22 ottobre 2010

Finale di Coppa italia - Alta val di Non

Peccato che non ci fosse qualche fotografo serio alla gara di Fondo (o che se c'era non si è palesato con qualche galleria su flickr) perchè credo avrebbero potuto venir fuori della gran belle foto. Certo avrebbe avuto bisogno di un bel paio di guanti, perchè la temperatura era un po' rigida, ma tra il lago (del quale ho rubato uno scatto dal FVG) e i corridori-leprotti sulla neve della parte alta, lo spettacolo era notevole.

Come notevole è stato anche l'impegno richiesto agli atleti, che hannno decisamente trovato pane per i loro denti. E meno male che almeno non ha piovuto, perchè in caso contrario i 55' per andare in partenza sarebbero stati un vero calvario.

Io ho tentato di usare il trasferimento in quota per snebbiare un po' la testa, oppressa da un raffreddore che non riesco più a scacciare, e che mi dava la sensazione di avere giusto una feritoria fra le sopraciglia e gli zigomi. A darmi morale appena arrivato in partenza ci pensa Marco Ongaro, che mi accoglie con un "che brutta faccia che hai!". Io ringrazio, e tento di non surgelarmi prima del via, dato che sono arrivato su con troppo anticipo. Decisamente non mi sento in gran condizione, ma ho faticato troppo quest'anno per lasciare andare in vacca anche l'ultima long nazionale della stagione.

Il posto è bellissimo, se ci fosse il sole e non avessi il cervello annebbiato, sarei in estasi mistica. Invece mi limito a cercare di concentrarmi al massimo, e a vedere da che parte va Hueller che mi parte 4 minuti davanti. Appena presa la cartina vado dove è andato lui, salvo poi abbandonare la scelta della linea rossa che avevo fatto, per mancanza di fiducia nella mia capacità di trovare poi un punto d'attacco. Ondeggio lungo la collina, scegliendo alla fine la strada più lunga e con più dislivello. A dirmi che la giornata non è proprio disastrosa è il fatto che riconosco subito in una roccia che incontro quella in corrispondenza del cerchietto della 1, e attacco la lanterna in sicurezza. Questo mi fa partire un po' più fiducioso per la 2, facile, e per la 3, che raggiungo con un po' troppa prudenza ma che trovo al primo colpo seguendo la radurina. Quando riparto per la 4 e provo a spingere un po' in salita, sento che le gambe vanno e seguo deciso il crinale che costeggiando il verde mi porta fino alla lanterna.

Qui si impone la prima scelta: scendere fino al primo sentiero e allargare molto, o scendere al secondo ma dover poi risalire 15 curve. Opto per la prima, quasi senza dislivello e molto scorrevole anche se più lunga. Procedo spedito e incrocio 3 caprioli, mentre comincia a cadere qualche fiocco di neve. Vanifico una buona tratta non scegliendo un buon punto d'attacco e salendo troppo presto, col risultato che pascolo un po' (2'?) prima di trovare la 5. Andando alla 6 si attraversa il "limite neve", che passa da 0 a 20 cm nel giro di pochi metri. Alla 6, che attacco un po' troppo basso, incontro anche Hueller e Rigoni: al primo ho recuperato 4', dal secondo ne ho persi 6. Li perdo andando alla 7, che raggiungo correndo nei prati innegati, purtoppo ancora troppo annebbiato per godermeli in pieno.

Le tracce nella neve sono una buona linea di conduzione, a patto di scegliere quelle giuste. Riesco a mantenere bene il contatto con la carta e a fare bene la 8. Poi a rotta di collo sulla strada per la 9, con taglio della curva suggeritomi dalle impronte che andavano di là. Anche qui purtroppo incorro nella solita leggerezza del mancato punto d'attacco, e questa volta nonostante mi fosse chiarissimo che su quella costa con pratini e boschetti era necessario averne uno. Quando penso di riconoscere il movimento del terreno poco a sud della lanterna, sono in realtà un pezzo più a ovest, e mi salva il recinto tondo con il laghetto, che mi permette di riposizionarmi. Quanto arrivo alla 9 sta arrivando anche Hueller, che evidentemente era andato un po' a spasso nelle due lanterne precedenti, e ci avviamo insieme in costa per la 10, che trovo facilmente attaccandola lungo la curva di livello dopo essere sceso fino al prato dal sentierino vicino alla casetta.

