29 novembre 2017

Posso arrendermi


Mi mordo il polpastrello dell'indice della mano sinistra, ma non sento niente. È così da un mese, ha preso troppo freddo.

Volevo fare un ultimo “lunghissimo” in montagna, prima che venisse la neve, quella vera. Ne era già caduta un po', ma non pensavo fosse un problema. Val di Fumo, passo Ignaga, Val Adamé, bocchetta delle Levade e di nuovo Val di Fumo. Avevo dormito in un alberghetto all'imbocco della valle ed ero partito, correndo, parecchio prima che sorgesse il sole. Aria fredda, niente luna, ma tantissime stelle a tenermi compagnia. Arrivato al secondo lago il sole non era ancora sorto, ma c'era già molta luce ed il Caré Alto alle mie spalle era splendido. Più io salivo fra i prati gialli, più lui si tingeva di rosa, nel silenzio assoluto di un maestoso splendore.



Raggiunto il passo, dall'altra si era aperto un mare di nuvole delimitato dalle cime più alte, ed io ero sceso veloce verso la valle che volevo risalire, ancora pieno di energia, nonostante fossi già partito da 6 ore. 



Dopo un'altra ora lungo le acque del Torrente Poia, trasparenti come solo quelle che scendono da un ghiacciaio sanno essere, avevo iniziato la salita verso la bocchetta. Il cielo era diventato grigio e avanzavo in uno strato via via più alto di neve, che nascondeva una distesa di pietre, di cui riuscivo solo ad intuire dimensioni e posizioni. Ogni passo era una incognita e procedevo lentissimo, sprofondando spesso fino a ben sopra il ginocchio, lungo un tracciato sempre più ripido e difficile da seguire. Non sapevo se in quelle condizioni, una volta superata la bocchetta, sarei riuscito a scendere dall'altro versante, ma pensavo solo ad andare avanti.
Poi mi ero trovato davanti ad un canalino di 5-6 metri, con molta neve e nessun segno visibile del sentiero. Avevo provato a salire su un lato, non ci ero riuscito, ma mi sembrava di aver capito come fare. Guardando la roccia più in alto avevo però capito che anche fossi arrivato fin lì, con tutta quella neve non sarei poi più stato capace né di continuare a salire, né di ridiscendere. E tutto ad un tratto, nel momento in cui mi ero reso conto di dover per forza tornare indietro, avevo sentito addosso tutta la paura e il freddo che fino ad allora non mi ero accorto di avere.
Mentre ritornavo affannosamente sui miei passi, iniziavo anche a capire cosa era successo dentro di me, facendomi proseguire fino a ben oltre il limite dell'incoscienza. Non avevo sentito nessun gusto per la sfida, nessuna smania di superare il limite, nessuna esaltante sferzata di adrenalina. Non ero andato avanti per sfidare la paura, ma perché della paura ero schiavo: avevo obbedito ciecamente a quella parte di me che aveva più paura di arrendersi, che di rischiare di morire. E a salvarmi non era stata la saggezza della testa, ma solo l'incapacità di gambe e mani.
Mi ci era voluta un'ora di paura per uscire dalla neve, due ore di corsa per tornare al rifugio, due a passo lentissimo per arrivare al parcheggio assieme al dentista a cui avevo chiesto un passaggio, due di auto fino in stazione a Brescia, e altre due di treno fino alla mia città, ma ero riuscito a tornare a casa sano e salvo, e, forse, diverso.

Mi mordo il polpastrello dell'indice della mano sinistra, ma non sento niente. È così da un mese, ha preso troppo freddo. Spero rimanga così per sempre, per ricordarmi che posso arrendermi e non valgo di meno per questo.



Questa storia partecipa al Blogger contest 2017 di altitudini.it.

27 novembre 2017

Grigna e Grignetta

Quest'anno io e Mario Ruggiero non ci siamo (purtroppo) incontrati molte volte sulle carte di orienteering, ma lui deve avere ancora parecchia paura di me, perché domenica scorsa ha chiaramente tentato di togliermi di mezzo una volta per tutte.

