20 giugno 2018

Extracomunitari-o

Quella delle migrazioni è una questione di grandissima complessità, come ho potuto vedere da vicino lavorando per un anno nel sistema trentino dell'accoglienza richiedenti protezione internazionale. Per questo motivo è impossibile avere certezze, e tanto meno ricette. Non ne ho persino io.

O meglio, non ho ricette, ma un paio di certezze le ho.

1) Che quello dell'immigrazione sia l'unico o il principale problema del nostro Paese, è semplicemente falso (e questa storiella assomiglia in modo sinistro a quella che diceva che il principale problema della Germania erano gli ebrei...).

3) Secondo un numero preoccupantemente alto di scienziati, i cambiamenti climatici, che secondo un numero ridicolmente basso di altre persone non esistono, costringeranno a spostarsi un numero di persone davanti al quale i numeri attuali sono briciole (come si può vedere ad esempio qui), quindi forse sarebbe il caso di prepararsi, invece di far finta di niente.

3) Se ad una festa di compleanno io e altri 8 iniziamo a menarci per mangiare l'ultima fetta di torta avanzata, e quello che ha mangiato da solo le altre 9 se ne sta lì tranquillo a bere il suo thé freddo alla pesca, dicendo che il problema si risolve invitando meno persone alla festa, forse c'è qualcosa che non va (e le percentuali in realtà sono molto peggio di così, come si può vedere anche qui o qui o qui).  

Ciò detto, sono del tutto favorevole alla chiusura delle frontiere fra l'Italia e il Ticino, per lo meno in direzione sud. Perché se non altro, quando ti vedi davanti un Jamaicano o un Kenyano, capisci al volo che tu quello non lo batterai mai, neanche se ti alleni tutta la vita 37 ore al giorno, mentre un ticinese a guardarlo in borghese ti illudi di poterlo battere quanto vuoi. Ma invece non è vero per niente.

La gara di Merate di Sprint Race Tour, che si è svolta ormai quasi due settimane fa e ha tenuto occupati i cervelli dei partecipanti dalla prima lanterna all'ultima, ne è il solito plastico esempio. Mi pareva di averla corsa bene, ed era anche abbastanza vero, se escludiamo il tragico pronti-via nella direzione sbagliata, l'infelice scelta alla 3 e la distrazione alla 21. Però alla fine il cronometro ha detto che il signor Maddalena (ticinese...) ci ha messo 33'' meno di me (nonostante i 14'' di errore alla 16), e allo sprint, dove io sembravo volare e lui sembrava fermo, ci ha messo solo 1'' più di me. 

Quindi, viva le barriere fra l'Italia e il Ticino. E chi di voi pensa che invece dovrei essere io ad allenarmi di più o a fare meno errori in gara, è un nemico del Popolo Italiano.




12 giugno 2018

Quando finisce un amore

Le gare di orientamento, a saperle leggere, sono potenti metafore della vita. La mia di domenica a Fulpiano (un bel posto in Val Imagna, dove ad un Trentino non capiterebbe mai di mettere piede, se non andasse a correre dietro alle lanterne), è stato un dettagliato affresco di un amore che finisce.

Eravate una coppia felice, di quelle che riescono a venirne fuori vive dal fidanzamento, dai preparativi di matrimonio, dal cambio di lavoro di lui, dal trasloco, dal primo figlio-pannolini-pappe-notti insonni, dal cambio di lavoro di lei, dal secondo figlio-pannolini-pappe-notti insonni. E poi ad un certo punto qualcosa si inceppa, e non venite più fuori vivi da niente. Ma proprio niente niente.

Io e lei, la cartina di Fulpiano, eravamo insieme da poco, ma eravamo proprio belli da vedere quando giravamo a braccetto fra il via e la terza lanterna. Ero certo che sarebbe stato per sempre, e sono certo che ne era certa anche lei.

Poi è arrivata la quarta, uno di quei litigi un po' sciocchi, perché lei voleva che uscissimo con le sue amiche (un sasso al bordo di un avvallamento a 60 metri dalla 3) e io con i miei (le zone circostanti verso est nel raggio di 100-200 metri) e dopo quei 6' persi a litigare nei semiaperti, nulla è stato più come prima.

Prima una bega su chi doveva andare a prendere Jennifer all'asilo fra le rocce della 5 (3' di errore su 6' di lanterna), poi un furioso battibecco per la scelta del colore del copridivano alla radura della 9 (3' su 1'30''), poi un mezzo dramma per il bicchier d'acqua rovesciato alla radura della 11 (1'45'' su 30''), poi un mese di muso per la dimenticanza dell'onomastico del suocero alla buca della 12 (1' su 1'30''), e alla fine i piatti che volano per la lavatrice alla temperatura sbagliata al sassetto della 13 (1' su 1').

Non era davvero niente di tragico, avremmo potuto farcela. E invece no.


6 giugno 2018

Idiota!

Cercando di evitare la pioggia, e riuscendoci entrambi i giorni, si va a correre attorno al Passo del Redebus, fra l'Altipiano di Piné e la Valle dei Mocheni, per una due giorni con somma dei tempi, e seconda gara che vale anche come campionato trentino long.