Alla 11 ci porta il sentiero, mentre per la 12 evito la linea rossa in costa e scendo per andare a prendere il sentiero che mi ci porta comodamente anche se al prezzo di un po' di salita. Andando alla 13 prima lungo il sentiero e poi scendendo il prato, mi accorgo che sta per avere inizio la "zona finlandese", e mi predispongo ad una sana prudenza. Mi sforzo di leggere soprattutto le curve di livello, e vengo aiutato anche un po' anche da Salvioni che si aggira in zona, ma sempre sapendo esattamente dove sono: nessun ottimo tempo, ma nessun naufragio fra le rocce.

Per la 16 faccio un pensierino alla via breve tra i roccioni. Ma prima mi scoraggia il vallone dietro i roccioni, poi l'apparizione dei riccioni medesimi che spuntano fuori dal bosco: pareti di roccia da 40-50 metri. E' vero che in teoria ci dovrei passare in mezzo, ma lasciamo perdere. Ha inizio così quella che poi scopro essere quasi una corsa campestre, dato che ci metto 25' e 36'' per arrivare alla 17 (ed è il terzo tempo di tratta). Le gambe vanno ancora bene lungo l'asfalto, ma spreco un po' di energie salendo troppo presto dallo slargo sbagliato e facendo un paio di nasi di troppo sotto l'alta tensione. Quando raggiungo il sentiero a cui puntavo raggranello un po' di forze per poi tagliare la costa, ma non riesco a staccarmi dalla curva di livello, arrivando parecchio più in basso del ristoro che volevo usare come punto d'attacco per la 17, e scoprendo poi che non era un gran punto d'attacco (per altro leggendo il blog di Andrea Segatta vedo che c'era una scelta di attacco al punto molto più intelligente, utilizzando il vallone che ci arrivava da sotto).

La 18 la faccio bene, in compagnia di Cristellon, ma senza seguirlo, e così la 19. Per la 20 le nostre strade si separano, e decido di andare ad attaccare il punto in sicurezza dal bivio dei sentieri, invece di avventurarmi sotto la linea rossa. L'idea era ottima, ma l'esecuzione pessima. Mi esibisco in due pessimi azimut, prima grossolanamente troppo a destra, poi impercettibilmente troppo a sinistra. Quando torno al maledetto incrocio e mi prendo la briga di controllare la direzione con attenzione, trovo il punto in 15''. Peccato che prima abbia buttato 10 minuti. Mi butto un po' a caso verso la 21, che mi appare magicamente fra gli alberi, e andando verso la 22 mi accorgo che le gambe non stanno più spingendo, anche se potrebbero. Nonostante il morale un po' a terra riprovo ad attaccare sulle ultime lanterne, tecnicamente semplicissime, ed ho ancora le energie per fare il miglior tempo sullo sprint lungo lago.

A pranzo con Rigoni, al quale cerco di carpire i segreti della sua preparazione atletica, mi dice candidamente: "sono stanco io, non mi immagino come potete stare voi". E in effetti io ho male praticamente dappertutto, ma mi sono portato a casa il terzo posto di giornata
(dietro a Rigoni e Cipriani), la medaglia di bronzo nella classifica finale di coppa Italia (dietro a Rigoni e Cipriani), e il titolo di "rivelazione della stagione nel bosco" assegnato da Grilli sul sito FISO. Vediamo se mi passa anche il raffreddore.


15 ottobre 2010

Finale di Coppa Italia a Fondo

Considerando che:

1 - la M35 sono più di 16 chilometri sforzo
2 - una attenta analisi delle mie prestazioni degli ultimi 5 anni ha evidenziato che non ho MAI corso bene una vera long

3 - il terreno di Fondo è "un po' finlandese"
4 - Rigoni parte 6 minuti dopo di me
5 - c'è il rischio che io raggiunga Rampado

6 - ho ancora il raffreddore e sono piuttosto rintronato

il mio tentativo di salire sul podio dell'ultima gara di Coppa Italia e di conseguenza su quello complessivo, potrebbe finire molto male.
Del resto, se non riesco ad arrivare sul podio in neanche una gara long seria, non merito il podio finale della Coppa Italia. Vedremo.

