26 settembre 2011

Trofeo delle Regioni 2011


Ad un anno dalle prove così così del mio esordio in rappresentativa del Trentino vengo nuovamente convocato per difendere il viola della mia provincia autonoma (che in quanto tale si guadagna lo status di "regione" anche in campo orientistico" e mi imbarco alla volta della Liguria, terra affascinante quanto lontana. L'ultimo pezzo di strada prima costeggia il bellissimo fiume Trebbia, che fa scattare automaticamente nella mia mente la litania "Trebbia - Taro - Secchia - Panaro" e non so se essere più scocciato perchè parte dei miei pochi byte di memoria sono impegnati nel conservare i primi quattro affluenti di destra del Po', o preoccupato perchè tutti gli altri non hanno invece lasciato traccia.

Ad ogni modo il campo gara è proprio in un bel posto (Casa del Romano), e peccato che per raggiungere i "700 partecipanti distribuiti sui due giorni di gara" temo abbiano contato tutti due volte. La prima giornata è di pre-autunno, fa caldo, il cielo è sereno almeno per un po' e ad aspettarci ci sono vari prati in cima a varie creste. Prima del via c'è il tempo per ricordare chi non c'è più, e il minuto di silenzio per il papà di Carlo e Stefano e per Carlo Dorigati è un momento veramente intenso, con il solo rumore del vento nell'erba ad accompagnare le emozioni di molti.

Poi è tempo di correre, e per quanto mi riguarda la situazione è chiarissima: sono fisicamente in stra forma, la cartina sembra stata fatta per me, fra i primi frazionisti delle poche staffette M35 in gara non c'è chi possa impensierirmi, quindi devo dare il cambio a Friz con almeno 5 minuti di vantaggio sul secondo. 

Sono ormai quasi sicuro che uno dei problemi sia capire dove sta quel confine invisibile fra la giusta fiducia nei propri mezzi e l'eccesso di supponenza. Forse si tratta solo di scegliere un determinato "oggi posso e voglio vincere con 5' di vantaggio" al posto di uno spocchioso "oggi vinco con 5' di vantaggio", forse è sufficiente limitarsi a pensare quello che si vuole senza dire nulla, forse dipende da persona a persona. Fatto sta che io su quel sottile confine ci inciampo rovinosamente e finisco a 5' dal primo, ma con il segno "+" davanti.

Succede che allo start parto come un missile lungo le verdi praterie in costa, attacco in grandissima sicurezza la 1, riparto lungo le verdi praterie in costa, punzono la 2 con 1' di vantaggio sul secondo, e poi non vedo l'autostrada che mi doveva fare attraversare il gran canyon e non registro che dovevo scendere solo una curva di livello, scendendo agli inferi. Da dove sono arrivato quando mi rendo conto di cosa sto facendo, il canyon non è attraversabile, risalgo un po', poi attraverso un po', poi risalgo un po', accumulo kg di acido lattico (perchè una misteriosa legge della medicina dice che 1 curva di livello fatta per recuperare da un errore ti stanca come 10 curve fatte sulla retta via) e quando arrivo alla 3 dopo che tutto il mondo è già passato, sono pronto solo per sbagliare di 100 metri la 4, trovare la 5 perchè è elementare e perdere altri 2' alla 6.

Da lì in poi non va neanche malissimo, ma ormai tutto è perduto, compresa la faccia dato che Fabietto Daves, che in M20 aveva il mio stesso percorso, chiude pochi secondi davanti a me ma essendo partito con il lancio 11' dopo di me. Nè si concretizza la speranza che il mio compagno rimedi alle mie malefatte, dato che non solo ci mette addirittura più di me, ma fa pure PM. 

Dato che al TdR non bisogna guardare a sè ma alla squadra, da una staffetta in cui potevamo chiudere con 4 punti di vantaggio sul Veneto, portiamo a casa 12 punti di ritardo, con un differenziale di -16 che potrebbe tormentare le mie notti future, se non fosse che il regolamento per l'attribuzione dei punti di squadra è talmente complicato che non si riesce davvero a capire quanti danni uno può aver fatto.

Il giorno dopo è il turno della long, che è più che altro una allungated middle, dato che i primi 3 finiranno in meno di un'ora. Il posto (Monte della Cavalla) è di nuovo molto bello, ma il tempo è più minaccioso e andando in partenza si ha l'impressione che per descrivere la vegetazione debbano avere utilizzato delle nuove numerazioni di verde sconosciute agli umani (ma non ai veneti, e da qui il sospetto di combine inizia a farsi strada). C'è chi azzarda un "magari dopo la svedese si aprono prati come ieri", ma da dove è piazzata la partenza sembra proprio impossibile.

