10 dicembre 2022

Oricup Inverno: Torcegno

Dopo le bagatelle estive, è tornato il Grande Orienteering con la Ori Cup Inverno.

Teoricamente sono indietro di 3 giri, dato che la gara di Torcegno risale a 2 settimane fa, ma sabato scorso a Marter non ho corso (quella pineta mi è sempre fatto allergia, e ero altrove a fare la sauna...) e la gara di oggi è stata rinviata, ufficialmente per il maltempo, in realtà perché io ho male ad un tallone e non potevo correre. 

Quindi Torcegno. Poco paese, un po' di bosco e tanta campagna. 

Considerando che nella mia testa l'Oricup Inverno è in paese, e quando la mia testa è in paese qualsiasi boschetto mi sembra la giungla, e che in campagna di solito non vado mica tanto bene, e che mi riscaldo e concentro poco perché c'è coda in partenza e la coda è al freddo e Enrico continua a ciarlare, sarà un casino.

Così per sicurezza faccio due cazzate all'inizio e non ci pensiamo più: prima non taglio su dall'ovvio bosco invece di fare il giro del mondo dal prato,poi continuo su per il bosco invece di scendere alla strada come i normodotati.

Dalla 3 alla 5 metto le gambe in spalla e funziona abbastanza, poi pascolo fra i pascoli andando ala 6, un po' perché sul giallo non capisco mai una sega, un po' perché per distinguere un attraversabile da un non attraversabile ci vogliono più decimi di quelle che ho. Ma ancora peggio faccio alla 7, che sarebbe proprio elementare ma confondo i boschetti.

Per la 8 ho semplicemente meno fiato e meno gambe di quelli che ci mettono meno di me, per la 9 leggo la carta con troppa superficialità, per la 10 basta correre in discesa su asfalto e quello so farlo, per la 11 basta correre in salita su asfalto e so farlo ma un po' più lento dei primi 2, per la 12 idem, per la 13 invece corriamo proprio uguali uguali, e per la 14 forse anche, ma mi concentro sull'angolo della casa invece che sull'angolo del prato (vecchio errore di non fare abbastanza attenzione al centro del cerchietto, scegliendo solo l'oggetto che attira di più l'attenzione).

Per la 15, chiunque si ricordasse come è fatto il campo da calcio di Torcegno, o avesse dato un'occhiata all'arrivo prima di partire, o sia in grado di dire al volo se un baffo nero è un sentiero o una roccia, ha corso come un matto fino al cerchietto e poi è sceso dal sentiero. Io invece sono andato a cercare fortuna giù per il boschetto, trovandone poca.

Chiudo dietro a due giovincelli e davanti a tanti vecchietti.

8 dicembre 2022

A proposito di UTMB

Qualche giorno dopo (non) aver terminato l'Ultra trail del Monte Bianco, ho scritto questo articolo, che non è mai stato pubblicato.

Mi piacerebbe potesse diventare uno spunto di discussione.

 

“Mancano 5 minuti alla partenza, adesso vi invitiamo a mettere via per un attimo i vostri smartphone e a rivolgere i vostri occhi a colui senza il quale non saremmo qui oggi: il Monte Bianco. Contempliamolo assieme in silenzio per un minuto - … - Quello che abbiamo davanti agli occhi è un fantastico gigante ferito, mai nella storia i suoi ghiacci si sono sciolti tanto velocemente come in questo ultimo anno. E ciascuno e ciascuna di noi è un po’ responsabile della sua sofferenza. Oggi, insieme, promettiamogli che se ci darà la forza per concludere il grandioso giro attorno ai suoi piedi, che stiamo per cominciare, quando torneremo a casa ci impegneremo tutti e tutte a fare qualcosa di concreto per invertire la rotta, per permettere ai nostri figli e ai nostri nipoti di poter ancora godere della bellezza di cui possiamo godere noi oggi. Buona gara!”

Mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa del genere prima del via dell’UTMB, ma invece no, in un’ora di introduzione, lui, il Monte Bianco, non l’hanno nominato neanche una volta. Eppure non deve essersi offeso, perché ci ha regalato un tempo splendido per due giorni e le migliori condizioni per corrergli intorno. Quello che un tempo era conosciuto come il Monte Maledetto è davvero un gigante maestoso e splendido, sia guardandolo dal lato francese, sia da quello italiano, come decisamente maestoso è l’Ultra Trail del Monte Bianco, quello DOC, che parte e arriva a Chamonix, lungo 170 km e 10.000 metri di dislivello. Splendido, sì e no.

È fuori discussione che il livello complessivo dell’organizzazione è di una qualità che nel trail europeo e forse mondiali non ha paragoni. Ma proprio per questo alcune cose saltano all’occhio ancora di più.

L’UTMB può essere suddivisa in tre parti, che sembrano tre corse diverse. 

La prima è una gara di trail da una trentina di chilometri, su terreni facili e un po’ noiosi, che gode però di una bellissima visuale della parte meridionale del Monte Bianco, e che si corre in un clima da Tour de France. Nei paesi dove si trovano i punti di ristoro, ma non solo, ci sono migliaia e migliaia di persone lungo il percorso, che applaudono, urlano, suonano campanacci e fanno un tifo indiavolato al passaggio di tutti i concorrenti, facendo sentire il primo come l’ultimo, come si deve sentire la maglia gialla del Tour sull’alpe d’Huez.

La seconda è una 100 km d’alta quota prevalentemente su sentiero, con una manciata di salite molto impegnative e tutto intorno dei panorami che non hanno nulla da invidiare a nessun angolo del mondo. La doppietta Val Veny – Val Ferret, che corre ai piedi italiani del Monte Bianco, potrebbe convertire al trail running anche il più convinto dei bituminovori, e quando arrivi in cima ai 2537 metri del Gran Col Ferret, che anche ai primi chiedono tutto quello che hanno nelle gambe e nei polmoni, potresti anche appendere le scarpe al chiodo. Però invece ti servono per la discesa entusiasmante fino a La Fouly e Praz de Fort, e per la risalita a Champex-Lac.