Dopo la mia pessima prestazione nel Nirvana Raid del giorno precedente, bisognava dare un senso alla mia trasferta Lecchese (5,5 ore di regionale per andare, 5,5 ore di regionale per tornare...) e il mio "amico" mi ha proposto una corsetta sulle sue montagne. Fra il Resegone e la Grigna, non ho avuto dubbi, perché della seconda avevo sentito parlare parecchio, e perché avevo anche sentito la (tristissima) canzone che ne parla, e mi era rimasta impressa. Così quando mi ha proposto di partire da Pian dei Resinelli, traversata alta e poi traversata bassa, ho accettato con entusiasmo, sottovalutando la domanda che mi ha buttato lì ad un certo punto "se c'è qualche roccetta non hai problemi, vero?" e le due mezze parole che aveva mugugnato su un certo Canalino Federazione e la neve.

Inizio "soft", per modo di dire. È ripidissimo dal primo metro, ma per un po' sembra una normale gita in montagna, invece che un tentativo di omicidio. È spiacevolmente evidente che in qualsiasi momento Mario potrebbe piantarmi lì e sparire all'orizzonte, perché mi è fisicamente superiore di un paio di spanne. Però potrebbe anche essere tutta colpa del diverso fuso orario fra qui e Trento.

Le roccette aumentano poco a poco, fin che arriviamo davanti alla gemella della scaletta che mi aveva gettato nel panico un paio di anni fa (e di cui avevo raccontato qui): decinaia di metri di ferro che salgono verso il cielo, di cui i primi anche un po' spanciati in fuori. Noi naturalmente non abbiamo neanche un moschettone da portachiavi, e del resto le segnaletiche non parlavano minimamente di "sentiero attrezzato". Sono abbastanza anziano da non vergognarmi più di avere paura, neanche davanti al mio acerrimo rivale, me scopro con molta sorpresa e altrettanto piacere, che sono molto meno pauroso di quello che pensavo di essere diventato. Salgo in scioltezza come a 15 anni, e non una mano e un piede alla volta, terrorizzato come due anni fa. Forse è il fatto di non essere da solo a fare la differenza (ma mi guardo bene dallo spiegare alla mia psiche che, se cadessi dalla scala, il mio compagno al massimo potrebbe raccogliere i pezzi sparsi in fondo).

Dopo aver superato il canalino con la prima catena, più scenografica che altro, la mia macchina fotografica malamente infilata nel porta borraccia, si tuffa giù dal pendio per una decina di metri. Mario scende a recuperarla, ma nessuno dei due si accorge che cadendo si è aperto lo sportello della batteria, lei è uscita, e lui si è richiuso. Lo scopriremo solo in cima, tendando di fare una foto insieme. Rimane solo il suo smartphone, a testimoni-are i pericoli in cui mi ha ficcato poi.

Arriviamo ad un bivio: a destra si sale in un canalone pieno di pietroni, a sinistra per un normale sentiero. Ovviamente Mario va a destra. Più o meno da quando siamo partiti parliamo di quanto è importante la sicurezza in montagna, e lui mi elenca le volte in cui non lo è stato per niente. E mentre io  perdo fiducia nella mia Guida, nel sentirlo raccontare, insieme continuiamo a perdere il sentiero perché guardiamo più il panorama, che i segni sulle rocce. Un canalone in discesa con catena e inizio di neve mi crea qualche preoccupazione (ma non ancora paura), e una successiva risalita su sentiero coperto da 3-4 cm di neve (ramponcini? naaaaaa..., quando mai), anche.

Ci ricongiungiamo finalmente con la "normale" da cui sale una processione di gente di tutti i tipi, e fra loro un bassotto tedesco, lungo mezzo metro e con le gambe di 10 centimetri ciascuna. Sembra uno che sa il fatto suo, ma come farà a scendere rimane un mistero. Noi per fortuna le gambe le abbiamo un po' più lunghe, superiamo con spavaldo slancio tutti quelli che incontriamo, e ci issiamo sulla Grignetta, con la sua croce e la sua navicella spaziale. Dato che siamo due poco contemplativi, e fa freschetto, ripartiamo subito.