Invece in effetti il sospetto di combine e la preoccupazione di arrivare a casa con l'epidermide a brandelli si dissolvono poco dopo la partenza, dato che il bosco miracolosamente si apre e compaiono addirittura i sognati prati. E io che avevo passato tutto il riscaldamento a dirmi "oggi evitare i verdi, oggi evitare i verdi, oggi evitare i verdi", devo arrendermi all'evidenza che anche sta volta il selftolching ha fatto cilecca.

La gara sarebbe piuttosto veloce e fisica ma non banale, con alcuni punti da attaccare con prudenza e altri da far andare le gambe. Io per non rischiare di buttare la gara nel finale anche questa volta mi porto avanti con i lavori, e butto 6' nelle prime 5 lanterne, vanificando di fatto la buona gara che faccio da lì in poi. Chiudo terzo, a 7' da Pin e 2 e qualcosa da Gottardi, con la sola miserissima soddisfazione di prendere e staccare Stefani che era partito 4' davanti a me e il giorno prima me ne  aveva dato 5. 

Fortunatamente, al Trentino non servivano i miei punti per vincere di nuovo il TdR.



21 settembre 2011

Rum-ori

Vabbeh, rischio.
Il fatto che gli ideatori siano anonimi non mi piace molto, e magari è solo un posto dove qualcuno approfitterà per fare un sacco di polemica sul malmesso mondo orientistico italiano.

Però se c'è una possibilità che diventi un reale luogo di scambio civile di opinioni su "quello che tutti pensano, ma nessuno dice", allora vale la pena di rischiare.

Eccovi il link al nuovo nato, Rum-ori.
E speriamo bene.


18 settembre 2011

Un'altra mezza (sega)

Dato che impegni simil lavorativi mi tenevano lontano dalla Val di Non e dalla sua due giorni, ho deciso di iscrivermi alla seconda mezza maratona della mia vita, dopo la non brillantissima prestazione di febbraio. Dato che Segatta pareva essere in condizioni precarie vista la recente varicella, gli unici obiettivi di giornata erano quelli di stabilire il mio personale abbassando l'1:25:16 di Verona e di concludere la gara in modo più dignitoso di quanto avessi fatto lì, dove gli ultimi km erano stati una processione di glutei maschili che si rimpicciolivano velocemente davanti a me.

Alla partenza confido a Segatta che ho intenzione di partire allegrotto per sfogare l'ardore giovanile nel primo km e poi attestarmi sui 4' al km. Lui mi fa notare in modo molto garbato che non gli sembra una buona idea ma io per la terza volta in questo 2011 me ne fotto di un consiglio di Orimaster. E per la terza volta me ne pentirò.

Quando danno il via comincio a saltellare di qua e di là per sperare tutti quelli che mi ostruiscono la strada, e sono in prossimità del primo km mi accorgo che non ho fatto partire il km. Così quando il microscopico cartello con su l'uno mi dice che è ora di rallentare non so se sia davvero il caso di farlo e, fatto partire il cronometro, per sicurezza mi mantengo allo stesso ritmo. Quando scorgo il bigliettino del secondo km il mio orologio dice 3:45, che è assolutamente troppo poco, così tiro il freno a mano. Lo faccio per la verità solo perchè so che devo farlo, perchè mi sento benone e potrei proseguire a quella andatura, ma ho capito che non si fa così. Quello che invece non ho capito, è che la gara poco alla volta mi presenterà il conto di quell'allungo iniziale di 2km, durante i quali l'adenalina da partenza ha nascosto al mio cervello, il fatto che le mie gambe a quei ritmi produco acido lattico a manetta, ma lui si è comunque depositato ben bene nei miei muscoli.

Comunque, dopo un altro km mi rendo conto che il freno a mano l'ho tirato troppo, e sono salito a 4:30 al km, che è proprio troppo. Così ri-accelero andando a recuperare il gruppetto che mi pare potrebbe andare a 4 al km. Dopo qualche altro tentativo (mica facile capire quanto accelerare per metterci 5'' di meno al km) mi assesto su un 4:02 che mi sembra possa andare. Siamo verso l'ottavo km o giù di lì e mi sento molto meno brillante rispetto allo stesso punto di Verona, dove pure andavo 10'' al km più in fretta, ma vediamo cosa succede (lo so che è palloso che io continui a parlare solo di minuti al km, ma non è che in una mezza maratona ci sia molto altro di cui parlare!!).

