18 novembre 2020

Dalle parti del Carè Alto

Sono finite le gare di ogni tipo (e chissà quando ricominceranno), ma per quanto mi riguarda non è ancora finita la voglia di correre. E dato che sarebbe prematuro iniziare con la austera preparazione atletica invernale (anche perché al momento non è chiarissimo per cosa prepararsi, dato che cosa sarà da qui a 4-5 mesi lo sanno forse solo Amelia e Mago Merlino) mi concedo qualche bel giro per i monti.

Essendomi recentemente procurato una "nuova" attrezzatura, tanto oggettivamente vintage quanto secondo me efficace, che nelle mie intenzioni avrebbe dovuto ridurre la fatica e il rischio di farmi malissimo, , ho pensato bene di andare a provarla sopra i 2.200, nella zona, fantasmagorica, dell'Adamello - Caré Alto, dove meditavo di andare da un po' (e dove adesso continuerò a meditare di tornare, con calma, l'anno prossimo e negli anni a venire, dato che di giri bellissimi da fare ce ne sono parecchi).

Questa volta la parte più difficile non è mettere i piedi fuori dal letto alla sveglia delle 5.40, ma preparare lo zainetto la sera prima, operazione che, essendo la stagione ancora favorevole ma potenzialmente spietata, richiede parecchia cura e una lungimiranza che, francamente, non è fra le mie caratteristiche principali.

Comunque gliela fo, a preparare lo zainetto, e anche ad alzarmi alle 5.40 e a non perdere la corriera, e alle nove meno venti di un sabato di novembre sono pronto a partire da Carisolo, amena località ai margini della più rinomata Pinzolo, in val Rendena.

Come tradizione la salita inizia con un sentiero ripido e bruttino, ma dopo neanche due ore di fatica ragionevole, mi scodella in un posto che non avevo mai visto neanche in fotografia, con tanto di vista su Adamello e Presanella, laghetto (anzi due) e persino chiesetta alpina. Ci sarebbe anche il rifugio San Giuliano, aperto, ma ho appena fatto merenda autogestita alla omonima malga e poi a novembre il sole ha sempre quell'aria di voler tramontare da un minuto all'altro, anche se non è neanche passato mezzogiorno, e ti mette un po' di ansia, soprattutto se sei in giro da solo. Così proseguo.

Un po' di discesa, qualche dubbio sulla strada da prendere, e poi su per la lunga val Seniciaga, verso i 2.390 metri del Passo Altar, che si fa conquistare senza concedere sconti, ma anche senza eccessiva sofferenza, grazie soprattutto alla mia Nuova Attrezzatura Vintage.

Qualche tempo fa avevo pensato che sulla neve senza ciaspole (o racchette da neve, fate voi) è un casino, ma quelle moderne di plastica sono troppo pesanti e ingombranti per essere compatibili con lo zainetto da trail. Così avevo iniziato a pensare che magari quelle di una volta in legno erano la soluzione di tutti i miei problemi. Il destino ha gentilmente messo sulla mia strada proprio un paio nuovissimo di ciaspole vecchio stile, che hanno dimostrato, dopo qualche piccolo studio in merito, di appiccicarsi benissimo allo zainetto, rimanendo immobili al loro posto anche mentre correvo, e di essere efficacissime sulla neve, accoppiate con i ramponcini che già da anni utilizzo con grande soddisfazione.

Così verso le ore 15 mi isso giulivo sul Passo Altar, godendomi la vista grandiosa sul Caré Alto che mi spunta davanti appena scollinato, e quella altrettanto grandiosa, ma più lontana, del Gruppo di Brenta alle mie spalle. E le foto dicono tutto quello che c'è da dire sulle fantastiche condizioni meteorologiche (supportate, a livello di temperatura, dalla mia per una volta  impeccabile dotazione in fatto di maglie termiche, gusci, ventine, scaldacolli, guanti di varie grammature, berretti ecc. ecc.).

Vista l'ora ormai quasi tarda rinuncio a proseguire verso il Rifugio Caré Alto e mi butto giù direttamente per la val di Borzago, prima lungo un sentiero ripido ed erboso, che mi ricorda alcuni macabri titoli di cronaca dei giorni scorsi, poi lungo uno meno ripido e più sassoso, e infine lungo una forestale che diventa strada asfaltata e mi riporta in fondo valle.

Qui mi rendo conto che tutti i miei sforzi per diventare un ragazzo prudente che ambisce ad diventare in futuro un anziano vivo, sono inutili, dato che dopo una intera giornata di specchiata virtù sia in fatto di dotazioni alimentar - abbigliament - tetniche, che di scelte di percorso e attenzione a non abbandonare il sentiero, rischio la vita a bordo dell'auto che mi dà un passaggio fino a Tione, quando il guidatore, infervorato nei suoi racconti montanari, infila una rotonda in contro mano. Fortunatamente sul lato opposto non arrivava nessuno.