31 ottobre 2019

The Coppa Italia Final

Arrivo a Peschiera con un morale parecchio migliore di quello delle ultime gare e con grandi aspettative: l'ultima gara nazionale dell'anno in città, da qualche anno mi sorride molto: 2018 primo degli italiani a Montalcino davanti al Perfido Ruggiero, 2017 secondo a Bologna, 2016 primissimo a Siena (davanti a Ola Skepp, Ilya Gusev, STEFANO MADDALENA, Marietto Ruggiero: la gara della vita), 2015 primo a Schio, 2014 niente gare autunnali in città, 2013 primo a Roma. Sarà il clima di inizio autunno che mi fa bene, per qualche misterioso motivo.

A Peschiera il clima è più da fine estate che da inizio autunno, ma speriamo bene. Anche perché il parterre è piuttosto folto di signori atleti, nonostante i soliti finti vecchietti paraculi rifugiati in M40 e in M45, e la perdurante assenza del Perfido (e di Auser). Sono infatti schierati al via Davide Martignago, Emiliano, Ingemar, Francesco Raimondo (outsider vincitore a Mantova), e, per la prima volta fra noi di mezza età, il giovincello Davide Miori, che me le ha date da che mondo è mondo (cioè da quando correvamo insieme in MA). Insomma, correre una buona gara potrebbe anche non bastare neanche per il podio.

La gara è molto carina, perché è fatta di tre parti molto diverse fra loro (almeno per noi giovincelli che partiamo dalla partenza verde): caos fra le casette del camping dalla 1 alla 5, trasferimento di corsa dalla 6 alla 10, centro storico alla Venezia dalla 11 alla 19.

Siccome le casette mi spaventano, penso bene di partire senza nessuna strategia per affrontarle. Conto le stradine e poi vado un po' a caso. La strategia giusta, udite udite, era quella di contare anche le casette. Io lo capisco solo alla 2, così alla prima ci perdo 20'' (ma ce li perde anche Emiliano) piazzandomi ad un terrificante 12esimo posto su 16, e poi mi metto un po' in riga, finendo per uscire dal campeggio in onorevolissima seconda posizione a 26'' da Davide Martignago.

La parte corri-mona naturalmente mi viene benissimo, soprattutto nella tratta 7-8, dove ho davanti Massimo Bianchi (che vincerà la M40) e raddoppio la mia velocità di corsa per superarlo (dando 5'' a DavMart, che non va proprio pianissimo).

Poi una volta arrivato nella parte più bella, incappo una in un momentus horribilis rimediando dalla 9 alla 12 un totale di 53'' di distacco, correggendo in corsa la scelta per la 10, non correggendo affatto la stupida scelta per la 11 (non avevo assolutamente visto la stradina curva), e andando scioccamente fino al fiume invece di tagliare subito dentro per la 12.

Da lì in poi corro (virtualmente) pochi passi dietro a Dav Mart e praticamente incollato a Emiliano (sempre virtualmente), chiudendo terzo, a 1'36'' dal primo, ma soli 9 dolorosi secondi dal secondo.

Non correndo né a Roma né a Venezia, ed essendo impegnato altrove quando si correrà non si sa bene dove la festa di fine anno del Comitato Trentino, mi sa proprio che la mia stagione orientistica finisce qui. Sigh.







21 ottobre 2019

Long in Viote

Dopo la desolante prestazione del sabato nella sprint, la domenica (quasi un mese fa...) è turno di long in bosco: per me, tolta la o-marathon, la seconda long dell'anno, ma la prima era una cosa ridicola da 55 minuti.

Si vocifera che sarà davvero long, ma come si sa la long-hezza non è un mio problema. Lo è parecchio di più la fiducia nei propri mezzi, tanto più visto il risultato del giorno prima. Tanto più visto il risultato della prima (lanterna) dove solo Daniele Martignago mi salva dal peggior tempo. Vero che in queste zone da piccolo ci venivo con mio papà a funghi, ma era evidente che quel giorno funghi non ce n'erano, quindi potevo evitare di perderci 2 minuti.

Col passare delle lanterne comincio a riprendere un minimo di confidenza con la carta, ma senza risultati apprezzabili, anzi, alla 8 faccio la Madre di Tutte le Scelte Idiote, allungandola e andando anche a complicarmi la vita sotto un roccione su cui alla fine non ho il coraggio di salire. E quando arrivo in zona punto non mi torna nulla, e la scarsa autostima di cui sopra mi impedisce persino di pensare che i cartografi abbiano semplificato un pelo troppo, l'unica volta che è davvero così. Quando vado a guardare il codice di una lanterna che sono certo che no sia la mia, invece lo è, e piango. 7 minuti peggio dei migliori.

Le mie doti di trail runner dovrebbero rifulgere per la 10, dove però probabilmente sbaglio scelta: sarebbe stato meglio andare subito a est in curva di livello, e buttarsi al volo al sentiero che portava nell'angolo nord del pratone, risparmiando un bel po' di dislivello.