Raggiunto l'estremo sud del percorso si cominica a risalire il fiume lungo la ciclabile, e le mie gambe continuano a lanciare messaggi equivoci. Non è che stiano male, ma neanche particolarmente bene, e quando verso il decimo km mi raggiunge Segatta e mi chiede come va, la mia disamina è "boh". Lui invece sembra andare benone alla faccia della varicella, e lentamente ma inesorabilmente si allontana in avanti. Come vari altri glueti maschilli, accompagnati dagli unici glutei femminili dei dintorni, che appartengono alla prima donna di nome e di fatto, che in gara è di una antipatia ammirevole. Per la cronaca, passo al km 10 in un dignitosissimo 39:36.

Al km 12 o forse 13 il mio cervello riesce per l'ultima volta a eseguire le complesse operazioni necessarie a capire a che velocità sto andando sottraendo dall'ora di passaggio a quel km, l'ora di passaggio a quello precedente, e vengo così a sapere che sto viaggiando a 4:13'' al km, che non è proprio una tragedia, ma neanche un granchè. Da quel momento in poi l'acido lattico tracimerà anche nel cervello impedendogli di sorreggermi con dati aggiornati, vuoi perchè non si ricorderà più il tempo di passaggio al km precedente, vuoi perchè non riuscirà più a fare la sottrazzione, vuoi perchè non si ricorderà più il tempo di passaggio al km indicato dal cartello superato 2 metri prima. Così navigo alla velocità che le gambe mi permettono.

E' più o meno da queste parti che avviene un fatto che dal punto di vista psicologico è una lama a doppio taglio: il nostro percorso si congiunge con quello della non competitiva da 10 km. Questo significa che si inizia a superare agevolmente un sacco di gente e ti senti un figo, ma che appena li hai superati capisci dalla mancanza di pettorale che sono quelli della non competitiva e ti senti una sega.

Tornati sul lungo Adige io per me ne avrei più che a sufficienza. Quando arriviamo in prossimità del bivio che in pochi minuti porterebbe un ritirato all'arrivo, la tentazione di piantare lì è fortissima. Se non lo faccio non è nè per orgoglio nè per forza d'animo, ma solo per infliggermi una punizione per la mia perdurante insipienza atletica. Mentre continuo a correre mi dico "ad imperitura memoria", ma già lì so benissimo che la mia memoria periturissima e la prossima volta lo farò di nuovo.

Comunque, quando supero il km 16 e penso che ne mancano ancora 5, da una parte penso che siano una eternità, ma dall'altra sento che una parte di me sta mandando segnali incoraggianti, come se ci fossero state delle energie nascoste da qualche parte che stanno diventando disponibili. Il passaggio verso il km 17 al buio con le luci psichedeliche in galleria (l'ex tangenziale ovest di Trento, oggi museo) è molto suggestivo e il successivo incontro con i miei figli che mi aspettano lungo il percorso è un ulteriore piccola carica, e inizio a pensare che potrei anche provare a spingere un po' di più. Quando ci provo sul serio le gambe mi assecondano e i glutei dei vicini smettono di rimpicciolirsi. 

Il cervello continua a non essere in grado di fornirmi indicazioni cronometriche ma credo di essere tornato sotto i 4 al km, e dopo il gonfiabile dell'ultimo km inizio a anche ad assorbire la quanità di moto di quelli che cercano di superarmi. Succede infatti che quando mi sembra di essere alla cannella del gas e uno mi si affianca per superarmi, io riesco ad aumentare il ritmo fino alla sua andatura, e quando questo schiatta io continuo con quella andatura. La cosa succede due volte e mi permette di fare le ultime centinaia di metri ad una velocità che fino a qualche minuto prima pensavo impensabile. Se subito dopo il traguardo avessi fermato il cronometro invece di essere completamente impegnato a decidere se era meglio sdraiarsi sui cubetti di porfido o sul metallo della sponda idraulica del camion di uno degli sponsor, sicuramente il tempo dell'ultimo km mi avrebbe tirato su una costola (mi ero impegnato davvero molto per memorizzare il tempo di passaggio sotto il gonfiabile!).

