1 a post) e una proposta di compagnia fino al Calisio. Ok, devo andare sul serio.

ore 20 - ho meno voglia di partire che di lavare i piatti di un cenone di capodanno con 60 invitati. Chiedo seriamente alla moglie perché io non mi sia appassionato agli scacchi o al modellismo. Che idea del ca**o.

ore 21 - Silvano arriva a casa mia puntuale come la morte. Partiamo.

ore 22 - In piena salita verso il Calisio ci intratteniamo con discorsi sportivi il cui apice è "Per vincere una medaglia alle Olimpiadi devi fare una vita di merda - figurati se poi non la vinci". Penso che sono a 1/24 dell'uscita, e che la voglia non mi è ancora venuta.

ore 22.30 - dalla cima del Calisio (1097 m) si vede una bella luna arancio e quasi piena, dai che forse il peggio è passato.

ore 23.45 - sosta a casa di amici che abitano alla base della Marzola, non hanno uno straccio di bibita dolce, ma mi offrono due fette di ciambella, due bicchieri di acqua gasata e un po' di atmosfera da ristoro in gara.

ore 00.30 - spengo la frontale e procederò così per varie ore. Il cielo è un po' velato e la luce diretta della luna è un po' fiacca, ma in compenso la sparge per il cielo rendendo tutta la notte più chiara, e correre nel bosco al buio è una delle cose belle della vita. Prima di spegnere la frontale ho anche visto una volpe e un capriolo, che mi guardavano tutti e due un po' perplessi.

ore 02.00 - in cima alla Marzola (1738 m), luci di Trento da una parte, luci della Valsugana + laghi dall'altra, aria fredda in faccia, luna quasi piena sopra la testa, ch illumina il profilo della Vigolana. Sì, adesso non vorrei essere in nessun altro posto al mondo.

ore 03.30 - sosta con pizza fredda su una panchina di Vigolo Vattaro. Fino a qui la tabella oraria è stata perfetta. Riparto per la Vigolana con la speranza di riuscire a vedere l'alba.

ore 05.43 - sono in un bellissimo bosco di faggi e la mia tabella oraria comincia a mostrare le prime imperfezioni. Quando è ormai certo che per vedere l'alba dalla cima o almeno da lì vicino sono partito troppo tardi, dato che mi si chiudono gli occhi decido di concedermi uno di quei micro sonni che al Tor ho scoperto funzionare così bene. Metto la sveglia alle 06.00.

ore 05.56 - mi sveglio 4 minuti prima della sveglia e mi sembra di aver dormito tutta la notte. Quando un quarto d'ora dopo il mio corpo torna anche ad una temperatura accettabile, mi concedo una colazione a base di pizza fredda e gel alle maltodestrine e riparto circondato dai camosci e dai tronchi dei mughi bruciati in un incendio di tanti anni fa. Come tutte le salite per la Vigolana, anche questa che passa dal Rifugio Casarotta è veramente bastarda.

ore 08.00 - sono sul Becco di Filadonna (2150 m), la cima più alta del gruppo della Vigolana, cielo con qualche nuvola ma vista stupenda verso l'Adamello e il Brenta. Sto bene e anche se Bondone e Paganella da qui sembrano in un altro continente, sono convinto di poterci arrivare.

ore 9.45 - la neve in cresta mi ha creato qualche problema e nella traversata per raggiungere il Becco di Ceriola, da dove inizia la discesa verso la Val d'Adige impiego più tempo del previsto. Mi aspettano 1900 metri D- su un sentiero che, come tutte le discese dalla Vigolana, è veramente infame.

ore 11.15 - seduto su una panchina della piazza di Mattarello mi "godo" l'ennesimo gel dopo varie abluzioni in tutte le fontane che ho incontrato, in valle fa caldino. Mi aspettano 2 km di pianura prima di iniziare la salita verso il Bondone. Sulla mia infallibile tabella oraria sono ormai in ritardo di un paio d'ore.

ore 14.30 - seduto su un sasso in un punto imprecisato del sentiero 693, probabilmente il più brutto fra tutti quelli che salgono sul Bondone. Bosco brutto e pieno di sassi, visuale scarsa o nulla, sentiero ripido e apparentemente infinito. Le gambe e la testa tengono ancora bene ma non vedo l'ora di arrivare in cima e mi prometto di concedermi una sosta su un bel prato. Ho ancora voglia di Paganella, e soprattutto di serata e tramonto da lassù verso il Brenta, quindi forse meglio tagliare il Palon (2100) e accontentarsi delle Viote (1600) e poi scendere da lì.