Il mio aspirante carnefice mi conduce in una direzione dove sembra esserci il nulla, invece c'è un comodo passaggio su rocca innevata, con catena al servizio, dove persino lui mi dice "qui devi stare attento a non fare cazzate". Che tradotto dal suo linguaggio da quindicenne esaltato vuol dire: "se cadi qui, muori di sicuro". Ci metto una certa attenzione, anche se in realtà ho avuto più difficoltà su un passaggino precedente, senza catena, dove per notevole sfiducia nella tenuta delle mie scarpe sulla roccia gelata, mi concedo finalmente un minuto di sana paura, e chiedo a Mario di farmi sicura tenendomi un piede (dai, una volta si può...).

Poi arriviamo al Canalino Federazione, quello dove lui dice che fa freddo anche in estate, ma gente che saliva ci ha detto che "le catene sono tutte fuori", e ci ha anche rassicurato con una frase in milanese stretto che significava che se hai le gambe lunghe non hai problemi. E quanto a gambe lunghe, non posso lamentarmi.

Il Canalino è all'ombra, c'è parecchia neve, c'è un vento gelido, ma ho ormai preso un po' di confidenza con la roccia e le catene, e la neve è abbastanza morbida da affondarci, e quindi non si scivola. Oserei quasi dire che non è un tratto pericoloso (ma per sicurezza Mario non ha voluto lasciare prove fotografiche), e ringrazio il mio santo guscio in goretex.

Da lì alla cima della Grigna (o Grigna settentrionale, i Grignone, scegliete voi) dobbiamo scendere ancora un po' nella neve (gran freddo ai piedi!), fare qualche pas-saggio delicato misto roccia - neve, e salire qualche altro km di catene, ma ho ritrovato confidenza con la roccia, e mi diverto anche (nono-stante lui vada evidentemente più veloce, sigh...).

La cima è un gran bel posto, e la giornata continua ad essere spettacolare, però è freddo e io ho ancora una vaghissima speranza di prendere il treno che Mario mi aveva promesso che sarei riuscito a prendere. Non ci vorrà molto a capire che è una speranza del tutto irrealizzabile, ma ci buttiamo giù veloci come due veri trail runner, e chiudiamo il cerchio con la traversata bassa, in un bel bosco di faggi, in poco meno di 5 ore e mezza.

Sulla altimetria del mio gps (qui sotto) c'è da dire che lo strumento non era in gran forma quanto a quote (la Grigna è 2400, non 1370), che il "buco" sulla cima è il tempo che abbiamo impiegato a bere una lemonsoda nel rifugio (e a invidiare un piatto di gnocchetti ai quattro formaggi ad un tipo che li mangiava), mentre quello poco prima della fine è la sosta merenda alla panetteria di Pian dei Resinelli (e il pezzettino dopo la sosta, sono i 600 metri che ho fatto intorno al parcheggio, per arrivare ai 20 km tondi...).

Dato che non è riuscito a farmi fuori, l'anno prossimo tenterò ancora di batterlo.

20 novembre 2017

Nirvana Raid Multi Sport

Sono un ragazzo di sani principi: niente corse a coppie, mai e poi mai con una donna, e niente baggianate alla "giochi senza frontiere". Così quando il Perfido Ruggiero (al secolo, Mario) mi ha invitato a partecipare al Nirvana Raid Multisport, in coppia con Marta Poretti, che ha vinto il Gobi Ultra Trail (400 km nel deserto...) ci ho messo almeno un paio d'ore a dirgli di sì.

Il nostro team viene battezzato dal Perfido "La Principessa e il Poeta" e siamo una squadra perfetta: lei corre, io ci oriento, la classifica delle coppie miste la vinciamo in scioltezza, e l'altra vediamo.

Centrare almeno uno dei 3 bersagli previsti nella prova di tiro con l'arco, vista la nostra evidente superiorità, ci sembra del tutto superfluo, così dopo 2' dal via ci troviamo già in castigo, a correre intorno alla palestra: 3 giri (uno per ogni bersaglio mancato) prima di ricevere la mappa della prima prova di orientamento in paese. Partiamo ultimi o poco più. Per qualche secondo cerco anche di partire con la carta ruotata di 180°, ma poi mi ravvedo e parto a razzo, visto che per un plurimedagliato in vari campionati master sprint, long e middle, il tracciato è ridicolo.