Da lì all’arrivo ci sono un’altra trentina di chilometri, con tre salite - La Giete, Vallorcine e La Tete aux vents – sulla cui estrema bruttezza io posso testimoniare di persona solo riguardo alla prima, ma ho raccolto abbastanza testimonianza anche riguardo alle altre due. Come detto, in una gara qualsiasi ci può stare di trovare un pezzo bruttarello, ma nella pizzeria migliore del mondo se i carciofini sulla capricciosa non sono buoni, ci rimani male parecchio.

E poi c’è un’altra questione. In quell’ambito della sostenibilità di cui tanto spesso gli organizzatori parlano, e di cui la grigia e screpolata pelle dei ghiacciai del Monte Bianco ricorda in modo impressionante l’importanza, la galassia UTMB per ora si limita a fare un po’ meglio quello che si è sempre fatto, ed oggi è davvero troppo poco.

È facile togliere i bicchieri usa e getta dai ristori, molto meno facile è per esempio aiutare noi trail runner ad ammettere che nei nostri cassetti ci sono già più magliette di quelle che potremmo usare se corressimo fino a 100 anni; che per ricordarci di una gara non ci serve una t-shirt con scritto il nome e la data; che la soddisfazione di essere arrivati in fondo ce la possiamo portare dentro senza avere addosso qualcosa con scritto finisher. Eppure sarebbe fondamentale aiutarci a farlo, perché con le risorse che servono a produrre i gadget per un singolo concorrente, di bicchieri usa e getta se ne produrrebbero abbastanza da fargliene portare a casa una fornitura anche per amici e parenti, e quindi il Monte Bianco lo abbiamo aiutato solo per finta a non finire sciolto. 

“Ma allora come diamo visibilità agli sponsor? Come promuoviamo la nostra gara? Come facciamo venire a tutti voglia di correrla?” si chiederà qualcuno. Ecco, è proprio qui che UTMB potrebbe e dovrebbe diventare un modello da seguire, coinvolgendo gli sponsor, i partner tecnici, le comunità territoriali, e perché no gli atleti stessi, nell’invenzione e sperimentazione di pratiche del tutto nuove, che costruiscano nuova cultura e nuove abitudini, che vadano molto al di là della settimana della gara. Perché è di questo che c’è enorme bisogno.

UTMB è un brand con un appeal e una credibilità tali, da essere ormai un punto di riferimento da seguire ed imitare, e, considerando anche tutte le gare dell’UTBM World Tour e il numero di atleti che coinvolge a livello mondiale, l’impatto di quello che potrebbe uscire da qui, sarebbe enorme, e quindi importantissimo.

1 novembre 2022

Finali Coppa Italia Orienteering 2022

Già che ci sono, scrivo anche di questo, così mi tolgo il pensiero e avrò qualche pagina in più da rileggermi quando sarò pensionato (???).

E' l'ultimo giorno di scuola, solo che contrariamente a quello vero, qui non abbiamo davanti le vacanze estive, ma un lunghissimo inverno senza gare nazionali in cui ritrovarci in pigiama in luoghi improbabili a cercare pezzi di tela in mezzzo ai boschi e alle case. Sigh.

Siamo in Val Belluna, il sabato si corre la finale di Coppa Italia "city" o come si chiama, la domenica quella "forest". Io fra il sabato e la domenica per fortuna torno a casa, perché il sabato ho dimenticato a casa la pozione per l'asma e ormai sono troppo master per correre senza.

Durante il riscaldamento del sabato, in forma breve perché con Chiara ci siamo persi come due pivelli nei dintorni di Mel, mi rendo conto che è una settimana che non corro, e l'ultima volta erano i 50 km dell'ultima tappa del Maira Occitan Trail: e cosa c'è di meglio che correre una sprint in centro storico senza gambe e senza polmoni?

Fortuna che sono giovane e illuso e penso di potermela cavare comunque. Talmente giovane e talmente illuso che quasi quasi mi va bene davvero. Già andando alla 1 è evidente che quel litro di aria in più mi mancherà un sacco, ma cerco di compensare con l'entusiasmo e alla 3 sono in testa con 8'' su Emiliano (facciamo finta che Davide Martignago, che fa PE alla penultima, dove era abbondantemente in testa, non sia neanche partito). 

4-5-6-7 non sono complicatissime, e non lo sarebbe neanche la 8, se non ce ne fosse lì una poco lontana che induce moltissimo in tentazione, e io ci casco, perdendo 14'' e il primo posto.  Per la 10 mi spolmono l'unico polmone disponibile e alla 11 l'ipossia cerebrale conclamata mi impedisce di vedere la scelta più sensata che scendeva ad ovest. Perdo 19'' e ciao ciao. Nel finale, dopo alcune lanterne corse di branchie, perdo il segno, un portico e 10'' alla 18, e concludo 2° a 24'' da Emiliano, che non sarebbe neanche male, se non fosse che la stupidaggine più grande l'ho commessa prima di partire da casa.

Il giorno dopo ho i polmoni in regola, ma la carta mi è decisamente meno favorevole. E' una carta bella e stranissima, con pochissimo dislivello, vegetazione ostica e tanti sassi, sul letto del torrente Piave o almeno quello che un tempo lo era. 

Faccio quello che posso con un warm-up molto prolungato e alla fine mi sembra pure di capirci qualcosa, ma mando tutto in vacca già alla 2, quando decido di andarci lungo i sentieri, ma non ho la pazienza di controllare bene i bivi e ben presto sono perso in mezzo alla jungla. Non sono neanche abbastanza audace da essere aiutato dalla fortuna, così quando incontro una lanterna non è una delle mie e quando arrivo in un prato apparentemente inconfondibile, non lo trovo in carta perché è segnato come semi aperto. Quando finalmente arrivo al sentierone a nord che era la mia ultima spaggia, sono passati secoli e ho perso 7 minuti abbondanti dai primi. 