Il tempo finale del Timing data Service (che ha fornito ogni atleta di un sostenibilissimo chip usa e getta con batteria incorporata) dice 1:27:09, quasi due minuti peggio di Verona e più di 3 minuti peggio di Segatta, al quale evidentemente la varicella ha fatto bene.

Comunque l'orienteering rimane 1000 volte meglio.

12 settembre 2011

Campionati italiani staffetta 2011

Siamo sempre in un bel posto e ho preso meno peggio del previsto la delusione del giorno prima, così mi presento abbastanza di buon umore anche il giorno della staffetta. Ho la certezza di non poter ambire ad una medaglia (i miei compagni di staffetta è un miracolo se conterranno il ritardo entro la mezzora dai primi) ma vorrei almeno fare una gara dignitosa, almeno per far vedere a Hueller che la mia convocazione al trofeo delle regioni ha un senso.

La vera verità è anzi che sono incazzato come una bestia e vorrei fare il miglior tempo di frazione, ma di solito con l'incazzatura non si va molto lontani. Fortunatamente prima della mia partenza da terzo frazionista passano tante di quelle eternità che qualsiasi incazzatura non può durare così a lungo, e alla partenza in massa dei terzi frazionisti avanzati (all'alba delle ore 12.15) sono quasi sereno. Ma molto voglioso di correre. E scopro anche con piacere che anche le mie gambe lo sono.

Risparmio ai lettori l'ennesima cronaca lanterna per lanterna, limitandomi a qualche considerazione. Il mio tempo alla fine sarà il secondo fra gli italiani, a 8' dal signor Maddalena (SUI), 3' dal signor Kamm (SUI) e 2' dal signor Cip (Vals), che non è male (ammetto anche che ci avrei messo una ventina di secondi in più se non avessi tagliato dalla zona proibita di cui altri hanno già parlato. L'ho fatto per foga e in buona fede, semplicemente perchè pensavo di aver superato la zona tratteggiata e invece c'ero ancora dentro). Pensavo anche di aver fatto una buona gara, a parte la divagazione al pnto 13 causa incontro con Cristellon S. (e gli incontri per me sono ancora invariabilmente un problema). Segnando però oggi le scelte di percorso sulla carta con il mitico stabilo rosso, ho visto che di cavolate ne ho fatte parecchie.

In particolare:

al punto 2 potevo almeno tagliare la curva del sentiero
alla 3 potevo andare praticamente in azimut senza grosse difficoltà
alla 7 potevo salire meno verticale al prima sentiero risparmiando fiato e 5 curve di livello
alla 8 potevo andare quasi in azimut, visto anche che le gambe andavano anche in salita
alla 13 potevo andare sotto la linea rossa accorciando parecchio

Insomma, ci sono ancora ampi margini di miglioramento.
Per la cronaca, la staffetta M35 del San Giorgio è arrivata nona ad un'ora circa dal bronzo.

Campionati Italiani Long 2011

Arrivo al campionato italiano long di Bellamonte nelle mie condizioni migliori possibili. Molto in forma atleticamente, di ottimo umore, carico al punto giusto e molto consapevole dei miei mezzi. Non ho neanche il raffreddore e il posto è talmente bello che da mesi aspetto questa gara guardando le foto sul sito del Pavione. Ho anche un certo conto in sospeso con gli italiani long dopo il secondo posto a metà gara dell'anno scorso, e a Bellamonte mia moglie ha vinto una medaglia agli italiani (in W12...) e dove lei ha preso medaglie di solito le prendo anch'io. 

Quando arrivo in partenza dopo il viaggio in seggiovia che mi godo come un bambino e quello sotto la seggiovia successiva che mi godo molto meno, sono riscaldato e concentrato a puntino e non chiedo altro che 6 pib per partire.

Premessa metodologica. Nella seguente descrizione non nominerò mai Stefano Maddalena, perchè oltre ad essere di un altro pianeta è anche di un'altra nazione, quindi non correva per il titolo. Per la cronaca lui è arrivato secondo.

La prima lanterna non è perfetta, perchè scendo dal naso mentre potevo rimanere su e risparmiare qualche curva di risalita, ma, a parte Rigoni che si prende già mezzo minuto, gli altri miei avversari sono lì a un paio di secondi.

Per la 2 si corre per i prati, e dopo l'Alta Badia la cosa mi dà una certa sicurezza. Scelta non ottimale ma tranquilla e Rigoni mi dà un altro minuto e 20'' me li dà anche Bianchi, ma il Cip è lì e comunque sono entrato bene in carta.

