19 settembre 2021

Il mio TOR a caldo

Credo che per digerire e metabolizzare il Tor de Geants ci voglia molto più tempo di quello che serve per correrlo, e io sono arrivato al traguardo di Courmayeur da poco più di una cinquantina di ore, contro le 115 che sono stato a spasso per la Val d'Aosta. Però avevo voglia di buttare giù due righe a caldo, e quindi eccovele.

Tutti mi chiedono "come stai?" e la risposta è "bene grazie". Non ho il minimo dolorino ai muscoli, i piedi sembrano quelli di una principessa (con il 45 di numero...), e potrei tranquillamente andare a fare una corsa (e addirittura ne avrei quasi voglia). Immagino che tutto questo sia dovuto al fatto che ero allenato e mi sono alimentato a dovere, al fatto che aminoacidi&gel servano effettivamente a qualche cosa, al fatto che tentare di tenere i piedi più asciutti possibile è stato utile, e al fatto che ho avuto culo.

Perché di solo culo non si arriva alla fine del Tor, ma senza non ci si arriva di sicuro, chiedere a Lisa Borzani (già varie volte vincitrice), Michele Graglia (già vincitore di altre gare più massacranti di questa) ecc. ecc. ecc. Per dire, se al Bivacco Rosaire Clermont, quasi in cima al Col de Vessonaz, verso le due di notte i volontari vedendo in che condizioni ero non mi avessero lasciato svenire per un'ora (o forse due) su un letto a castello con una calda coperta sopra (il tutto contrarissimo al regolamento anti-covid), non so mica come sarebbe andata a finire. 

E del resto le notti sono state in tutte la gara le mie principali nemiche, dato che in crisi di sonno la mia testa va in corto circuito e mi fa pensare cose strane. Menzione d'onore alla quarta notte, nella quale ho iniziato e incartarmi in ragionamenti (che lì per lì filavano benissimo) sulla gara e su quanto fosse malefica, che paradossalmente mi hanno spinto a non ritirarmi: non volevo infatti essere accusato di essere solo invidioso dei finisher, quando avessi scritto la Mirabolante Lettera Aperta Al Tor con cui ne avrei denunciato al mondo tutte le storture. Di questi grandiosi ragionamenti, all'arrivo dell'alba metà non me li ricordavo più, e l'altra metà mi sembravano minchiate...

In totale ho dormito 7-8 ore, con un massimo di non si sa bene quanto al famoso bivacco, alcuni sonni da 30 o 60 minuti, e molti micro sonni da 10' (fatti per lo più per terra avvoltolato nel telo termico) che hanno funzionato benissimo. Il problema dei micro-sonni è che dopo due ore ne hai bisogno di nuovo, e non è detto che ci sia sempre un posto adatto dove farli, quindi una dormita più lunga in base vita credo convenga farla. In generale, credo che la mia gestione del sonno non sia stata malissimo, ma la mia gestione del tempo in base vita sia stata deficitaria, e mentre ero sempre contento di come stavo correndo, uscivo dalle basi vita sempre con l'impressione di averci buttato via del tempo. In ogni caso, credo che stare sotto le 100 ore, che era il mio sogno prima di partire, sia assolutamente la di fuori della mia portata.

Mi sono divertito? Ne è valsa la pena? Provo una grande soddisfazione? Boh.

Senza ombra di dubbio alcune parti del TOR sono fantastiche (tipo tutta la prima parte fino a Val Grisanche (sia per i posti sia per il clima della gara che inizia), il Col Loson, il panorama dal Rifugio Coda, la valle del Grand Tournalin, la salita al Frassati, il mitico Malatrà e chissà quante altre cose mi sono perso perché era buio), e senza ombra di dubbio alcune parti del TOR sono orribili (tipo la eterna discesa verso Donnas, la risalita da Donnas a Sassa, la discesa verso Oyace). Detto questo, ho passato gran parte della prima notte a chiedermi perché ero lì, senza trovare una risposta, e anche alle tre domande qui sopra non mi viene una riposta di quelle che ti saltano fuori prima ancora che te ne accorga. 

Sicuramente dopo il ritiro prima di metà del 2019 avevo un conto in sospeso che avevo voglia di chiudere e sicuramente il TOR è un evento molto affascinante, ma mi sento piuttosto lontano dalla retorica di chi definisce "eroi" quelli che arrivano in fondo: nonostante la lunghezza e il dislivello, si tratta pur sempre di seguire delle bandierine che qualcuno ti ha gentilmente piantato davanti, di mangiare quello che gentilmente ti viene offerto nei ristori, e di dormire nelle brande che ti vengono messe a disposizione, facendo pure doccia e massaggi, se ti va. Certamente impegnativo, ma è più un "unisci i puntini" che un "disegna un'opera d'arte". 

Probabilmente parte del suo fascino è dovuto al fatto  che si tratta della cosa più "estrema" che un atleta non professionista possa permettersi di fare, senza rischiare troppo la pelle, e senza dedicare gran parte delle sue giornate a prepararcisi. Io non mi sento sicuramente una persona migliore perché sono arrivato in fondo al TOR, ma se ad altri succede, buon per loro.

5 settembre 2021

Cim35sprint

 

In quel piacevolissimo libro che è "Born to Run", l'autore Christopher McDougall la chiama "caccia di persistenza".