Da lì alla fine tento di salvare il salvabile e mi comporto discretamente, strappando anche 3 migliori tempo e un paio di secondi e di terzi, ma Morara, Corona e Martignago sono di un altro pianeta, e chiudo sesto, a 10-13 minuti da loro, e dietro anche a Vivian e Neuhauser.

Buon inverno. Sigh.


Brenta da sud a nord

 

Ci pensavo da qualche anno, una volta ci avevo provato senza troppa convinzione, questa volta sono arrivato in fondo: traversata delle Dolomiti di Brenta dall'estremo sud all'estremo nord, partenza da San Lorenzo in Banale alle ore 3.29, arrivo a Cles alle 20.02, 63 km, 4.250 metri di dislivello, 16 ore e mezza di Bellezza, con una spolverata di brivido durante, e 4 giorni di mal di gambe poi.

Dopo il pernottamento a San Lorenzo in Banale (comodamente raggiungibile da Trento con i mezzi pubblici) e la colazione con il frontalino nella sala da pranzo dell'hotel, buia e deserta, salgo la Val d'Ambiez sotto un cielo limpido e stellato che promette benissimo. La notte è sempre la notte, ma procedo abbastanza spedito fino al Rifugio Cacciatori e poi quasi fino al Rifugio Agostini (perché manco la scorciatoia a destra che va diretta alla Forcolotta di Noghera).

Niente luna, ma la notte è luminosa e non riesco proprio a non tenere spenta la frontale, mi tocca andare un po' più piano, ma è molto più bello così. Nel traverso verso la Forcolotta metto giù male un piede, perdo leggermente l'equilibrio, e do una tibiata su una roccia, esattamente nello stesso punto in cui mi ci è caduta una panca una settimana prima. Si aggiungono stelle alle stelle.

Dopo la Forcolotta accendo la frontale per andare un po' più spedito, direzione rifugio Tosa - Pedrotti, prime luci dell'alba verso sud-est, bello bello bello.

Quando arrivo al Rifugio ci sarebbe l'alba, ma come mia tradizione ho una montagna davanti che me la nasconde, mi accontento dell'aurora sulla Tosa e dei primi raggi sulle cime attorno alla Bocca di Brenta (di cui non ricorderò mai il nome, non c'è niente da fare...) e scendo un po' per imboccare il Sentiero Orsi, che mi scodella nella superba Busa degli Sfulmini, dove mi concedo il primo autoscatto di giornata, davanti, e queste me le ricordo, al Campanil Basso, al Campanil Alto e agli Sfulmini. C'è una luce bellissima, delle montagne bellissime, un sentiero bellissimo, le mie gambe vanno benissimo, ogni tanto appaiono dei camosci: se avessi mai avuto dubbi sul fatto che sia stata una buona idea svegliarmi alle 2.40, si sarebbero già squagliati.

Piccolo errore di percorso prima della Bocca di Tucket (bivio invisibile), primo affaccio sull'altra parte del mondo (val Rendena con Adamello, Presanella, Carè Alto ecc. ecc. ecc.) e poi un po' di timori nello scendere verso il rifugio Tucket, dato che il sentiero fa ancora finta che ci sia la vedretta, ma quella si è squagliata molto prima dei miei dubbi sulla sveglia, e la discesa non è agevolissima.

Nella modesta risalita fra i sassoni verso il Grosté incontro la terza e ultima persona della giornata, mentre al rifugio Graffer incontro due cagnoni che vorrebbero coccole e cibo. Ho due barrette, un po' di cioccolato, bagigi con lo zucchero, mandorle, e gel in abbondanza, niente che gli faccia bene, né che io abbia voglia di condividere con loro. Si accontentino di due grattini, che io devo ripartire.

Sono all'inizio del Sentiero Alpinistico Costanzi, in piena tabella di marcia (se ne avessi veramente una) e molto desideroso di potermi fidare delle parole di Roberto Dalla Valle, che dice che è il suo giro preferito e che si può tranquillamente fare senza imbrago. Temo che lui abbia parecchio più pelo sullo stomaco di me, ma confido che ci sia un motivo se lo chiamano "sentiero alpinistico" invece di "via attrezzata". Fino alla Bocchetta dei Tre Sassi ci sono solo gran ghiaioni, di quelli che i sassi quando sbattono uno sull'altro fanno il rumore di monetine, particolare curioso che accomuna tutte le rocce calcaree, da qui al Carso (e magari a chissà dove, io queste conosco).

Da lì inizia "l'alpinistico", e per farsi un'idea di quanto alpinistico sia, potete dare un'occhiata a questo filmato, di due che hanno fatto il sentiero nel mio stesso verso, o in questo altro, fatto invece venendo nel verso contrario.

Da lì alla fine del Costanzi ci sono 52 cordini, una scala in metallo e alcuni pezzi attrezzati con staffe, niente di tecnicamente impegnativo, ma almeno un paio di km (compresi quelli senza cordino) in cui il margine di errore è zero, cioè, se cadi, ciaone. Per quanto mi riguarda, si tratta di mettere in fondo allo zainetto la tentazione di avere paura e fare attenzione ad ogni passo, senza distrarsi mai. E' molto più lento che correre e muscolarmente meno faticoso, ma alla fine stanca di più, ed è anche parecchio stimolante. Se poi il posto è bello come quello lì e il meteo continua a rimanere spettacolare, non si può chiedere molto di più alla vita, e grazie a Roberto per la spinta.

Continuo a galleggiare attorno ai 2.500 metri, seguendo i capricciosi su e giù del Sentiero Costanti, senza accenni di crisi e con tanta voglia di arrivare in fondo. Poi faccio il più classico degli errori, cioè penso di essere arrivato prima del tempo.

La mia cartina del Brenta termina a Malga Tassullo, alle pendici del Monte Peller. Da lì ho arbitrariamente deciso che Cles è ad un tiro di schioppo, e la strada è tutta in giù; invece è ad un tiro di mortaio a lunga gittata, con anche parecchio piano. E si sa che la fatica, quando pensavi di essere arrivato, si quadruplica.