ore 16.00 - finalmente sdraiato sul prato promesso, facendo due conti è chiaro che in Paganella ci arriverei solo a notte fonda, altro che tramonto verso il Brenta. Sono in ritardo di 4 ore sulla tabella di marcia, e non ci sono motivi per pensare che da qui in poi sarà più precisa, il che vuol dire che riuscirei a tornare in val d'Adige ad un'ora a cui chiedere a mia moglie di venirmi a prendere in macchina sarebbe veramente disdicevole. Sono ancora convinto che di gambe ce la farei, ma sarebbe tutto da dimostrare. Dato che ormai non c'è fretta mi concedo altri 10 minuti di microsonno prima di ripartire per il Palon, dal quale a questo punto non posso esimermi.

ore 17.45 - un'ora e mezza non sono esattamente un tempo da favola per salire 500 metri, ma un po' è calata la motivazione, un po' mi incastro fra i mughi, un po' forse le gambe, anche se non mi dicono niente, cominciano ad essere un po' stanche. Comunque arrivo in cima, piuttosto sfatto e ormai a corto di potenti motivazioni per sorreggere il mio sforzo. Vedo casa mia 1900 metri sotto e mi sa che sarà una cosa lunga.

ore 18.45 - ultima sosta in un bel prato con vista Brenta, su cui probabilmente oggi non si vedrà in ogni caso nessun tramonto, perché si stanno addensando un po' di nuvole. Avrei voglia di rimanere qui a lungo, ma poi sarebbe troppo complicato convincere le gambe a ripartire, così dopo 5 minuti riparto.

ore 20.30 - arrivo a casa, stanco ma felice, con mezzora di anticipo sulla tabella di marcia, ma con circa 20-30 km e 2000 metri di dislivello in meno del previsto (e probabilmente il "previsto" quanto a km era sbagliato alla grande"). Il numero esatto non lo saprò mai perché il mio gps è impazzito un paio di volte e dice che ho fatto 322 km, comprese due capatine a Malles Venosta e Marilleva. Inoltre la versione "ultra risparmio energetico" mi ha tagliato tutti gli infiniti tornantini che ho fatto per scendere dalla Vigolana, e tutti quelli che ho fatto per salire in Bondone, e, ciliegina sulla torta, nell'ultima discesa me lo sono dimenticato spento per una mezzora. Credo di aver fatto 80 km e 6100 metri di dislivello, più o meno...



8 maggio 2020

Quel che si pu-O

Dopo un doveroso minuto di silenzio per i campionati italiani sprint 2020 (pace all'anima loro), che erano in programma per sabato prossimo a Feltre (e che in assenza di qualsiasi riscontro posso dire che avrei vinto a mani basse in M35), eccovi un breve racconto dell'orienteering possibile ora come ora.

Auto-garetta ai Bindesi, sulla carta made in Cavazzani, dove si è corso qualche anno fa. Carta piuttosto bastarda, con molto dislivello, un po' di rocce, scala al 5.000, e una vegetazione che in maggio comincia a disturbare un po'; il che, unito ad una certa ruggine nei miei automatismi orientistici (??) e ai primi innegabili segni di abbassamento della vista, mi occupa per un bel po'.

L'orienteering di oggi prevede avvicinamento rigorosamente a piedi, il che vuol dire nella fattispecie che dal ritrovo (casa mia) alla partenza, ci sono 5 chilometri e mezzo con 450 metri di dislivello, forse un po' tantini, dovrò dirlo al tracciatore.

Mi faccio religiosamente il minuto di attesa al -3, quello al -2 e quello davanti alla carta, appoggiata su un tavolino in mancanza delle cassettine regolamentari, mi canticchio i bip regolamentari, e poi parto, soffrendo un po' per il mancato tratto fettucciato fino al triangolo. Da lì in poi è più o meno vero orienteering, con la sola piccola differenza che mancano le lanterne, ma in fondo Stegal sono anni che corre le gare senza lanterne (e quando dalle parti della 18 ne trovo una fissa, lì da chissà quando, mi commuovo pure un po').

Già lì per lì mi pareva di averci messo un po' di più dell'altra volta, ma il cronometro dice che ci ho messo addirittura il doppio, ed è vero che nel 2015 ero 5 anni più giovane, che allora dichiarai "Gara pulita la mia, una delle più precise e concentrate della mia carriera" e che allora non avevo fatto 5,6 km di avvicinamento, però è proprio un po' troppo.
Quello sulla carta è il mio percorso di allora, quello nella foto quello di quest'anno: un po' più a spasso alla 3, MOLTO più a spasso alla 7, dove non ho proprio capito una mazza di dove ero arrivato e ci ho messo un bel po' a rilocalizzarmi, troppo alto alla 8, e per il resto non malissimo, per quanto lento ed esitante.

Ho vinto, ma quando c'è qualcun altro è più divertente...

Ah, poi naturalmente un'altra decina di km di defa, come dicono i giovani d'oggi.