Quando nella prima salita devo rallentare per non staccare Marta, mi dico che è solo questione di riscaldarsi un po', in fondo siamo partiti a freddo con 3 giri di punizione, pesanti anche dal punto di vista psicologico. Quando devo rallentare anche nel tratto in falsopiano fra la 3 e la 4, penso che magari dovrò adattare il mio passo un po' più del previsto. Quando ci allontaniamo dalla 5 a un quarto della velocità che potrei permettermi, mi dico che la gara è ancora lunga, e chissà in quanti trabocchetti cadranno gli altri, e comunque vincere non è mica l'unico motivo per cui si gareggia e, anzi, temprare il carattere accettando di tenere il passo di chi è meno veloce di me, è una lezione che mi potrà essere utile in tanto altri momenti della vita. Sono talmente preso a filosofeggiare che ci porto alla 6 prima che alla 7, perdendo minuti preziosi (e chili di autostima). Fortuna che Marta non se ne accorge.

Tornati alla palestra montiamo in sella e ci consegnano la mappa della prima sezione in mountain bike. È una cartina al 25.000, che assomiglia pochissimo a quelle di orientamento a cui sono abituato. Però per andare alla 8 è evidente che la cosa migliore sia seguire la strada principale, e nel punto in cui bisogna abbandonarla c'è un sacco di gente che ci precede, così ci arriviamo senza problemi. La tratta successiva per la 9 mi gasa ancora di più, perché ci arriviamo molto prima di vari che sono partiti dalla 8 con noi e poi si sono dispersi in scelte meno furbe, superiamo la coppia dell'IKP di Max Bianchi e teniamo un ritmo ciclistico più che discreto. Quindi  decido (purtroppo) che ho capito tutto quello che c'era da capire sulle mappe da MTB al 25.000, e la prudenza non serve più.

E fu così per andare alla 10 faccio la scelta stilisticamente più ricercata, invece di quella che poteva magari essere la più facile, e quando arriviamo dove sono sicuro che debba esserci la lanterna, non c'è. L'ipotesi A su dove ci troviamo pare sbagliata + non ho una ipotesi B = ci siamo persi. 

Ci buttiamo giù per un sentiero solo perché andare in su par brutto, e dopo 100 metri (fatti rigorosamente spingendo la bicicletta, evidenziando in tal modo che come bikers siamo due seghe) andiamo a sbattere contro la lanterna. Probabilmente vuol dire che non mi ero sbagliato poi così tanto, e che la carta è meno dettagliata / precisa di quello che mi era sembrato di capire, ma non è una motivazione sufficiente per giustificare i successivi 20 (o 30? o 40? non lo saprò mai, dato che mi ero dimenticato di accendere il gps...) minuti della mia vita, durante i quali 

1) scendo una ottantina di metri di dislivello, quando dovevamo andare via in piano
2) smetto per un paio di minuti di leggere la carta (= chiedermi se ha senso ciò che sto facendo)
3) porto Marta in fondo ad una valletta che non c'entra nulla con noi
4) confondo in carta la valletta microscopia dove siamo con il vallone enorme 1 km più avanti
5) mi convinco (e cerco di convincere Marta) che il rigagnolo che si intravvede al bordo della strada dove siamo, è il fiume segnato in carta
6) convinco Marta a portarsi la bici su per una scalinata infinita che "dovrebbe essere quel segno tratteggiato a sinistra del numero 12"
7) vago per un po' in mezzo agli olivi senza avere idea di dove mi trovo (sempre spingendo la bici)
8) accetto la proposta di Marta, di chiedere alla signora che c'è lì in un campo, quale sia il nome del paese che si vede lì davanti
9) scopro di non avere capito una cippa
10) mi vergogno da morire

È a quel punto che Marta dimostra la tempra che ci vuole per vincere un ultra trail nel deserto dei Gobi, evitando di strangolarmi con la catena della mia bici e prosegue sorridendo.