Arrivo a Cles 15 km e due ore e mezza più tardi, piuttosto sfatto, ma orgogliosissimo di essere riuscito (per puro caso) ad arrivare in stazione con 6 minuti di anticipo sull'ultimo mezzo che mi può riportare a casa. 

Giro sicuramente da rifare, magari in compagnia.

Campionato Trentino Long

Del Campionato Trentino Long vengo a conoscenza quando sono già a metà del mio super-tour-del-Brenta: 65 km con 4200 metri di dislivello non erano forse il modo migliore per preparare una long, ma tanto ad una giornata così in mezzo alle Dolomiti di Brenta non ci avrei rinunciato comunque.

E poi tanto ormai a queste cose ci sono abituato e da quando ho iniziato ad usare gli aminoacidi il mal di gambe è solo un ricordo. Ricordo che però torna a bussare con insistenza la domenica mattina nella splendida cornice del Lago di Calaita: per cause non note (forse di aminoacidi ne ho presi troppo pochi?) nonostante siano già passati 4 giorni ho le cosce di mogano, i polpacci di tek e dolorini sparsi in tutto il resto del corpo.

Confidando che l'adrenalina da gara faccia passare tutto (Lorenzo Vivian mi parte 3' dopo e Michele Ausermiller su questi terreni è rognosissimo) mi presento alla mia partenza al minuto 1 con il minimo sindacale del riscaldamento. Lago di Calaita alla destra, giallo bosco autunnale alla sinistra, Pale di San Martino davanti e cielo azzurro sopra, con tanta bellezza intorno non ci sono DOMS che mi possono rallentare.

Nei libri si legge che la bellezza toglie il fiato, nella realtà a togliermi il fiato è il fatto che sono un pirla, e dopo due sole settimane ho rifatto lo stesso tragico errore: ho dimenticato di prendere la pozione anti asma. Quella che in una long non sia poi una cosa così tragica, si rivela una pia illusione già alla prima lanterna, dove arrivo ansimando nonostante io sia in gara solo da 1 minuto. 

Per chi non sapesse cosa è l'asma, provi a correre, all'apice della vostra forma fisica, con 4 mascherine una sopra l'altra o a 4.000 metri di altezza, o, meglio, le due cose insieme: le gambe urlano al cuore "mandaci più ossigeno che acceleriamo!", il cuore risponde "io sono già a tutta, parlatene con i polmoni", loro ribattono "ci stiamo già facendo un mazzo così ma c'è un ingorgo su nei bronchi", i bronchi non rispondono niente perché ne hanno piene le palle a non collassare. E il cervello, che dicono consumi da solo il 30% dell'ossigeno, avvisa che farà quello che può.

  

Morale della favola, dopo la campestre fino alla 3, che permette di contemplare le Pale facendo solo un po' di attenzione a non giocarsi un paio di caviglie fra le zolle, ho già preso 30'' da Vivian, che me ne dà altri 20 salendo alla 4,una riga diritta su per il bosco che faccio alla perfezione, ma in apnea. Sarebbe un giorno tecnicamente felice, prendo senza errori la 5 e la 6, faccio la scelta migliore (dalla strada) per la 7, sono chirurgico sulla 8-9-10-11, ma il ricordo del mal di gambe è stato sopraffatto dalla nostalgia per un polmone, e quando fra la 10 e la 11 Vivian mi supera a velocità non irresistibile, non riesco ad opporre la minima resistenza.

Fin lì sarei comunque addirittura ancora secondo, 2' davanti ad un certo Roberto Pradel, ma a quel punto il cervello getta la spugna, confessa che lui con quell'ossigeno lì può garantirmi al massimo le funzioni vitali, e mi porta (preciso) alla 14 e poi alla 13. E' prima di scendere alla 12 che, probabilmente grazie alla discesa che mi permette di investire un po' meno fiato nei muscoli, mi rendo conto di cosa è successo. Così dopo aver punzonato la 116 me ne torno sui miei passi, senza neanche alcuna velleità di poter recuperare qualcosa spingendo di più, perché un settantenne che fuma da una vita due pacchetti al giorno avrebbe più fiato di me in quel momento.

Ciliegina sulla torta, dato che "tanto alla 14 ci sono già stato", non mi preoccupo di pensare a come attaccarla, e vago lì intorno 4-5 minuti giocandomi le mie scarse residue possibilità di podio.

Da lì all'arrivo non sbaglio più niente, ma respiro come Roberto "Baffo" da Crema e chiudo quinto, a 21 minuti da Vivian, 12' da Pradel e 5' da Eddy.

Chissà se questa agonia sarà sufficiente a farmi ricordare di prendere la pozione la prossima volta. Ausermiller, par la cronaca, ha saltato la 6.





2 ottobre 2022

A volte resuscitano

Dopo i miei penosi campionati italiani middle e staffetta del fine settimana scorso (dei quali non so se un giorno avrò il coraggio di scrivere qualcosa), la mia fragilissima o-autostima è ai minimi storici e sono fortemente tentato di disertare la 2 giorni della Valsugana per andare a correre e meditare solitario in Brenta. Ma dovrei alzarmi troppo presto e il tempo è così così, quindi opto per la terapia alternativa del suicidio assistito.

Avendo deciso che in M35 non ci sono abbastanza avversari, mi iscrivo in M45, dove non conta il numero di avversasi, dato che c'è Cipriani, alias il Cip. Per chi non fosse un intenditore delle categorie master, basti dire che oltre ad essere stato per me "Il Rivale" fino a qualche anno fa, è attualmente campione italiano middle M50, campione italiano long M50, campione trentino sprint M45 (per mia gentile concessione alla penultima lanterna...), nonché vincitore delle ultime 10 gare da lui disputate, fra M45 e M50. Fra l'altro l'anno scorso mi ha battuto in 5 delle 6 gare che ha corso in Coppa Italia in M35 (nell'altra ha fatto PM...).

O la va o la spacca.

Intanto, il primo giorno la spacca.