Per la 3 c'è già la prima trattona, che però mette a disposizione un comodo sentiero fino a tre quarti, poi c'è una sella e poi andando in curva si può sbattere su un torrentello che ha una curva che sembra fatta apposta per fare da punto di attacco. Così inizio a correre giulivo per i prati fino ad un boschetto dove ho una della poche micro amnesie di giornata. Che non sarebbe neanche tanto micro, dato che improvvisamente mi viene il dubbio di essere sul sentiero più in alto e così lo lascio e vado via un curva, ma in quella che poteva trasformarsi in una orrida cavolata mi viene in soccorso il recinto che mi spiega dove sono, e mi dice anche che le stelle sono dalla mia parte. Mi rimetto a macinare sulla retta via e poco dopo aver attraversato il torrente vengo superato da Rigoni, che partiva 4' dopo di me. Però mentre l'anno scorso mi aveva raggiunto perchè ero perso, sta volta mi ha raggiunto perchè lui va come un Eurostar e io solo come un Intercity, e quindi va bene così. Mentre iniziamo la salita diventa subito evidente che non riuscirei a seguirlo neanche con la carta in tasca, ma non ne ho comunque nessuna intenzione. E arrivo persino alla 3 prima di lui perchè evidentemente la mia scelta prudente di sponda sul ruscello risulta più efficace della sua più alta e forse più diritta. Gli split alla fine diranno che su 17' di tratta pago due minuti e mezzo a King Carl e 45'' al Cip, ma do quasi 2' a Bianchi.

La 4 è una tratta corta, che corro assieme a Carlo, ma in autonomia. I 15'' che mi dà dipendono dal fatto che io avevo punzonato prima la 3 e lui arriva prima sulla 4 (nonostante si fermi a bere al ruscello...). 

Per la 5 decido inizialmente di andre in curva o qualcosa del genere, ma poi vedo Rigoni sulla strada sotto e mi lascio tentare. Le 9 curve da risalire fino al punto mi fanno capire che le mie gambe non sono poi così reattive come pensavo, ma arrivo al punto in sicurezza e guadagno quasi 2' e mezzo a Bianchi (perdendo solo 15'' dal Cip, mentre Carlo si è ormai involato).
La 6 è di una banalità talmente sconcertante che io faccio l'8° tempo, Bianchi il 7° e Cipriani addirittura il 15°. Misteri dell'orienteering, e a questo punto sono 2°!

Per la 7 mi sembra una buona idea tagliare giù al torrente, ma lo faccio in modo un po' superficiale e quando sono in fondo non so più dove sono. Prima di risalire a caso ho la buona idea di andare a cercare un punto certo e incontro un naso che mi accompagna fino al punto (anche se perdo qualche secondo a dubitare di essere davvero nel posto giusto). 1' peggio di Rigoni ma 45'' meglio del Cip e solo 4'' peggio di Bianchi.

Per la 8 c'è da fare sostanzialmente una cosa: correre. E io penso di saperlo fare. Anche se le gambe mi risultano molto più pesanti di quello che mi sarei aspettato. E' vero che sono già in gara da tre quarti d'ora, ma speravo meglio. Ad un certo punto sento arrivare uno dietro di me che sembra decisamente più lanciato, e penso che se è un master mi ritiro. Ma è Schgaguler, quindi proseguo. Gli split diranno che ho perso 20'' da Rigoni (ma pare abbia fatto una cavolata in zona punto) e 8'' dal Cip, ma sono ancora secondo e Bianchi è affondato 10' più indietro per un grandioso casino in zona punto (nella quale io invece faccio un figurone con una w20 o giù di lì che mi chiede dove è la 145, grazie al fatto che ho letto la descrizione punto e ho sentito qualcuno che ha detto che Guglielmetti ha detto che il problema sono i punti nascosti, così punto a colpo sicuro al cocuzzolo dove la lanterna non si vede per niente ma che io sono certo nasconda il telo bianco e arancione, ed è proprio così).

Per la 9 c'è poca strada ed è in discesa, c'è un terrazzino con un gruppetto di alberi (invece dell'albero isolato segnato in carta, ma vabbeh) poi un dosso nel bianco e poi si scende nella depressione da cui sta uscendo Visioli. Non un fulmine di guerra (ottavo tempo) e il Cip mi risicchia 20'', ma rimane dietro.