Cambio di scala

Nonostante mi abbia fruttato più di una (2, in effetti) benevola presa per il culo, la mia riflessione sul mezzo campo da calcio è proseguita fruttuosamente nel dopogara della staffetta di sabato scorso. Mi chiedevo infatti perchè il mio cervello effettuasse il "cambio di scala" di cui al post precedente. Lungi dall'essere sia perfetto, i solito quando riceve una regola, la segue: perchè in zona punto andava in tilt? La risposta è stata che spesso nel tondino della lanterna ci sono dei sassi, o, ancora più precisamente, che i sassi diventano particolarmente importanti proprio nel tondino. E qui il cervello incappa in quello che è davvero un cambio di scala, ma non fra dentro e fuori dal tondino, ma fra un oggetto e quello che lo circonda.

Quello che il cervello vede nel francobollo qui a fianco sono due puntini neri separati da una distanza pari alla dimensione del puntino. Il cervello, almeno il mio, da questo capisce: ci sono due sassi che hanno una distanza pari alla loro dimensione. Quindi se i sassi sono grandi un metro, fra loro ci sarà circa un metro di distanza. La cosa è perfettamente logica e perfettamente sbagliata. La dimensione del puntino fa infatti riferimento agli standard issom, mentre la loro distanza fa riferimento alla scala della cartina. Quindi in questo caso i sassi sono di 1 metro e distano 15 metri uno dall'altro. E in realtà le cose sono ancorapiù complicate. Perchè la distanza fra i due sassi sarà massimo di 15 metri, ma potrebbe essere anche di 4, 8, 10, 12 o un numero intermedio, dato che per farli vedere distinti il cartografo non può disegnarli troppo vicini. Vero, cartografi?

Detto in termini tecnici anche se non orientistici, la roba sopra vuol dire che la scala in cui è disegnato l'oggetto (qualcosa come 1:100) è molto diversa da quella circostante (1:15.000). Ma c'è anche di peggio. Ci sono infatti anche degli oggetti che hanno una scala in una dimensione, e un'altra nell'altra. E' il caso degli oggetti lineari, come una strada o un muretto, che nella direzione in cui si sviluppano hanno la scala della cartina, mentre nell'altra sono paragonabili ad un sasso. Per cui il muretto nel cerchietto del francobollo qui a fianco il mio cervello se lo aspetta delle dimensioni di una panchina, mentre può essere lungo 20 metri (o anche molto meno, per il discorso di cui sopra sulle lunghezze e distanze minime).

Non è mica una roba facile l'orienteering.

12 ottobre 2010

Arg! (e Alp)

Lo so che il trofeo Arge Alp è una competizione a squadre, e nelle competizioni a squadre le prestazioni dei singoli valgono poco. Ma dato che tanto il Trentino ha vinto, posso anche concedermi di analizzare le mie prestazioni, che ben poco lustro hanno portato alla mia squadra. E sì che erano 30 anni che sognavo di poter indossare la tuta della rappresentativa provinciale, non potendo mai coronare il mio sogno quando ero un giovane buon cestista, perchè il livello nella nostra provincia era così basso che non meritavamo di avere una rappresentativa ai tornei nazionali.