Il Fato, o uno scherzo sadico di quelli del Crea Rossa, lo fa partire 1' prima di me. Riesco a limitare i danni nel solito parchetto delle Terme e ad uscirne con soli 10'' di ritardo, che si riducono a 3 nella prima lanterna in salita, la 9. Qui la salita è lunga assai, e mi immagino di intravvederlo lassù, invece di lui non c'è traccia. Scoprirò solo poi che lui opta per una probabilmente non legalissima scelta a destra, che a lui fa risparmiare 34'' e a me impedisce di avvistarlo e sputar sangue per prenderlo.

Peggioro la mia situazione alla 12, dove mi scapicollo senza pensare un granché a cosa sto facendo e arrivo alla fontana dopo, prima di capire che sono andato lungo, buttando 15'' nel cesso. E poi cado anche nel trabocchetto della 15, che induce a stare sotto la linea rossa, ma di là non si entra nel parchetto. Ci cade anche lui, ma in ogni caso alla fine è 44 secondi davanti a me (che sono comunque più di 34).

Quella del secondo giorno a Passo del Brocon è una cartina ostica, che assomiglia un po' a quella in val Gardena, dove ho buttato alle ortiche una ottima gara per eccesso di fiducia nei miei mezzi da metà in poi. Direi che al momento non corro il rischio di peccare di eccesso di fiducia, se mai il contrario. Stavolta niente Fati e niente scherzi, e il Cip parte a distanza più che di sicurezza, 8 minuti prima di me.

Io mi imploro di partire tranquillo per entrare in carta, ma la prima è facilina e le mie gambe non mi danno retta, così ci arrivo con il miglior tempo, 17'' più veloce del Rivale. Però almeno non penso "oh, che facile, dai che oggi va via liscia" e mi limito a pensare "per la 2 via in curva di livello e prato diritto come linea di arresto", e casco dritto dritto nella buca, guadagnando altri 5''.

Per la 3 con il senno di poi era meglio rimanere nel semiaperto (che era parecchio aperto) e strisciare su lungo le rocce, invece salgo subito nel bosco. Ma gli dei oggi sembrano propizi e faccio di nuovo il miglior tempo, mentre il Cip si incarta un po' fra le rocce e scivola a 105'' di distacco, dei quali ne recupera 14 alla 4 che io faccio giusta ma un po' troppo titubante. Titubo molto meno alla 5, dove facciamo lo stesso tempo spaccato, mentre alla 6 gli do 5'', e gliene darei di più se non leggessi male il codice e mi allontanassi di un paio di metri dalla lanterna prima di tornare lì a punzonare.

Per la 7 meglio lui, io forse sono troppo prudente e prima di scendere lungo le rocce sto in curva per un po' troppo, lasciandoci addirittura 30'', dei quali me ne riprendo 16 alla 8+9.

La 10 mi sembra la tipica lanterna dove perdere gara - faccia e voglia di continuare a fare orienteering, così decido deliberatamente di prenderla MOLTO prudente, passando dalla 6 che conosco già, scendendo alla bucona e poi andando via in curva. Ci arrivo perfetto, forse un pelo TROPPO prudente, dato che ci smeno un centinaio di secondi e il primo posto, però non mi sono perso e non ho intaccato il mio fragile equilibrio psico-fisico!! Alla 11 di nuovo stesso tempo (e lui rimane davanti di 23'') e poi il Cip fa quello che di solito faccio io, cioè cicca un banale azimut da 75 metri. Mentre io cado nella buca con la lanterna, lui ravana lì intorno e mi dona 2', ai quali ne aggiunge 3 abbondanti alla 13, che io centro chirurgicamente appoggiandomi ad alcune forme del terreno, e lui no. Già che sono lanciato mi prendo altri 20'' alla 14 e posso permettermi di preoccuparmi un pelo cercando nelle buche sbagliate alla 15, dove perdo gli unici 20'' veramente persi della giornata.

Dalla 16 all'arrivo mi prendo il lusso di rifilargli altri 24+3+4+4+2 secondi chiudendo con la bellezza di 5' e 20'' di vantaggio, che su una gara da 29'35'' non è male 😎.

Chiudo questa gloriosissima giornata (per aver fatto una gara quasi pulita più ancora che per aver battuto il Cip nella due giorni ed essermi portato a casa una cassetta di mele golden) con una corsetta con Roberto Dallavalle (che ha vinto l'Elite in 34''...) in Cima al Monte Agaro da cui c'è una vista splendida su Lagorai, Pale di San Martino, Cima d'Asta e pure Carè alto e Brenta.



21 settembre 2022

2 o-giorni del Primiero

A stretto giro di posta, dopo il racconto delle non entusiasmanti prestazioni del fine settimana in Valtellina, torno con il racconto delle solo un mini pelo più entusiasmanti prestazioni alla 2 giorni del Primiero.

Come tutti sanno il Primiero è la culla dell'orienteering come numero di praticanti, come carte, come entusiasmo delle società ecc. ecc. ecc. E' anche una figata di posto dove passare un fine settimana, quindi si va.

Primo giorno gara "promozionale" (con sistema di punzonatura air+...) in Val Canali, un paradiso un pelo sciupato da Vaia, che rimane però ai piedi delle Pale ed è quindi sempre uno spettacolo. Dalla fine del mio cambio di abito allo start con cartina in mano passano meno di 3' (pensavo che la partenza fosse più lontana e che ci fosse coda al punching start, invece no) e io ce ne metto almeno altri 15 a raccapezzarmi su cosa sto facendo. Per la 3 credo anche di dover fare il giro ad un dosso, che però è una bucona, ma io faccio davvero il giro ad un dosso. E poi scelta demenziale alla 4 e insensata alla 6, insomma, tragedie, almeno fino alla 9.

Poi, un po' la carta diventa parecchio più facile, un po' io entro un po' in gara e in carta grazie ad un non meglio precisato atleta con tuta Craft, che mi prende e battagliamo un po' prima che mi semini dopo la 16 (così io posso approfittarne per scendere a casaccio ala 17 e fare il peggior tempo alla 19 uscendo a caso dalla 18).

