30 agosto 2020

Verso lo Swiss Peak trail

Mentre fuori diluvia, mezza Italia è sotto acqua, mezzo mondo è sotto Covid e qualche altro centinaio di catastrofi piccole e grandi imperversano qua e là, io mi appresto a partire per la Svizzera, Vallese per la precisione, per lo Swiss Peak Trail.


Nelle mie intenzioni di tanti mesi fa, doveva essere una specie di festeggiamento per la sconfitta della pandemia (ebbene sì, speravo che l'estate si portasse via tutto) e una celebrazione della testardaggine con cui avevo continuato ad allenarmi in cortile come un criceto, quando non si poteva mettere il naso fuori di casa.

Invece, come tante volte accade, sarà solo un momento di sospensione in mezzo a tutte quelle cose che potrebbero andare molto meglio, una (grossa) boccata di ossigeno per ricaricarsi e rituffarsi poi a testa bassa nelle 1000 sfide della Vita.

Ok, partire per una corsa di 316 km su e giù per la Alpi Svizzere è un modo strano di rilassarsi, ma per quanto mi riguarda è uno dei più efficaci.

Peraltro, che arriverò in fondo è tutto da dimostrare, dato che la parte di me che l'anno scorso era super preoccupata di non arrivare in fondo al Tor (330 km) ha registrato che io il Tor l'ho corso e questa è più corta, ma non che io al Tor mi sono fermato a 150 km, e quindi questa è più del doppio. Al momento la distanza massima che io abbia mai corso è di 180 km, da lì in poi "hic sunt leones", o più probabilmente camosci o stambecchi.

Ma sono moderatamente ottimista sulle mie possibilità di arrivare sano, salvo e felice a Le Bouveret, magari grazie anche allo "sconto covid", che quest'anno ha fatto accorciare la gara, da 360 km a soli 316...

I posti saranno da urlo, spero non lo saranno anche le condizioni meteorologiche. Ma del resto si sa che "el tem, el cul e i siori i fa quel che i vol lori" (qui a fianco una foto scattata alle ore 9.00 di domenica mattina a Bettmeralp, località di partenza della gara...).

Se l'insonnia funestasse le vostre notti e voleste un passatempo sufficientemente soporifero, potete guardare qui dove sono arrivato. Non sarò invece "socialmente attivo", dato che il mio nokia del 1412 non supporta le nuove tecnologie (ma la sua batteria dura una settimana).

 

Circa 8 o 9 giorni dopo la fine della gara (dipende da quanto ci metto a finirla...), ci sono i Campionati Italiani Sprint e Long di orienteering, in Primiero. Da dimostrare che questo fosse il modo migliore per prepararcisi, anche se lo sanno tutti che un solido riscaldamento pre gara fa benissimo...

3 agosto 2020

Vioz e Cevedale

Ogni tanto mi prende un trip per qualche montagna, questa volta è il turno del Vioz, ragguardevole cima in cima alla Val di Peio, dove ci fanno (o ci facevano?) pure un Vertical. Montagna Vera, in una delle zone più belle del Trentino, al confine con l'Alto Adige e la Lombardia. Ho in mente un giretto allegro, con riscaldamento di 16 km il venerdì tardo pomeriggio da Mezzana (dove mi scodella il trenino della Val di Sole) a Peio, pernottamento al lussuoso Hotel Centrale di Peio (che nella modica cifra della mezza pensione mi satolla con primo - secondo - contorno e dolce) e poi giro Vioz - Val di Rabbi con un po' di bei posti in mezzo.

Solo che poi scopro che lì a due passi c'è il Cevedale, la cima più alta del Trentino con i suoi 3.769 metri, e la tentazione è troppo forte. Il tizio dell'albergo, alla mia domanda "per andare su lì ci vogliono ramponi - picozza e cordata, o bastano i ramponcini?" risponde "se segui le tracce e hai un po' di esperienza di montagna, bastano i ramponcini". E la frittata è fatta.