Al via della seconda frazione della staffetta M35 ero bello carico, concentrato, e per una volta anche elegante, grazie alla nuova divisa da squadra del Trentino che aveva preso il posto della mia tutina vintage del US San Giorgio o di quella da catarifrangente umano che uso di solito. Friz mi dà il cambio con un distacco significativo dai primi tre, ma a poco più di 3' dall'Alto Adige, per il quale Giuliano Rampado mi precede nel bosco. Il lieve prato digradante e il lungo lago in pianura mi danno lo slancio per affrontare le prime lanterne. Parto molto bene, individuo subito il cocuzzolo della prima, salgo dalla parte giusta per il semiaperto della seconda, scendo alla facile terza, mi faccio portare dai sentieri fin davanti al crinale dove si intravede la quarta, vado tranquillo sulla quinta, e verso la sesta inquadro Rampado, che supero a velocità doppia salendo sulla collina dietro la quale trovo la lanterna: gli ho recuperato 3 minuti in 12 di gara. Il che vuol dire che sono tecnicamente alla sua altezza e fisicamente una spanna sopra. Peccato che mentalmente sia all'altezza del suo polpaccio.

Appena raggiungo Rampado infatti cado nella mia tradizionale confusione totale da raggiunto avversario, e invece di continuare con lo stesso passo, vado totalmente in confusione. Praticamente, smetto di fare orienteering, e comincio a cialtroneggiare per il bosco. Prima finisco in una specie di cratere nel tentativo di raggiungere la 7 lungo il crinale (e Giuliano sopraggiunge dalla parte giusta trotterellando e punzonar prima di me). Poi riparto di slancio e di nuovo punzono la 8 dopo Giuliano perchè lui sa dove sta andando e io non esattamente. Poi scegliamo due strade diverse, ma la sua porta alla 9 e la mia alla perdizione.
Peccato che mentalmente sia all'altezza del suo polpaccio.


Trascorro i successivi 3 minuti nel vagare per una insignificante collinetta, nonostante ci siano almeno un paio di punti d'attacco elementari, e incroci addirittura Maddalena che sta andando al mio punto, ma a me sembra vada altrove. Una volta punzonato la 9 Rampado è sufficientemente lontano perchè io possa ricominciare ad usare il cervello, e faccio discretamente le successive 4. Quando passo dal punto spettacolo, di lui non c'è traccia da nessuna parte, e dunque nella smania di raggiungerlo mi metto a zigzagare sia andando alla 15 sia alla 16.

Lo intravedo alla 17, e quindi sbaglio la 18 non di molto, ma era talmente elementare che già 10'' sono un delitto. Comunque lo raggiungo perchè lui si inchioda sulla salitella e io riparto assatanato. Ma mi perdo un'altra volta rimanendo basso sotto il punto, e solo mettendomi vigliaccamente a cercarlo trovo lui e la 19. Corro come un matto lungo il dirupo verso la 100 per dare almeno il cambio davanti a lui. Ci riesco, per una ventina di secondi, ma la prestazione è veramente penosa.

Il giorno dopo i miei doveri verso la patria sono ancora più flebili. In M35 per il Trentino corrono Rigoni, e Hueller, quindi la possibilità che servano i miei punti è quasi nulla. Però ci terrei a fare una bella gara. La cartina pare essere molto bella, e il viaggio in bidonvia per la partenza mi piace un sacco, anche perchè ha una bellissima vista sul lago di Molveno e sul Gruppo di Brenta. Parto molto deciso sulla prima, ma già alla seconda sono a funghi, probabilmente perchè rimango un pelo alto al primo giro e un pelo basso al secondo: solo un tedesco mi permette di trovarla in tempo ragionevole (e intanto Rampado, partito 2' dopo di me, già mi trotterella poco dietro...).

Faccio una scelta molto prudente e faticosa (giù e su) per la 3, faccio di nuovo giù e su per la 4, ma questa volta senza volerlo, e poi mi avvio baldanzoso verso la 5, che mi darà il colpo di grazia al mio fine settimana orientistico. La lanterna è su un collinone che non è semplicissimo da mancare, ma mi fermo qualche centinaio di metri prima insospettito da uno strano casino sul terreno (probabilmente l'avallamento coperto dalla linea rossa) e vado in crisi. Scendo un po', torno un po' indietro, trovo una roccia che penso essere quella sotto la lanterna, risalgo, ma non c'è nessun dosso. Rimando a meditare, non troppo lucido, sulla carta e alla fine trovo su quale roccia sono finito. Da lì trovare la 5 è piuttosto semplice, così come poi le successive 6 lanterne, durante le quali mi accorgo però che le gambe non vanno più un granchè.