La domenica si è sciolta un po' della neve che è caduta il giorno prima a Passo Rolle, la giornata è bellina, il posto fantasmagorico, così mi esibisco subito in una delle mie migliori Partenze Alla Cazzo, e alla 1 sono già ottavo su 8 a 4' dal primo. Dovrei fare una buca nella neve e rimanere lì fino al disgelo 2023, ma il posto è troppo bello e ci sono ancora 9.5 kms per rimediare, proviamoci.

Tre minuti dietro di me partiva Roland Pin, che come al solito non si allena dal 1982, e che mi passa prima della 1. Lo avvisto in uscita dalla 3 e lo supero in uscita dalla 4, correndo come un disperato nei prati innevati (figata!!). Faccio una scelta migliore della sua per la 5, butto via un po' di secondi in zona punto alla 6, faccio bene la 7 (ma ci metto un minuto più di Ausermiller che probabilmente ha una motoslitta) e rivedo per l'ultima volta Roland attorno alla 8, dove io ho cincischiato parecchissimo in zona punto ma lui ci sta ancora arrivando.

Poi parto lungo il sentiero che è una distesa di paludine e zolle di erba, e, scongiurato il pericolo di tornare erroneamente alla 6, che con la cartina rovescia sembra un 9, galoppo con il miglior tempo alla 9 e con il migliorissimo alla 10. Qualcuno potrebbe dire che erano lanterne fisiche, ma ditelo ad Ausermiller, che è piuttosto fisico, e alla 10 perde 9 minuti e primato (quando lo raggiungo insieme ad Eddy, sta pascolando (in)felice troppo corto e troppo basso rispetto al punto).

Per la 11 ho le ali ai piedi, alla 12 mi sa che ci passo ad uno sputo ma non la vedo e procedo fino all'avvallamento successivo (1' buttato...e Ausermiller mi sorpassa, ma non in classifica)  e poi via di corsissima alla 13 - 14 - 15. Solo che ho sempre Ausermiller in vista e ovviamente mi distraggo, col risultato che in zona punto faccio una bestialità bestiale che mi costa 2'.

Fortunatamente avevo un discreto bottino, e riesco comunque a vincere la gara.

Eh, accontentiamoci.

20 settembre 2022

O-Tirano & O-Trivigno

Dopo mesi senza il brichetto al dito, interrotti solo dalla commendevole parentesi di VeNotte, a bordo del vascello del Pergine scavalco il Tonale e dopo 3.543 curve arrivo a Tirano, shakerato il giusto per arrivare quasi in partenza prima di ricordarmi di aver dimenticato la pozione anti asma. Torno e ritorno e arrivo in partenza all'ultimo, come mia consolidata discutibile tradizione.

Pronti via e sbaglio scelta alla 1, 15'' seminati dalla parte sbagliata del palazzone, e già ad inseguire. Alla 2 non indovino il sottopasso giusto per passare il famigerato "multilivello"  e poi c'è più o meno solo da correre fino alla 8, dove giungo in terza posizione, a 1' da Davide Martignago e a 12'' da Emiliano Corona.

Mi è fatale il sottopasso pedonale, dal quale esco storto, e nel tentativo di correzione rotta mi ficco in un cortile chiuso dove una signora mi guarda perplessa: 40'' di errore e ciao sogni di gloria.

Riesco a riacciuffare il terzo posto nonostante le gambe di ghisa e il cervello non propriamente reattivo, che mi vale un litro di succo di mela. Vediamo come va la long di domani.

Domani è un altro (bellissimo) giorno, da Trivigno lontano lontano si vedono pure il Rosa e il Cervino, arrivo in partenza meno in ritardo del solito (ma non senza dover tornare indietro per dimenticanza di bussola e brichetto...) e la 1 mi sembra talmente facile che ho il dubbio di aver sbagliato  cartina. Ma invece no, così ho il tempo per pensare "è una gara per me" (= non molto tecnica e molto da correre) e quindi di gettare le basi per mandare tutto in vacca.

Attacco un po' casual alla 2, alla 3 leggo una buca ma invece è un dosso, la 4 per errore la faccio giusta (ma comunque 17'' più lento di Emiliano) e alla 5 il cervello chiude per ferie, così dopo aver riconosciuto la roccia nel prato a 100 metri dal punto, me lo dimentico 5'' dopo, reinterpreto la carta 4 volte in pochi secondi, e vago lì intorno perdendo una decina di minuti e la dignità.

Ci sarebbe tutto il tempo per radrizzare la gara, ma non è proprio giornata e da lì alla fine riesco a fare un miglior tempo (alla 7), due secondi (8 e 13) e una serie di mediocrità, dovute a bolsaggine fisica e/o a scelte un po' (9, 10) o molto (14) discutibili e/o scelte giuste corse male (16, 17).

Chiudo mestamente 6° quello che solo un'ora prima della gara avevo scoperto essere il Campionato Italiano Long. Bei tempi quelli in cui vincevo le medaglie, adesso mi sono ridotto a fare il giovane fan di altre più meritevoli (?) atlete.



14 settembre 2022

UTMB, fuochino

Dopo qualche anno che le vedevo nei video e nelle fotografie, fra quella moltitudine di teste pigiate dietro l’arco di partenza dell’UTMB, quest’anno c’è anche la mia. La piazzetta davanti alla chiesa di Chamonix dal vivo è più piccola di quello che sembra nelle immagini, ma in qualche modo ci stanno comunque 2300 persone, che sono una marea.

Marea che sulle tradizionali note di Vangelis si mette in moto un po’ alla volta per iniziare quei 170 chilometri con 10.000 metri di dislivello all’ombra del Monte Bianco, che entro massimo 46 ore e mezza dovrebbero riportarci tutti qui.
I primi 30 chilometri sono qualcosa di completamente diverso da qualsiasi altra gara di trail al mondo. Si corre in mezzo ad un fiume di gente, con una folla ai lati del percorso, soprattutto ai punti di ristoro, che io ho visto solo in televisione al Giro d’Italia e al Tour.