La salita al Vioz è semplicemente entusiasmante: una processione di posti e panorami uno più bello dell'altro, con un tempo fantastico, un silenzio irreale, il morale alle stelle, gambe - polmoni e cuore in idilliaco stato di grazia, e mi mangio quasi 2000 metri di dislivello senza neanche il fiatone sopra i 3.000. Se esiste l'uscita perfetta, probabilmente è questa.


Poi arrivo lassù e sono pure in tinta con il cielo: Palon de la Mare, Cima Rosole, Cevedale, e Zufallspitze sono lì a portata di mano. Intendiamoci, alla fine non mi succede niente di brutto, ma scoprire a posteriori che ho rischiato per varie ore di finire come un pirla in un crepaccio (perché un ghiacciaio non è come una distesa di neve in inverno, e sotto quel bel manto bianco può esserci un gran casino) mi è un po' scocciato. Per un po' ho effettivamente seguito delle tracce (di due pirla che al primo tratto sui sassi andavano lentissimi e sembrava non avessero mai messo piede sopra i 435 metri s.l.m.) ma poi dove non ce n'erano sono andato avanti felice come un bambino in neve fresca. E ok, tutto bene quel che finisce bene, ma con il senno di poi quelli che arrivavano in senso contrario e mi sembravano dei marziani con picozza, ramponi, imbraghi e corde, erano decisamente più intelligenti di me.

Rischio di morire a parte, anche da lì in poi è stata una figata, con un'altra processione di posti e panorami fantastici, e un consuntivo di 47 km e 3700 metri di dislivello, con l'unico serio inconveniente di essermi scottato entrambe le cosce, perché di mettermi la crema solare solo perché dovevo stare al sole sulla neve per 4-5 ore non mi è proprio venuto in mente...











Verti e Ori

Estate sportivamente varia, dove non riesco a fare a meno di cambiare continuamente distanza e tipo di sforzo, con grande sollazzo.

Dopo il lunghissimo lento sul Vioz e dintorni torno al corto veloce, prima con il mio secondo vertical e poi con l'agognato ritorno alle gare di orienteering: sul "solito" Doss Trento, ma l'astinenza è stata talmente lunga che andava bene anche il parcheggio della Coop.
Il Vertical Vecchi Mestieri del circuito Val di Cembra si corre a Grauno, provincia di Grumes, ed è una figata. Pendenza variabile, tratti corribili, mini discese, scalette in metallo o terra, falsopiano prima dell'arrivo per buttare fuori tutto quello che è rimasto, e una "piacevole" sensazione per tutta la gara, che due battiti in più al minuto il mio cuore non li avrebbe retti. Mi sfianco quanto riesco (arrivo addirittura a sentire una roba che potrebbe essere l'acido lattico nelle vene dei polsi...) spingo gambe e polmoni al limite delle loro capacità e arrivo stanco ma felice, in una miserevole 39esima posizione, che vuol dire che in questo gioco qui decisamente non sono competitivo. Però è un gioco divertente.

Ancora più divertente è il mio gioco preferito, l'Orienteering, anche se giocato in un posto dove ci ho giocato un po' troppe volte. Fortuna che sul Doss Trento o mi perdo o vado pianissimo per non perdermi, e così va anche questa volta. Alla quinta lanterna riesco anche a strappare un 22esimo posto, a 17 secondi dal primo, che su una lanterna da 20'' non è male. Una volta scesi c'è solo da correre, e dopo l'unico dignitoso intertempo di giornata alla 13, risulta evidente che la corsetta mattutina di un'ora e mezza in discesa dal Bondone, in ottica gara non è stata un'ideona.

Alla fine riesco a tenere dietro lo storico rivale Cip Cipriani di quasi un minuto, ma solo perché lui alla 8 fa una vera schifezza (anch'io, ma un pelo meno), mentre Silvan Daves mi dà mezzo minuto, suonandomele in quasi tutte le lanterne (e del giovane Tait non parliamone neanche).

La mia prossima o-gara potrebbe addirittura essere il campionato italiano sprint a metà settembre, la settimana dopo i 316 km del Swiss Peak Trail. Può essere che non sarò in formissima.