Una volta trovata finalmente la 12, arrivare alla 11 è una piacevole escursione nel bosco, ed altrettanto andare alla 14 pensando di fare la 13 al ritorno. Meno piacevole è scoprire che il successivo cambio carta non è al via come pensavamo, ma alla 14, e che quindi quelli che abbiamo incontrato poco prima in senso contrario al nostro, non sono davanti a noi di pochi minuti, ma di tutto il tempo che ci servirà per arrivare in fondo alla successiva sezione di orienteering in paese. 

Per di più Marta ha le scarpe da bici, che per correre su asfalto e acciottolato non sono il massimo, ma ormai siamo un team affiatatissimo e niente ci può scoraggiare. Accendiamo le frontali, portiamo serenamente a termine la sezione 3, rifacciamo tutta la strada fino a Sonvico, e poi ci gettiamo nella soluzione del rompicapo delle lineette nere che dovrebbero indicare le strade, a colpi di "forse è questa", "no dai è quella", "mi sa che siamo qui", "o forse siamo qui". Il tempo sarebbe ritoccabile, ma riusciamo con orgoglio a trovare 25, 26, 27 e arrivo.

Lì ad attenderci c'è la slack-line, un tratto di fettuccia tesa su cui dovremmo camminare per circa 4 metri, ma siccome oltre che con l'arco e la mountain bike, siamo delle seghe anche con quella, ci mettiamo solo un piede, convinti che il mezzo punto a testa che riceveremmo in caso di riuscita, è troppo poco rispetto al tempo che ci metteremmo a provarci seriamente. 

Siamo a quel punto pronti per quello che doveva essere il nostro pezzo forte, la parte di orienteering lunga distanza nel bosco: 9500 metri di lunghezza e 300 metri di dislivello, una passeggiata di salute per due trail runners del nostro calibro. Peccato che ci rimanga solo un'ora prima dello scoccare dell'ora limite, e abbiamo il tempo solo di andare alla 47 lungo le strade, salire alla 49 affrontando coraggiosamente il bosco, e poi tentare (inutilmente) di tornare in partenza prima delle 20. Arriviamo alle 20.04, e chiudiamo come avevamo iniziato, in castigo: ci tolgono 5 punti, che corrispondono a 5 lanterne, cioè, se invece di andare a sfidare la foresta, ci fermavamo in palestra a bere thé e mangiare biscotti, ai fini della classifica era meglio.

Classifica che vede noi ignominiosamente ultimi dei non ritirati, e primi la coppia MISTA Grassi - Torgler, che batte anche tutte le coppie maschili presenti, dimostrazione inoppugnabile del fatto che, se almeno uno dei due era davvero in grado di tenere in mano una cartina, non occorreva andare a 4 al chilometro per fare una bella gara. Quindi, Nirvanici, l'anno prossimo vedete di trovare a Marta un compagno all'altezza della situazione, che lei se lo merita. 


18 novembre 2017

Finale Sprint Race Tour - Bologna centro

Riassunto delle puntate precedenti: il giorno prima nel quartiere di Bologna Navile, l'ex Idiota promosso a Idolo, vince a mani basse, travestito da Pedrotti, la gara sprint valida anche come penultima prova dello Sprint Race Tour, così la domenica mattina in pieno centro storico di Bologna sono fresco e riposato, pronto per vincere a mia volta a mani basse.

La classifica del tour in M35 è a questo punto la seguente 

1° Ingemar Neuhauser - punti 48
2° Dario Pedrotti - punti 43
3° Daniele Jabr - punti 42
4° Michele Ausermiller - punti 39
5° Eddy Sandri - punti 35

Se riesco a rosicchiare 5 punti a Ingemar, vinco lo SRT. E comunque, dopo la vittoria 2016 a Siena, mi piacerebbe molto vincere in centro a Bologna.

La lochescion è bellissima, e anche se alla fine la carta (o il tracciato?) si riveleranno meno tecnici di quanto si poteva sperare (ma comunque implacabili, con chi si distraeva un attimo), la gara è divertente e molto a mia misura. Mi riscaldo abbondantemente e poi via, un minimo prudente alla 1, e poi a manetta per tutto il resto della gara.