Mentre corro nella notte che avanza, lungo sentieri fino a lì non proprio memorabili, mi viene un po’ da chiedermi cosa abbiano questi da strepitare in quel modo per degli Uno-Qualunque che ci stanno solo mettendo tanta buona volontà, ma essere acclamati come star dà piacevoli brividi lungo la schiena e poi c’è da pensare a qualcosa di ben più importante: la prima vera salita, quella al Col du Bonhomme. 

Nelle altre gare dopo un paio d’ore ti ritrovi da solo con il tuo ritmo e le tue gatte da pelare. Qui dopo 6 ore è ancora tutto un superare e venir superati, per quanto mi riguarda più la seconda della prima. A guardare la processione interminabile di luci che sale senza sosta, più che gente che sta facendo quello che ama, sembriamo i dannati di qualche girone dantesco, e la sensazione diventa ancora più forte quando in cima al passo, sotto un cielo che per l’occasione ha lucidato tutte le sue stelle, a fermarsi a guardare in su sono solo quelli bloccati da un impellente bisogno fisiologico.

Non mi sembra di andare male, eppure perdo altre 102 posizioni nella discesa dal colle e altre 53 nella salita successiva, quella che ci fa superare il confine del Col de la Seigne e giungere in Italia, assestandomi al 631esimo posto. Non che conti qualcosa, ma al morale, e quindi alle gambe, non fa mai bene vedere schiene che se ne vanno.

Fortuna che le prime luci del giorno iniziano a giocare con le cime, i ghiaioni e i ghiacciai del Monte Bianco, e il tracciato si infila nella parte più bella di tutta la gara. La Val Veny e la Val Ferret sono probabilmente fra i posti più belli al mondo dove correre, e fra le due c’è la base vita di Courmayeur, che costringe ad una discreta perdita di quota, ma permette di tirare un po’ il fiato, cambiarsi, mangiare e ripartire un po’ più freschi. 

Tutti quelli che hanno corso l’UTMB dicono che “la gara comincia a Courmayeur”, e la mia sembra cominciare proprio bene. Nonostante le 14 e passa ore già sul groppone, finalmente non mi supera più nessuno e continuo a raggiungere gente. Pare che il carburante “bellezza” sia per le mie gambe più efficace di gel, aminoacidi e tutto quello che si può trovare ai ristori, e qui di bellezza c’è quasi da fare indigestione. Il cielo è terso e si corre per ore a fianco del Monte Bianco, alla giusta distanza per gustarne infiniti scorci uno più bello dell’altro. La salita al Gran Col Ferret sarebbe di suo quasi sfiancante, ma tutto quello che c’è intorno è troppo bello per potersi stancare, e la valle successiva in territorio svizzero chiede solo di lasciare andare le gambe e ringraziare di essere vivi e di poter essere qui.

Dopo il Pit stop ultra rapido a La Fouly, dove mi fermo solo 4 minuti, il percorso ti shakera nel bosco prima di farti risalire a Champex-Lac, dove da ore sogno di fare il bagno. Il sole è tramontato e non è più così caldo, ma sono da sempre un convinto sostenitore delle virtù rigeneranti di un tuffo in gara. Quando riemergo dalle acque e riesco a ripartire ne sono un po’ meno convinto e ci metto un po’ a tornare in temperatura. Ed è qui, dopo che ho recuperato più di 200 posizioni rispetto al mio piazzamento al Col de la Seigne, che i miei demoni affilano i coltelli e si preparano a sferrare la loro trionfale Blitz-Krieg.

Durante uno sforzo simile, che mette veramente alla prova anche i migliori atleti, ci sono sempre parti di te che vorrebbero convincerti a mollare, anche se fisicamente saresti all’altezza di quell’impegno. E loro, i tuoi demoni, ti conoscono meglio di chiunque altro, e sanno benissimo dove colpirti. I miei, ci mettono pochissimo a convincermi che è inammissibile che in una gara così celebrata ci sia una salita così brutta, e a farmi montare una rabbia malata che mi taglia le gambe e mi svuota il cervello, rendendomi inconcepibile qualsiasi scelta diversa dal ritiro. Così, nonostante i tentativi di qualche volontario di farmi cambiare idea, mollo a Trient, a 28 km dall’arrivo.

La salita, quella verso La Giete, era brutta davvero, ma se in quel momento fossi riuscito ad aggrapparmi ad un qualsiasi pensiero positivo, avrei superato quella che era solo una classica Crisi-in-gara, e sono certo che mi sarei goduto tantissimo le bellezze che ancora mi attendevano: un nuovo pezzo di notte stellata da attraversare, il colle che riportava nella valle di Chamonix dopo aver fatto il giro al massiccio con la cima più alta d’Europa, il tratto fra i pascoli fra Vallorcine e Col Montet, la salita bastarda a Tetes aux Vent, le luci di Chamonix in lontananza ad annunciare alla fine, l’applauso dei quattro gatti rimasti nelle vie del centro a festeggiare i finisher anche alle tre di notte, e chissà quante altre.

Quanto dicono che l’ultra trail è soprattutto una questione di testa, hanno ragione: con le gambe da sole al traguardo non ci arriverai mai.

4 agosto 2022

VeNotte + MooMestre

Tutti/e quelli/e che non si sono presentati/e a bordo laguna pensando che fine luglio non fosse esattamente il momento migliore per andarci, avevano ragione, ma avevano anche torto. Vero, c'era un caldo porco e abbiamo sudato come i suddetti porci, ma ci siamo anche divertiti/e parecchio.

VeNotte si corre, ma guarda un po', di notte, partenza ore 21 e in giro c'è molta più gente di quello che ci si poteva aspettare/augurare. Io mi presento al via al peggio delle mie possibilità: ho dimenticato a casa la pozione contro l'asma, facendo (poco) stretching mi accorgo che ho le cosce di bronzo, ho il cervello cotonato perché a quell'ora lui vuole andare a letto (mi succede anche nelle partenze notturne delle gare di trail, ma lì bisogna solo seguire delle fettucce, qui no). Ma parto.