Dopo la 11 tocca fare la scelta di percorso per la 12, ma nonostante ci perda un po' di tempo non mi pare ci sia un granchè da scegliere. Magari potevo fare un pezzo di sentiero prima della strada asfaltata, ma rimane il fatto che bisogna risalire poco meno di 15 curve di livello, e non ne ho più molta voglia. Per un pezzo addirittura cammino... Dopo la 12 arrivo discretamente alla 13, dove impreco in direzione del tracciatore nel vedere che bisogna di nuovo tornare in fondo al vallone per tornare su dall'altra. La salita verso la 14 non sarebbe esattamente irresistibile, ma non ne ho più e solo il bip di un tedesco mi impedisce di vagare per la costa per un tempo imprecisato. La 15 è lenta ma facile, sulla 16 perdo vari minuti nel non accorgermi che devo scendere due curva dall'uscita dal roccione e nel cercarla lì nei dintorni, la 17 è facile, e la 18 anche, ma seguo due signore in uno strano semiaperto invece di andare al giallino dove volevo, e mi tocca poi capire dove sono e tornare su.

Al traguardo, il cronometro dice 1 ora e 46', con tre quarti d'ora da Rigoni, 25' da Grassi, più di un quarto d'ora da Hueller. Però sul podio con la squadra alla fine è stato carino.

7 ottobre 2010

Mezzo campo da calcio

Ieri sera non riuscivo ad addormentarmi così mi sono dato alla lettura. Prima ho consultato il sacro testo "The Golden Route" di Tierry Sgiurgiu, poi mi sono tirato fuori le cartine delle gare 2010 per riguardarle un po'. Non so come mi è venuto, ma ho iniziato a ragionare sul cerchietto che rappresenta la posizione della lanterna, giungendo alla conclusione che in una cartina al 10.000 quel cerchietto racchiude una superficie pari a circa mezzo campo da calcio. Al che mi sono reso conto come il mio cervello opera automaticamente una specie di "variazione di scala" in zona punto, per cui quando arrivo nel cerchietto mi metto a guardarmi intorno come se la lanterna dovesse essere intorno ai miei piedi, e il cerchietto fosse delle dimensioni del cerchio di centro campo.

Vediamo se adesso mi ricorderò di guardare un po' più avanti, come, chessò, se aspettassi il cross da calcio d'angolo appostato sul dischetto del rigore per incornare in rete.

Per altro, sempre stato una chiavica a calcio.

1 ottobre 2010

Fighting Autumn

Se alla tristezza di non avere gare serie da fare si aggiunge la tragedia di non trovare più neanche post sugli ori-blog (niente torroni di Stegal, niente psicodrammi di Orimaster, niente facezie di Cosim-o, niente scherzi di Er-Team, niente romanzi di Ruski, niente frecciate di Remox e persino nessuna puntata di Lo Zen e l'Arte di Punzonare) la situazione si fa davvero bigia e l'Autunno rischia di avere la meglio sul mondo orientistico prima ancora che la Coppa Italia sia giunta al termine.

Mi sento quindi in dovere di portare sulle spalle il peso del Movimento tediando la bloggosfera con le mie due ultime ori-prestazioni in altrettante gare promozionali, una in Trentino e una in Alto Adige.

La prima era l'ormai centenario Trofeo Vela, ameno sobborgo di Trento che presenta una morfologia caratterizzata da due principali aspetti:
1) le strade sono 2
2) c'è una discreta salita
A partire da questa ardita morfologia, la fantasia del tracciatore si può sbizzarrire fin che vuole, ma la gara sostanzialmente si risolve, dato che è tradizionalmente a sequenza libera, nel decidere se correre in senso orario o antiorario, e dunque prendere la salita dal lato lungo e dolce o da quello corto e erto. A questa ardua scelta si aggiunge normalmente a fare selezione la lanterna trabocchetto nella parte della carta che di solito si piega e che riappare magicamente solo dopo l'arrivo.