Il risultato è che prendo 4'' da Michele alla 1, 1'' da Michele alla 8, 1'' da Simone (Rocca) alla 11, 4'' da Michele alla 14 (ma non capisco perché) e tutti gli altri sono migliori tempi. Arrivo al traguardo con un consistente vantaggio sul secondo. Quanto arrivano Michele (1'12'' dietro), Simone e Ingemar (entrambi 1'10'' dietro) Stegal mi incensa quale bi-vincitore di Bologna, e io sono moderatamente soddisfatto (moderatamente, perché dopo il mio arrivo ha iniziato a piovere, e con il bagnato la storia era parecchio diversa (Buselli ad esempio ci lascia una fiancata), e perché mancavano il mio rivale preferito e il suo compare). 

Ma almeno ho vinto.
O così pensavo.
Infatti ad un certo punto la classifica viene aggiornata, e io divento secondo, 20'' dietro a Lerose.

Cosa è successo? Luigi ha corso con uno di quei brichetti incorporati nella bussola, che pare non andasse d'accordo con gli scafandri di metallo, a prova di malintenzionati e burloni, nei quali sono state piazzate le stazioni. Quindi all'arrivo risultava plurisqualificato, con la sola punzonatura della 100 (l'unica senza scafandro) valida. Però poi deve essere riuscito a dimostrare che ha fatto tutto il percorso (forse mostrando la traccia sul suo gps) ed è stato rimesso in classifica, al primo posto.

I suoi split non sono disponibili, quindi posso fare solo delle supposizioni, ma visto il risultato della gara di sabato, mi viene da pensare che il secondo abbondante che ho perso su ogni lanterna, per ficcare giusto il brichetto nel buco di metallo dello scafandro, possa essermi risultato fatale. Oppure che era meglio se facevo correre l'ex Idiota al mio posto anche domenica.

Comunque, 1° Luigi, secondo io, terzi a pari merito Simone e Ingemar, con quest'ultimo che si porta via anche lo Sprint Race Tour (e la relativa inutilissima medaglia d'oro), e io che non riesco a vincere due gare nello stesso fine settimana, neanche se mancano i più forti e baro.



12 novembre 2017

Finale Coppa Italia Orienteering - Bologna Navile

Come forse alcuni lettori ricorderanno, in occasione della gara di Sprint Race Tour di Marostica, mi ero fatto sostituire da quello che, visto il risultato che lo aveva visto concludere al 10° posto in una sprint in centro storico, avevo affettuosamente chiamato "L'Idiota" (e purtroppo non era neanche quello di Dostoevskij).

Bene, l'Idiota ha passato tutta l'estate ad allenarsi e a scongiurarmi di dargli un'altra possibilità, così 
  • ormai esasperato dalla sua insistenza
  • consapevole che la Maledizione del WikEnd non mi avrebbe mai permesso di vincere una gara al sabato e una alla domenica
  • convinto che la gara di Domenica in centro storico sarebbe stata molto più bella di quella di sabato al quartiere Navile
  • comunque affranto dall'assenza del mio avversario preferito e del suo compagno di squadra
  • speranzoso nel fatto che gli allenamenti gli fossero serviti a qualcosa
  • immaginando che la carta non sarebbe stata fra le più tecniche della storia dell'orienteering
  • e avendo giurato che in caso di insuccesso gli avrei piantato un paletto nel cuore
gli ho permesso di prendere di nuovo il mio posto al via della prova finale della Coppa Italia 2017 e di misurarsi con i soliti IngNeu, MicAus, SimRoc, SimGras, MaxBia, EddSan e con Luigi Lerose, che non è comparso molto spesso dalle parti degli M35, ma che già un paio di volte me le ha suonate alla notturna di Venezia, e corre come un missile.

Seguo l'Idiota con un drone magico di ultima generazione, che oltre a farmi vedere cosa fa lui, mi dice i tempi di tutti i suoi avversari lanterna per lanterna.

Seguendolo nel percorso fino alla partenza mi viene da pensare che ho fatto benissimo a far correre lui. L'avvicinamento è a furor di popolo il più brutto della storia dell'orienteering, potrebbe batterlo solo un tratto in tangenziale a Milano, ma ho l'ardore di pensare che non organizzeranno mai una gara in cui l'avvicinamento sia su un tratto di tangenziale a Milano.