Per la 10 bisogna di nuovo correre sulla strada, e questa volta i secondi che Andrea mi recupera sono 50, parte per una maggiore freschezza nella corsa, e parte per la mia insipienza in zona punto, dove vedo una telecamera su un naso e mi convinco che la lanterna deve essere in vista telecamera nell'avallamento prima del naso, e quando non la vedo ci metto molto più del dovuto a capire che evidentemente è in quella dopo. 
Per la 11 vado chirurgicamente via in curva, 4'' più lento di Cipriani ma 5'' più veloce di Rigoni e a due terzi di gara mi trovo terzo a 9' da Carlo ma soli 30'' da Andrea (e 3' da Maddalena) e 9' davanti a Bianchi. Da lì mi butto lungo la palude fino al torrente, lo attraverso e scendo ancora un po' fino alla radura, mi avvio in curva nel verdino, trovo la prima radura e da lì arrivo in breve a quella con il punto, facendo meglio di un paio di minuti rispetto al Cip e soprassandolo di slancio in classifica. Poi via a rotta di collo fino al torrente e dalla sorgentina su in azimut fino alla 13 prima di balzellare di radura in radura (ma con un minimo di prudenza) fino alla 14 e da lì di azimut in discesa alla 15.

Per la 16 basta andare in là fino all'avallamento e farsi portare dalla palude mentre la 17 richiede un trsferimento attraverso le piste e un attacco ragionato al punto. Io allargo un po' troppo e arrivo ai roccioni prima di capire che ho esagerato, ma pago solo 20'' al mio avversario diretto ma gliene restituisco alcuni alla 18 è comunque è sempre dietro.

Qualche curva in salita prima dell'ultima volata verso la 19 alla quale accompagna il pratino che entra dalla pista e poi si tratta solo di mulinare le gambe più in fretta possibile e vedere chi ne ha ancora di più: primo Rigoni in 1:25:28, secondo Pedrotti in 1:42:36, terzo Cipriani in 1:42:39, quarto Bianchi in 1:58:01.

Medaglia d'argento per 3'' su Cipriani e 16' su Bianchi!


Se fosse andata davvero così, non ci sarebbe stato proprio nulla di scandaloso. Ma la classifica che apparirà sul sito FISO (e già presente con mirabile velocità sul sito del Pavione, completa di split) è un po' diversa.

La cronaca è fedele fino al punto 11, poi accade che in prossimità del punto 12 raggiungo Cipriani che è perso in zona punto, e dato che sono tanto buono e un po' pirla decido di perdermi anch'io con lui, e fra la radurina prima della lanterna e quella giusta ci lasciamo 27' e 35'' io, e 19' e 16'' lui (perchè lui alla fine la trova molto prima di me, ma io non me ne accorgo e lui non fa nulla per farmene acorgere). Cosa che non impedisce a lui di prendere comunque il bronzo a 3'' dal secondo (che però è Bianchi) mentre, condanna me ad un mesto 10° posto.

Dopo lunghe riflessioni post gara sono giunto alla conclusione che il mio errore è stato quello di confondere la radura prima del punto con quella del punto, e la mia sfiga è stata che c'era lì il Cip (e quindi pensavo che se c'era lui doveva essere quella giusta) e che proseguendo un po' c'era una striscia di palude (non segnata in carta) che poteva essere tranquillamente scambiata per la paludina dopo il punto. Mi sarei io fermato alla radura prima se non avessi visto il Cip? Mi sarei io accorto dell'errore se non ci fosse stato lui? Non è dato saperlo. Rimane il fatto che ad un certo punto avevo deciso che la lanterna non c'era e me ne ero andato, ma avevo dovuto tornare sui miei passi dopo che due ragazze che avevo incontrato tempo prima in zona mi avevano detto che invece loro l'avevano trovata. E che sono riuscito a trovarla solo quando secoli dopo è arrivato Bianchi e mi ci ha portato.

Da lì in poi non sono più riuscito a fare nulla, con le gambe ormai meno che a mezzo servizio, dato che ero già in bosco da un'ora e quaranta, e il cervello ormai completamente in disarmo. I 9 minuti da Cipriani sono diventati 25 così come i 12 da Bianchi, che pure su 13, 14 e 15 aveva un ritmo tuttaltro che irresistibile.


Se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola. Ma io adesso  so che una medaglia ai campionati italiani long non è un sogno irrealizzabile.



