25 settembre 2023

Passo ScarpaNò

In Trentino ci sono più posti belli dove andare a correre, di quanti riuscirò a correrne prima che le giunture cedano o prima che mi passi la voglia (20 anni fa non mi sognavo neanche di correre su per i monti, magari fra 5 o 10 sarò giù stufo), e ci sono alcune zone in cui ci puoi andare a colpo sicuro, che qualsiasi sentiero farai sarà bellissimo.

Se il sentiero c'è davvero.

Una di queste zone è l'Adamello e dintorni e dopo attento studio delle mappe metto in programma per sabato scorso una traversata Ossana - Pinzolo, con viaggio di andata in Vaca Nonesa (il trenino della val di Non, per i non trentini...) + bus, pernottamento al grandioso Hotel Niagara di Ossana (cena sontuosa, camera confortevole, colazione all'altezza delle aspettative), attraversamento del Passo di Scarpacò alla ragguardevole altura di 2800 e rotti metri, gironzolamento per i laghi di Colbricon ed amici vari, discesa a Pinzolo e ritorno con corriera di linea della Val Rendena.

Tutto perfetto, tutto bellissimo, tranne il fatto che allo Scarpacò non ci sono mai arrivato e ho dovuto tornarmene ad Ossana.

E' successo che al lago Venezia c'era un cartello che mi mandava a sud ovest, mentre il sentiero sulla mia carta (che non ho guardato perché tanto c'era il cartello) andava ad est, rimanendo a valle del lago e io, avvolto da nuvole basse e rocce, ho proseguito assai.

Quando il sentiero è scomparso, visto che a sinistra non c'era nulla, ho pensato che lui se ne fosse andato su a destra un po' prima, e ho iniziato a convergere a destra, che prima o poi l'avrei incontrato. Ma lui, una traccetta infima segnata malissimo, che non era il 216 ma un anonimo sentiero per il Bivacco Jack Canali, nel frattempo era arrivato al suo bivacco e si era fermato, e quindi non l'ho incontrato mai. Ma il vallone proseguiva e su lì c'è sicuramente il passo e pazienza se non vedo segni bianchi e rossi, né segni rossi, nè omini di pietra, né tracce di sentiero.

E in effetti su lì un passo c'era, ma non era affatto lo Scarpacò e oltre il passo c'era una traccetta ripidissima, coperta di neve, che sprofondava in un abisso di nebbie, troppo persino per uno non proprio prudente prudente come me (anche perché mi avrebbe fatto scendere nel nulla più nulla, a chilometri dal sentiero per Pinzolo a cui puntavo io).

Così ho dovuto tornare indietro, con l'idea di scendere in castigo gli 800 metri saliti avventatamente fino a lì, tornare al lago Venezia, pigliare il sentiero giusto, ed espiare con altri 800 metri le mie colpe.

Solo che il sentiero, ricercato con ardita mossa a tenaglia intorno al lago (lui passa a nord del lago e sale verso sud est, io sto a sud del lago e convergo verso nord ovest, non posso mancarlo), non l'ho mai trovato, per il semplice motivo che non c'è mai stato, come mi ha confermato il cacciatore che ho re-incontrato scendendo, dopo che l'avevo incontrato 8 ore prima, sempre sdraiato nello stesso posto, salendo. "Non ho trovato il sentiero per lo Scarpacò", "Ah, ma non c'è mica il sentiero, si va semplicemente su per il vallone". Peccato che ci fossero dei cartelli (che poi scomparivano) e un chiaro segno sulla mappa, però almeno mi sono sentito un po' meno pirla (per la cronaca, sia Fatmap sia Strava lo localizzano a sud del lago, ma lui comunque non c'è, giuro).

Comunque, dato che forse l'anno prossimo farò il Kima, avevo pensato che il mio 2024 potesse essere dedicato alla "ganda", cioè quel pietrame infame di dimensioni variabilissime che ti fa andare pianissimo, fare un sacco di fatica e stare attento ad ogni passo come potesse essere l'ultimo (ed in effetti potrebbe tranquillamente), che i frequentatori dell'Adamello, del Lagorai, del tratto fra Sankt Niklaus e Gruben della CMUR (o da Sankt Niklaus e Gruben, nella Swiss Peaks) conoscono bene.

Beh, in questa uscita di ganda me ne sono fatte quasi 5 ore, mi sono portato avanti.

Percorso, profilo altimetrico e amenità varie sul mio  Strava, in tutto 9h30', 31 km e 2.100 metri D+ (e D-).