Dato che nella lanterna trabocchetto ci ero già caduto l'anno scorso, quest'anno si trattava solo di scegliere il senso giusto ed avevo deciso nel lungo training mentale pre gara di provare l'antiorario. Ragion per cui in gara ho poi corso in senso orario.

Gli avversari più accreditati erano Segatta e Candotti, ma si sono entrambi suicidati già alla prima lanterna, il primo andando per vigneti, il secondo mandando il cervello in apnea con la rampa a freddo e sbagliando clamorosamente il primo bivio. E dalla lucidità con cui ha affrontato i punti successivi ci è mancato davvero poco che non imboccasse l'autostrada. Io ho fatto del mio meglio, decidendo erroneamente che era meglio fare la 5 e la 6 prima di andare oltre autostrada invece che prima dell'ultimo punto, incaponendomi sul cespuglio sbagliato vicino al cimitero, e visitando una scarpata innocente prima di trovare la 14. Ma non è stato sufficiente per evitare la vittoria e quindi di dover dividere il podio con Fabietto Daves (che se si allenasse seriamente potrebbe forse essere davvero forte, ma non lo sapremo mai perchè la condizione non si verifica).

La domenica a Collepietra in occasione del Memorial Luis Lantschner, sono stato molto più bravo, e sono quindi riuscito ad evitare di dover salire sul podio con Corradini e Beltramba, che si sono fatti dividere da Stephan Hillebrand, che ha impiegato 21 minuti più di me a portare a termine il percorso, ma è stato più intelligente (o forse solo meno stupido).
La carta era molto carina, ma la formula diabolica: bisognava punzonare non più di 17 lanterne cercando di fare il maggior punteggio. Le lanterne più lontante valevano di più, ma ce ne erano anche un paio in posizione equivoca, che si rivelavano quelle decisive.
Nel raffinato trainig mentale pre gara di cui sopra, avevo stabilito che visti i precedenti, e vista la mia inequivocabile possibilità di recuperare con la corsa qualche secondo perso nel leggere la carta per bene, dovevo partire con molta calma, studiare bene la situazione e poi accelerare.

Grande è stato quindi il mio stupore nel rendermi conto che sono partito come un lepre inseguita da varie mute di cani da caccia, novello Heidi fra i pascoli altoatesini, senza neanche la scusa di inseguire Peter. A tre quarti del primo pratone mi ero ben accorto guardandomi indietro che un certo Corradini e un certo Beltramba avevano abbandonato il prato ben prima, ma era ormai troppo tardi ed ero lanciato verso la rovina. Infatti la mia idea che la 14 e la 15 potevo recuperarle prima di andare al traguardo, si sarebbe rivelata ben presto peregrina. Non contento, ho anche seminato il testimone poco dopo la mia prima lanterna (la 28), non accorgendomene che 200 metri e 3-4 curve di livello più avanti, e ho provato la spiacevole esperienza di correre in discesa lungo il prato, mentre tutti i miei avversari che (che avevano anche già punzonato più lanterne di me) correvano nella direzione opposta e si involavano irreparabilmente.

Ormai depresso ho infilato anche vari erroretti nel bosco, anche se la vera perla l'ho riservata per la fine, quando a 50 metri dalla 100 mi sono ricordato che nelle 17 da punzonare bisognava contare anche quella, che non era numerata con il numero più alto come a Bolbeno, ma con un perfido numero 1. Non avendolo fatto, e avendone dunque punzonate 18 dato che la 100 era obbligatoria, sono stato punito con la confisca di 45 punti, che mi hanno appunto relegato alla medaglia di legno nonostante Stephan sia arrivato parecchio tempo dopo. Anche il mio omonimo era arrivato parecchio prima di Stephan (e 4' prima di me), ma nonostante sia stato più accorto nel contare le lanterne, si è fatto fregare punzonando la 12, che valeva meno della 15.

Ed ora, orsù, vi prego, ricambiate il favore raccontando le vostre ultime ori-performance, sia pure alla gara score che avete organizzato (e vinto!) in occasione della festa di compleanno del vostro figlio di 4 anni.

Il Movimento ve ne sarà grato.