9 settembre 2011

Alta Badia

Della straordinaria bellezza del posto ne hanno già parlato abbondantemente altri, posso solo aggiungere che io ci ero particolarmente affezionato perchè l'anno scorso in un giro in bici ci avevo praticamente girato intorno, costantemente con il naso all'insu per la bellezza delle montagne circostanti. E poi da lì si vedeva il mitico Piz Boè, il punto più alto della Dolomites Sky Race, quello dove io non sono mai arrivato per le avverse condizioni meteo, ma dove forse un giorno riuscirò ad arrivare.
La carta non era forse molto tecnica, e, come dice il cartografo, forse qualche curva ausiliaria poteva essere evitata e la lettura sarebbe stata più chiara.
Della mia gara che dire? Quando si vince con 5' sul secondo e 12' sul terzo o si è proprio forti forti o gli avversari sono un po' scarsi. Punterei sulla solita via di mezzo, dichiarando ufficialmente che io ho fatto una discreta gara, mentre altri molto meno. Diciamo anche che era molto adatta ai miei mezzi, dato che era più fisica che tecnica, comunque è una buona notizia che le gambe vadano così bene una settimana prima dei campionati italiani long (anche se a dire il vero in gara mi sentivo piuttosto imballato).
Guardando la gara più da vicino (a scopi autodidattici, non perchè la cosa possa interessare a qualcuno) la prima tratta era in curva e sembrava banale, ma se Rudy Mair è riuscito a confondersi tanto da lasciarci 11', forse qualche insidia la nascondeva. Andando alla 2 si apriva davanti l'immenso pratone, che dalla carta sembrava un inferno mentre era proprio un bel posto per correre. Non facilissimo prendere la direzione giusta, ma le casette aiutavano fin troppo. Per la seconda edizione ne consiglio l'abbattimento (oppure il non segnarle in carta, se è permesso dalle sacre norme IOF).
La terza è vicina anche se in salita, la 4 è di nuovo in curva e perdo qualche secondo per girare attorno ad un boschetto invece di scavallare alla sella. La 5 è banale e quindi non capisco perchè è quella in cui sono andato peggio in contronto con gli altri. Per la 6 andare in curva sembra periglioso e opto per una più tranquilla strada, probabilmente eccedendo in prudenza. Alla 7 ci arrivo con un azimut un po' azzardato mentre alla 8 mi accompagna il torrente e poi compare l'inconfondibile boschetto. 
Per la 9 le forme del terreno aiuterebbero un sacco, ma nella lettura passano in secondo piano rispetto ai colori quindi mi butto verso il verdino, lo attraverso e, riemerso dal torrentello dove sprofondo fino a metà gamba, ho un momento di dubbio. Un po' più in alto alla mia sinistra ci sono altri 3 orientisti, fra cui Grassi Junior. Sto per raggiungerli ma poi mi dico che no, questa volta ho ragione io. E infatti procedo altri 20 metri e trovo la mia lanterna nell'avallamento e riparto, inseguito da Grassi che ha la mia stessa tratta fino alla 10 e non gli cedo mezzo metro (e lui è un vero elite!).
Verso la 11 sono un pelo affaticato, la 12 è in una bucona che si vede da lontano e da cui spuntano innumerevoli orientisti, l'albero della 13 si vede da lontanissimo e il problema è solo cercare di correre fin lassù. Andando alla 13 mi dico che se non riesco a preparare la lanterna dopo in una tratta del genere, non ci riuscirò mai più, e allora mi sforzo di pensare anche alla scelta successiva, cosa che non faccio mai. E ci riesco pure, impostando una linea lungo il boschetto e il semiaperto che mi porta al laghetto e alla 14. 
Siamo ormai agli sgoccioli, la 15 è facile e sbaglio solo una manciata di secondi rimanendo un po' basso, la radura della 16 è elementare, e la risalita verso la 17 chiede solo di avere ancora un po' di energie. Io evidentemente le tengo per lo sprint, perchè la 17 è un'altra di quelle lanterne in chi pago un po' di secondi da altri che ho staccato in tutte le altre.
Questa volta il pensiero "però era una gara facile" mi attraversa la mente solo nel corridoio di arrivo, quando è ormai troppo tardi per buttare via la gara con errori catastrofici.
Direi che della mia gara mi è piaciuto soprattutto il fatto che sono rimasto concentrato dall'inizio alla fine, cosa che era resa ancora più difficile dalla relativa facilità delle tratte nei pratoni. Per il resto, le gambe sembrano potermi portare abbastanza lontano, e il contatto con la carta non è stato male.
Vedremo a Bellamonte.
 