Lui dice che qualche svagonata di anni fa, prima di inventarsi i fucili e forse pure gli archi, e prima di imparare che allevarsela vicino a casa era più comodo, gli esseri umani si procuravano la carne correndo dietro ai grossi mammiferi per ore e ore e ore. I nostri stra-bis-nonni erano un po' scarsetti quanto a velocità massima, ma erano "persistenti" ed erano in grado di sudare. Così, pare, puntavano un bestione, gli correvano dietro pian pianino per svariatissime ore, e a quello, nell'impossibilità di far scendere la sua temperatura sudando copiosamente come facevano i suoi inseguitori, a forza di scatti, ad un certo punto gli veniva un coccolone.

E i nostri stra-bis-nonni avevano pranzo e cena per tutta la famiglia per un po'.

La caccia di persistenza è la strategia che ho utilizzato io per diventare campione italiano sprint categoria M35. Invece di ore e ore e ore, io gli ho corso dietro per 12 anni.

La prima volta che corsi i campionati italiani sprint correva l'anno 2010 e colsi una fantastica medaglia d'argento, alle spalle di The King Carlo Rigoni e davanti a The Cip Andrea Cipriani. Sul podio della gara (allora premiavano sul podio, sigh...) in realtà ero sul terzo gradino, perché sul secondo c'era un signore che si chiamava Stefano Maddalena. Rigoni 14'56'', Maddalena 16'13'', Pedrotti 16'43'', Cipriani 16'58''. Quel giorno, io, che avevo cominciato mica tanti anni prima in MC, e che in bosco mai e poi mai avrei potuto ambire ad un oro, cominciai a sognare di poter un giorno vincere il titolo italiano sprint in categoria M35, e a desiderarlo fortissimamente.

Da allora, ci ho provato altre 9 volte, collezionando 3 argenti (di cui uno particolarmente sanguinoso, benché letterariamente apprezzato, a Caoria...)(disponibile anche nella pratica versione audio sul podcast di Galletti & Della Vedova), due medaglie di legno, un 5° e un 7° posto e un PM.

Ebbene, quest'anno il bestione finalmente si è stancato di scappare, e l'ho preso.
 
Non è stata un'epica battaglia, dato che non si può far finta che non mancassero tutti gli (altri) migliori sprinter del mondo orientistico master (ma c'erano pur sempre Ingemar Neuhauser, che non sbaglia quasi mai e ogni volta che ho sbagliato io mi ha fregato, e Francesco Raimondo, che in sprint mi aveva piallato l'anno scorso a Mantova quando ero riuscito per la prima volta a mettermi dietro Emiliano Corona). E rimane il fatto che, in una gara di orienteering, anche se sulla carta sei il favorito (come Della Vedova si è gentilmente preoccupato di ricordarmi prima del via, così tanto per mettermi un altro po' di pressione addosso...) bisogna trovare tutte le lanterne, trovare quelle giuste, e farlo più in fretta degli altri.

Ebbene, questa volta l'ho fatto e mi sono laureato campione italiano m35 sprint.

Non una gara perfetta la mia (per la 2 ho infilato misteriosamente il tunnel sbagliato, senza neanche accorgermene, lasciandoci 10'', per la 7 ho continuato a non vedere le barriere artificiali finendo per fare un giro del cavolo, lasciandocene più o meno altrettanti, e alla 11 probabilmente conveniva tornare giù dalle scalette dopo la barriera invece di proseguire fino in cima) comunque ho fatto 11 migliori tempi su 18, ho vinto con 2 minuti sul secondo e 3 minuti sul terzo, e avrei vinto anche la W Elite :-) (cosa che, a parità di percorso, non mi riesce quasi mai...).

Questo risultato non sarà probabilmente sufficiente a farmi cambiare categoria (io mi sento M35 dentro...) ma adesso posso finalmente cambiare una serie di password di ingresso in siti internet & affini.

2 settembre 2021

Verso il Tor de Geants

Fra 10 giorni sarò di nuovo in centro a Courmayeur per iniziare quella follia che si chiama Tor de Geants, e non vedo l'ora.

Il pensiero di ritrovarmi di nuovo lassù dove le cose non sono andate proprio benissimissimo nel 2019 (come abbondantemente narrato qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui) mi mette addosso anche una certa strizza, ma prevale la sfregola di essere di nuovo in Val d'Aosta sul far dell'autunno a galleggiare notte e giorno attorno ai 2000 metri con intorno alcune delle montagne più belle del globo. In mezzo a tanti/e altri/e spostati/e come me, e ad altri/e apparentemente ancora più spostati, che si faranno un mazzo così per aiutarci a farlo in mille modi (grazie!).

Allenato, mi sono allenato, ed essere arrivato in fondo ai 315 km dello Swiss Peaks dell'anno scorso (qui, qui e qui), mi fa sicuramente partire un po' meno impreparato del 2019. Ma in una esperienza del genere può succedere qualsiasi cosa, quindi vedremo.

Nel rito di avvicinamento mi sono anche letto praticamente tutto quello che è stato scritto in proposito (i libri, nessuno memorabile, Elogio del Limite di Pistoni, La grande corsa di Prossen, Tra i giganti del Tor de Geants di Dalmasso, Sulle alte vie del Tor des Géants di Lombardo, Magical Mystery Tor di Macchiavello, e i diari on-line, decisamente migliori, di Luca Molinari e di Michele Rosati), ma soprattutto mi sono consumato gli occhi sullo splendido libro fotografico di Stefano Torrione Tor des Géants: Valle d'Aosta. Naturalmente come mi succede sempre mi sono dimenticato ogni parola dieci minuti dopo averla letta, ma è comunque un modo per fare riscaldamento.

Sperando che gli dei del meteo ci siano propizi, vediamo se stavolta riesco ad arrivare in fondo.