Lanterna 1 - Vedo l'Idiota partire circospetto, è chiaro che ci mette un po' ad entrare in carta e che non sa neanche dove si trova. Dopo qualche secondo pare aver capito a che gioco sta giocando, e inizia a correre con più convinzione. Arriva alla lanterna con 13 (tredici!) secondi da Lerose, già virtualmente fuori dal podio. Ho sbagliato a chiamarlo idiota. Questo è un Mentecatto totale.

Lanterna 2 - tagliando fra le case si può stare praticamente sotto la linea rossa, ma il Mentecatto non se ne accorge e fa il giro dalla strada. Buon per lui che non se ne accorgono neanche gli altri. Lerose gli dà un altro secondo, ma risale al terzo posto.

Lanterna 3 - giuro a me stesso che se sbaglia questa mi scaglio su di lui con il drone in versione kamikaze! Probabilmente mi sente perché muove il culo e fa il miglior tempo, 5'' meglio di MicAus, 7'' meglio di MaxBia, e inspiegabilmente 13'' meglio di Lerose. Balza addirittura in testa, mah.

Lanterna 4 - il pirla si rilassa e si fa dare un intero secondo da IngNeu e Lerose. Però ha avuto la buona idea di non salire e scendere sulle due gobbe del cammello. Intanto rimane primo, vediamo come prosegue.

Lanterna 5 - questa ero capace di farla anch'io, basta correre lungo il lago. Comunque miglior tempo con 2'' su Lerose, forse potrei promuoverlo a Idiota. 

Lanterna 6 - ecco, si è montato la testa, la lanterna praticamente si vedeva già uscendo dal punto prima, e riesce a prendere 2'' da SimRoc, Mentecatto!

Lanterna 7 - ha poco davanti EddSan, che è partito 1' prima e ha un bel po' di esperienza più di lui, ma invece di seguirlo gira dall'altra parte del cammello, ed è una buona idea, perché non solo mangia 7'' a EddSan, ma ne mangia altri 3 a Lerose, e porta il suo vantaggio a 12''. Forse l'avevo sottovalutato...

Lanterna 8 - si butta all'inseguimento di EddSan, ormai ad uno sputo, e rosicchia un altro secondo a Lerose. Non male, l'Idiota. 


Lanterna 9 - lanterna banale? ditelo a MicAus che gira la casa dalla parte sbagliata... stesso tempo di Lerose, il ragazzo ha stoffa!

Lanterna 10 - altro miglior tempo e altri 3'' a Lerose: chirurgico sulla lanterna che aveva addirittura guardato andando alla 2, grande!! Lo sapevo che potevo fidarmi di lui!

Lanterna 11 - non perde tempo ad infilarsi fra le case e si butta per la strada più facile, pareggiando il tempo con Lerose, al quale è davanti di 16''. È fortissimo, me lo sentivo.

Lanterna 12 - strepitoso attraversamento del parco, imperiosa entrata nella stradina e altro secondo a Lerose: è un fuoriclasse!

Lanterna 13 - attimo di indecisione prima di entrare nel portico giusto, 4'' persi da Lerose, ma è importante non fargli perdere la fiducia in sé stesso. Forza!!

Lanterna 14 - cretino! 3'' più lento di IngNeu: ma era evidente che dovevi entrare nel condominio a est appena uscito da quello a ovest, e seguire il semicerchio!!! meno male che Lerose ha fatto lo stesso tempo, e rimangono 13'' di vantaggio

Lanterna 15 - magari dall'altra era un pelo più corta, ma almeno non perde tempo a pensarci su e si infila subito nel portico giusto:  nuovo miglior tempo, a parimerito con Lerose. Dai, dai, corri!

Lanterna 16 - pensate che sia facile attraversare un prato di corsa? Con tutta quella pressione psicologica addosso?? Il mio pupillo vola 1'' più veloce di Lerose, inseguendo SimGras partito 2' prima.