2 settembre 2011

Due giorni della Val Rendena: Day Two

Il posto è spettacolare e la giornata pure, la Val Nambrone è una valletta rintanata fra le Dolomiti di Brenta che farebbe venire voglia di farci una marathon più che una mini middle, ma vabbeh. In compenso anche questa non è esattamente una cartina da rientranti dopo le mollezze tecniche estive, e considerando che c'è anche la partenza in linea, nella quale notoriamente mi imbambolo, la vedo male. In più c'è la misteriosa formula "one-man-relay-Bezzi-Style" che non si sa bene cosa sia. Ci saranno farfalle? Ci saranno "forks"? Boh.

Si parte e cerco di dare un occhio alla cartina prima di ficcarmi nell'imbuto del ponte, dato che il guado del fiume è tassativamente vietato. Per qualche metro riesco anche a non seguire nessuno, o a dirmi che non lo sto facendo, poi superata la 1 mi trovo dietro a Cristellon C. e Widman, che vanno inequivocabilmente verso la mia 2. Decido quindi che andare con loro non può essere una buona idea. 

Passiamo poi vicino al sasso nel piano e vorrei vedere il sassone e il dossetto dopo, che però non vedo. La zona è molto sconnessa e la mia dimestichezza con le carte anche, ma dopo un po' devo arrendermi all'evidenza che non sto andando dove dovrei. Scoprirò poi che loro hanno punzonato senza che io me ne accorgessi la loro 3, che era in una buca. Torno a cercare la mia guadagnando un doppio attraversamento di un terreno alla "bello correre qui se non mi gioco un femore un una buca nascosta fra i sassi" e arrivo poi felicemente al taglio di bosco, molto evidente guardando in alto. Peccato che invece non riesco a vedere il dosso, per altro piuttosto evidente, che dovrebbe farmi da riferimento. Vago per un po' avvistando delle case, poi torno indietro, poi capisco dove sono e poi arrivo alla lanterna. In una eternità e mezza.

Andare alla 5 è molto facile e lo sarebbe di più se il fondo del taglio di bosco avesse un terreno decente. Per la 6 decido prodentemente di passare dal prato, e la allungo parecchio ma almeno ho un punto d'attacco chiaro (un sassone di 5 metri di altezza...). Per la 7 mi dimentico di superare anche il secondo torrentello e inizio a cercare un po' troppo presto, mentre per la 8 mi metto a cercare attorno al dosso prima perchè non ho bene idea di dove devo iniziare a cercare. E altri vagano con me.

Vago anche alla 9, dove la lanterna è esattamente sul dossetto dove pensavo che fosse, ma dove non l'ho vista al mio primo passaggio. In ogni caso il mio contatto con la carta è penoso e sbaglio anche la scelta per tornare al ponticello. La 10 è così facile che non riesco a sbagliarla neanche io mentre per la 11 non basta neanche la mia scelta in super sicurezza, e mi ritrovo sulla paludina sotto (dove c'è una lanterna di altri, dato che il "Bezzi Style" consiste in un percorso dove tutti hanno alcune lanterne un po' diverse dagli altri, come in una frazione di staffetta). Dignitose la 12 e la 13 poi per la 14 punto al sentiero dove ero già passato e ci vado abbastanza in fretta. Qualche secondo di indecisione perchè al solito mi concentro sull'elemento più evidente del tondino (il sassone) invece che su quello giusto (la buca). 

Poi torno per sicurezza sulla strada, sbaglio un po' alla 15, mi godo il posticino della 16 (dove una buonanima del Trent-o mi fa anche una foto) e poi vado deciso alla 17, che non mi sembra niente di particolare ma che ha mietuto numerose vittime illustri, che hanno inspiegabilmente proseguito per il sentiero. 18 e 19 sono banali, ma mi prodigo in uno sprin per tentare di superare Widman (che evidentemente ha commesso qualche crimine orientistico per essere ancora lì). Ma chiude con 1'' meno di me.

Morale della favola: se non la smetto di perdere decine di secondi per ogni punto, per il solo motivo di non voler perdere un paio di secondi a leggere bene la descrizione del punto successivo all'uscita dal punto precedente, non farò mai molta strada nell'olimpo degli orientisti.