Alla 11 avvisto Simone Rocca, il che vuol dire che almeno non sono di nuovo ultimo, e ho un sussulto di orgoglio che mi spinge ad infilare una serie di buoni tempi fino alla 17 (ok, metà erano più una campestre che una gara di orienteering, però Emiliano alla 15 ci ha perso un minuto). Alla 17 purtroppo raggiungo Daniele Martignago, e nonostante ci sia un sentiero che porta ad un altro sentiero che port praticamente alla 18, tutto sotto la linea rossa, non riesco di fare a meno di guardare più lui che la carta, e ad andarmene (con lui) in tanta m. con un angolo di almeno 40° dalla direzione giusta, perdendo 2' e lasciando il quarto posto a suo fratello.

Peccato, era una bella gara, anche se non si vedeva una cippa né del panorama sul Brenta di cui si gode di solido da lì, né delle Tre Cime, che non saranno quelle di Lavaredo, ma sono le montagne della mia infanzia.



14 ottobre 2019

Tutto da capo.

Avendo lasciato passare troppi mesi dal mio ultimo post, sono stato giustamente punito dai Grandi Dei dell'Orienteering, che mi hanno fatto ritornare al via.

Correva l'anno 2002 e io ero un non tanto giovane di nessuna speranza, alle prese con le mie prime gare di orienteering. Correvo in categoria MC, anzi, HC come si chiamava allora, quella di quelli che non hanno ancora chiarissimo che una cartina non serve solo ad arrotolarsi le canne e una bussola non è solo quella dove si mette la posta.

Di orientamento capivo poco o niente (e infatti correvo su tracciati quasi imbarazzanti anche per un tredicenne), ma avevo già un rivale: si chiamava Daniele Martignago. A volte mi batteva lui, a volte lo battevo io (certamente Stegal si ricorderà la gara di Passo Coe del 2003, a cui potrebbe anche riferirsi la foto a fianco, in cui mentre in MA Emiliano Corona dava 4' a Stefano Cristellon, in MC io davo 2'' a D.M., ma solo per il secondo posto) ed era a Daniele Martignago che pensavo quando dovevo fare le ultime ripetute gli ultimi 10' dei 30' del mio secondo e ultimo allenamento settimanale. Lui era un atleta cicciottello con l'aria sempre un po' incazzata, io uno spilungone per lo più sorridente, e negli anni a seguire il mio tarlo agonistico aveva spinto me ad allenarmi sempre di più spiccando il volo (?) per le categorie superiori, mentre lui se ne era rimasto tranquillo nelle retrovie.

Poi siamo invecchiati tutti e due, e ci siamo ritrovati in M35 (più che altro perché io non mi rassegno all'idea di essere più vecchio ancora). Lui dopo essere dimagrito parecchio e aver iniziato ad allenarsi seriamente, io dopo niente.

Ero sempre riuscito a tenermelo dietro. Ero.

Sabato 29 settembre 2019 si corre una gara di Sprint Race Tour a Candriai, sette case in croce sul Monte Bondone, la montagna delle mie vacanze estive dagli 0 ai 20 anni di età. In M35 siamo in 3: io, Emiliano Corona e Daniele Martignago. 

Dopo un'estate dedicata soprattutto al trail running, non prendo in mano una carta da mesi, e non mi ricordo neanche l'ultima volta che ho corso a meno di 10'/km. In più è uno di quei periodi di autostima sotto le scarpe, che se non fosse perché ormai ho gli automatismi, non sarei neanche sicuro di essere capace di allacciarmele, le scarpe.

Evidentemente però qualche misterioso ori-neurone è ancora attivo in qualche zona oscura del mio cervello, perché nelle prime 4 lanterne faccio 4 migliori tempi. Immagino che alla mia autostima farebbe molto piacere saperlo, ma ovviamente lo scoprirò solo qualche giorno dopo. Così invece di convincermi che sono un gran ori-figo, continuo ad aggirarmi un po' depresso per i boschetti intorno a Candriai, cedo 1'' alla 5 e poi faccio una scelta del cavolo per la 6, regalando 15'' e il primo posto da lì alla fine, ad Emiliano. Ma c'è ancora un secondo posto da difendere.

Inutile menarla per altre 20 lanterne, la sostanza è che a meno di una leggera debacle alla 8, corro una gara dignitosa con alcuni altri migliori tempi fino alla 18, dove arrivo al secondo posto, 30'' dietro ad Emiliano e quasi 2' davanti a Daniele. La 19 è una lanterna che anche un MC sbaglierebbe difficilmente, probabilmente si trova anche sul tracciato degli M12. Dista in linea d'aria 52 metri dalla 18, bisogna fare un pezzo di prato, poi un pezzo di sentiero, e poi si vede poco più in alto. Emiliano ci mette 23'', Daniele 25'', io dueminutiesettesecondi.Perché nel mio cervello la cartina si è girata come quelle immagini in cui prima una cosa ti sembra in rilievo e poi ti sembra incavata, e io decido che la 19 è in un avallamento, così vado a cercare un avallamento.

Quando capisco cosa ho fatto mi sento un tantino pirla, e questo inficia un pelo il resto della mia gara, tanto che dopo un fuoco di paglia alla 20, faccio il peggior tempo in tutte le lanterne da lì alla fine, con menzione d'onore per la 22, dove perdo quasi 40'' mentre bastava seguire il sentiero, e la 23 dove mi incaponisco lungo il salitone invece di fare il giro.

Morale della favola: Primo Corona, secondo Martignago, terzo Pedrotti. Come nel 2002. :-(