Il titolo è dovuto all'imprecazione da me rilasciata appena punzonato il finish della seconda, che quel signore in basso a destra nella foto sotto, ha proposto di eleggere a titolo di questa pagina. E dato che l'Orienteering Pergine ha organizzato ottimamente, si meritano di scegliere il titolo :-)

Il sabato è una middle, su un terreno un po' infame, di quelli dove fai fatica a correre e anche un po' a stare in piedi, e hai un sacco di alibi se ti concentri malissimo e fai come si deve solo una lanterna ogni tanto. Se però alla fine Ingemar ci ha messo 4'45'' meno di me (e il suo terreno era infame quanto il mio) non è che di alibi me ne rimangano poi molti. 

E comunque sono riuscito a sbagliare anche la 1 che era praticamente a bordo sentiero, salendo almeno 3 curve alla cavolo, quindi non c'è scusa che tenga. E il titolo del posto potevo tranquillamente già assegnarmelo alla fine del sabato.

Menzioni particolari anche per la scelta alla 3, per la lentezza alla 5 e alla 7, per l'errore alla 8, per la insicurezza alla 12, per la ignobile scelta alla 14 e per la lentezza alla 17. Insomma, un garone, dal quale torno a casa con moltissima voglia di cercare di recuperare a Ingemar tutti i minuti che mi ha dato, e con la ferma convinzione che sia il caso che io legga la cartina con un po' meno approssimazione, che se guadagno 2'' di lettura e ne perdo 30 perché ho letto da culo, non è un grande affare (cosa che temo di essermi già detto varie volte, e magari di averlo pure già scritto).



Rispetto al primo giorno, la domenica il parterre è parecchio più agguerrito, con la presenza di Eddy Sandri, Roland Pin,  e del quest'anno apparentemente imbattibile Michele Ausermiller. 

Il terreno è un po' più potabile, e in più io tengo fede (incredibile dictu!) al mio buon proposito di leggere più decentemente la cartina. Ne viene fuori quella che per un buon pezzo è proprio un garone, con una precisione persino commovente fino alla 5, un errore grossetto ma tollerabile alla 6, un altro filotto di migliori tempi fino alla 14 (con le ciliegine sulla torta di prendere e passare Michele alla 9 e Roland alla 10). Poi alla 15 mi incasino colle rocce, cosa evitabile ma comprensibile, e vengo raggiunto da Eddy, che avevo superato senza accorgermene, ed è una ottima occasione per andare a sputtanare un minuto e mezzo sulla banalissima 17, dove scendo millanta curve di troppo solo perché penso che non devo distrarmi per la presenza di Eddy (mona!)(io, non Eddy), e dove nasce il titolo del post.

I sempiterni Dei dell'orienteering però decidono di graziarmi (forse perché sono stato gentile con un avversario 😋), e non solo mi confermano la vittoria della long con 22'' su Michele (che nel frattempo mi aveva ri-superato), consegnandomi il titolo trentino long, ma mi lasciano anche 4'49'' su Ingemar, regalandomi la vittoria della due giorni con 4'' di vantaggio su di lui (e restituendomi un po' di quella fiducia nei miei mezzi orientistici, che dopo gli ultimi chiari di luna stava un po' cominciando a scarseggiare).  
Del resto, avevo tagliato la barba. E fortunatamente non mi cresce abbastanza in fretta da averla già di nuovo lunga sabato e domenica alla due giorni del Resegone :-)






1 giugno 2018

Coppa Italia Renon

Da qualche anno i miei parrucchieri sono i ragazzi della scuola parrucchieri dell'istituto Pertini di Trento. Viste le mie modestissime esigenze in termini di look, è per me irresistibile la combinazione di gratuità e divertimento nel vedere queste/i giovincelle/i districarsi attorno alla mia testa. Da qualche anno faccio anche il "modello d'esame", che vuol dire che usano la mia testa per fare l'esame di maturità. All'esame possono pescare "colore e messa in piega" o "barba e capelli", io sono un modello del secondo tipo. Questo vuol dire che durante l'anno devono allenarsi e quindi fra un appuntamento e l'altro io non mi taglio nulla. 

Sabato scorso a Costalovara, un bellissimo posto, sul bellissimo altipiano del Renon, da cui si gode una bellissima vista delle bellissime Dolomiti del Latemar e del Catinaccio, erano passati 2 mesi abbondanti dall'ultimo appuntamento, e io sembravo Marco Ongaro dopo l'inverno. E io con la barba lunga non vado mai sul podio. È una constatazione, non ho nessuna foto di podio con barba lunga.

Tutto quello che è successo lassù è da leggere con questa esclusiva chiave di lettura. L'errore di parallelo che già alla 1 mi ha portato sulla dorsale sbagliata (agevolando ulteriormente il compito di prendermi a Stefano Maddalena, che mi partiva 2' dopo, e che non avrebbe avuto bisogno di agevolazioni), la sciocchissima deviazione per la 2 (sulle rocce troppo vicine per essere quelle giuste), la scelta non ottimale per la 5 (meglio rimanere in quota rimanendo più a sud, che buttarsi nel dirupo), l'eccesso di fatica per salire i ramponi della 7 e della 8, la pascolata nella palude a ridosso della 13, il polmone sputato per arrivare alla 14, e lo sprint bolso alla 100 (con cui sono riuscito a malapena a staccare Armando Martignago, fortissimo, ma M65) si spiegano esclusivamente con il fatto che avevo la barba lunga.

Adesso l'ho tagliata.

(perché fra due settimane c'è l'esame di maturità e per allora dovrò averla di una lunghezza adatta a tagliarla a lama, senza che il/la malcapitato/a debba impazzirci troppo, così si riducono anche le probabilità che mi tagli la gola).