Lanterna 17 - pensate sia facile correre sotto il viadotto della tangenziale nord di Bologna? Con tutta quella pressione psicologica addosso?? Un minuto e tre quarti tirati a tutta, dopo una gara tutta a manetta, e contro un avversario molto più giovane di lui (boh, di che anno è Lerose???), e prende solo 1''. GRANDISSIMO!!!

Lanterna 18 - mi sa che l'acido lattico gli sta salendo al cervello, perché prende 2'' in una lanterna da 20. Meno male che l'arrivo è vicino e ha ancora 11'' di vantaggio

Lanterna 19 - ha SimGra ormai a pochi metri, e quando lui esce dalla parte evidentemente più lunga, non resiste alla tentazione di corrergli dietro. Grandissimo, ma un po' pirla, altri ci mettono 3'' di meno, ma per fortuna non Lerose.

Finish - Ci mette 1'' più di Lerose e 2'' più di EddSan a fare 100 metri, ma ormai chissenefrega: ha vintooooooooooo! Grande! Grandioso! Fenomenale! Eccezionale! 10'' a Lerose e 1' a IngNeu. Lo sapevo che era fortissimo! E tutti sono convinti che ero io, quindi a me i premi e i punti per la Coppa Italia, che mi fanno risalire al III posto e guadagnare una nuova medaglia (un salame no, eh?).

E domani c'è Bologna Centro Storico, e questa volta corro davvero io!

3 novembre 2017

Grande Orienteering

Per accontentare il signor SZ, ecco a voi un post di Grande Orienteering.

L'occasione gradita è l'ultima gara del Campionato Trentino CSI, classifica che non mi sono aggiudicato (neanche questa) in questo mio 2017 non generosissimo di soddisfazioni (almeno fino ad ora...). In M35 il circuito se lo aggiudica Andrea Segatta, in virtù della sua costanza di presenza e rendimento, mentre l'ultima gara del calendario pensavo proprio di aggiudicarmela io, e invece no.

È una carta dove ho già corso varie volte, e per l'appunto bisogna per lo più correre. Gli iscritti sono pochetti, e uno degli iscritti che dicono essere fra i più forti, Fabrizio Boneccher, è dato per assente. Poi appare Cipriani, poi appare anche Boneccher, ma ormai ho già corso, purtroppo.

Avrei fatto di meglio se li avessi visti prima? Boh, probabilmente no, ma un po' di adrenalina in più (e quando vedo Cipriani me ne viene un sacco) non mi avrebbe fatto male. Ma mi avrebbe fatto sicuramente ancora meglio avere le gambe un po' meno dure, e su questo non c'è avversario che tenga. Evidentemente lo Stivo è più lungo da digerire dell'Adamello (= le gare "corte" e "veloci" mi rimangono di più nelle gambe di quelle lunghe e lente).

Passando al Vero Orienteering, potevo sicuramente limare qualche secondo andando alla 2 attraversando a nuoto il fiume (come ho fatto dalla 8 alla 9) invece di passare il ponte e aggirare timorosamente la chiesa, e anche leggendo la descrizione punto e rendendomi conto che la 18 non era su un qualche oggetto a bordo boschetto, ma all'angolo di un sedicente edificio diroccato, invisibile da bordo bosco. Avrei poi anche potuto non perdere qualche manciata di secondi dalla 24 alla 25, se la carta fosse stata meno imprecisa, ma lì non tornava un tubo (e qualcuno ci ha perso molto più di me...). E ne avrei infine persi un po' meno dalla 26 alla 27 se mi fossi ricordato che quella righetta rossa voleva solo dire "occhio al recinto" e non "vasca con coccodrilli": ci ho messo un secolo a strisciare nei 30 cm fra muretto e filo elettrificato (fortunatamente non davvero elettrificato).

Tuttociò premesso, avrei vinto comunque, se non fosse che sui 6 x 2,5 metri di dislivello spalmati sui 250 metri di strada asfaltata che precedevano la 100, quello che dicono essere fra i più forti, mi dà 10'', e mi precede al traguardo di 5 :-(

Vediamo se una settimana di riposo basterà per tornare da Gambe de Pedra a Gambe da Pedro.