A metà della luuuunga tratta iniziale mi accorgo che non ho acceso il gps e che cenare alle 19.30 con spaghetti al nero di seppia non è stata una buona idea; però almeno mi si è acceso il cervello, dato che sono pur sempre in gara e con una cartina in mano. Non abbastanza da capire che se hanno mappato l'interno della stazione probabilmente è perché conveniva passare da lì (infatti) ma a sufficienza per fare la seconda scelta migliore. E le cosce di bronzo bastano a farmi arrivare alla 1 con più di un minuto di vantaggio.

Viaggiando verso la 4 supero PMGrassi, partito 2' prima di me, in una pallida rivalsa di quando tanti anni fa mi superò in bosco a Lipica, lui per vendetta mi soffia di 3'' il miglior tempo alla 5, unico mio non best-time fra le prime 10. Ma, scoprirò poi, a quel punto ha già patito il risentimento muscolare che lo farà ritirare alla 8.

Non è la gara di Venezia più tecnica della storia, e le doti principali da utilizzare sono quelle di Guida nel Traffico e Lotta al Sudore, e quelle le padroneggio. Padroneggio meno la dote di Un Minimo di Attenzione, e, dopo aver sbagliato casa alla 13 (ma giurerei di averle contate giuste...) e avuto una lievissima indecisione alla 15, procurandomi gli altri 2 non best-time della serata, è ora di bestIA-time.

Credo che il mio cervello abbia interiorizzato il fatto che quando c'è una farfalla, prima di andare altrove si torna al centro della farfalla, cosa che immagino non sia una regola scritta, ma mi pare sia una tradizione consolidata. Così quando torno all'inizio della farfalla (che ha un'ala sola...) non mi pongo neanche il problema di vedere se ci sono altre lanterne in zona, e vado alla 17. Saltando la 16 😓 (che gli altri, TUTTI gli altri, corrono in 30-40'').

Quando arrivo al traguardo, parecchio sudatello ma con 6' di vantaggio sul secondo, scarico trepidante la si-card, e scopro che sono un Povero Mona 😓😓😓. Ma chissene, mi sono divertito, e il giorno dopo c'è Moo Mestre.

La formazione Friariella e Smacafam schiera Eugenia Police e il sottoscritto, che, per affiatarsi al meglio, arrivano in ritardo e ultimi al briefing pre gara, si presentano al centro della carta "prologo" senza sapere cosa devono fare, ma poi ingranano.

C'è moltissimo da correre, il solito caldo porco, varie mappe di vari generi da interpretare, parecchia attenzione da metterci (e quella ce la mette soprattutto EP), una ventina di km da fare a piedi, una manciata da fare con i mezzi, da aguzzare molto la vista per vedere delle cose dal treno in corsa, ecc. ecc. ecc.

A livello atletico EP e DP non sono esattamente uguali, ma EP riesce a non schiattare e DP a non far schiattare EP, entrambi riescono a lasciare all'altro/a un numero sufficiente di decisioni da convivere serenamente, DP riesce a scrivere sullo smartphone con sufficiente perizia da fare un solo errore di battitura, ecc. ecc. ecc.

Nella parte finale della gara, prima di trasferirsi in zona "cartina San Marco", i due si rendono conto di aver saltato un punto nella pittoresca-inquietante zona del cavalcavia che va verso Venezia, e per un po' accarezzano l'idea di barare, spedire DP a fare il punto e EP ad avviarsi verso la cartina successiva. Ma l'Onestà trionfa, e viene premiata.

La classifica finale vede Friariella e Smacafam al terzo posto, che non sarebbe cambiato né se avessero barato separandosi, né se non avessero sbagliato le due risposte che hanno sbagliato. Ma con 4 goduriosi minuti di vantaggio sui quarti classificati, fra l'altro amici di EP. 

In premio, iscrizione gratuita al Moo Milano 2023. See you there.


27 luglio 2022

Memorial Renzo Eccher 2022

Perentoria vittoria di Pedrotti al Trofeo Renzo Eccher organizzato come di consueto da suo suocero nell'ambito della Sagra di Sant'Apollinare (ma lui, il suocero, giura di non avergli fatto vedere la carta in anticipo)(del resto non era proprio tecnicissimissima, la carta, quindi vederla in anticipo non avrebbe fatto sta gran differenza).

Nonostante le cosce cementificate dall'allenamento in discesa di due giorni prima, il portacolori dell'US San Giorgio parte abbastanza bene sulle prime filantissime lanterne, delle quali la 3 è poco meno di un vertical (sulla quale Egli si fa soffiare il miglior tempo, seppur di un solo secondo, da Alessandro Gretter) al termine del quale la classifica lo vede in testa per 6''.

Qui lo Spilungone si concede l'unica vera distrazione di giornata, o meglio, si ostina a cercare la lanterna dove sembra segnata in carta (al termine del muretto sotto il sentiero), mentre lei, la lanterna, è a bordo sentiero. Girovagando in loco perde quasi 2' (sembravano meno, dal vivo) che lo scaraventano al sesto posto. 

Ma da qui ha inizio una imperiosa rimonta, grazie al fatto che per la prima volta nella sua luminosa carriera Esso non si perde nel boschetto in cima al Doss Trento, infilando 14 migliori tempi nelle successive 20 lanterne, per lo più in modalità Corri Mona, dimostrando, non si sa bene se sotto il profilo "Corri" o quello "Mona", di essere di un'altra categoria rispetto agli avversari.

Solo 3 gli attraversamenti vietati di cui il corazziere del San Giorgio si è macchiato, ma correre dove si è corso decine di volte nella vita normale, rende difficilissimo leggere seriamente la carta. E poi non ci sono prove che gli avversari non abbiano fatto altrettanto...

Spiacevole episodio al termine della kermesse piedicastelota, quando le tifose del vincitore smaniavano di vederlo sul podio, ma Costui disertava la premiazione, perché, bontà sua, per una volta si degnava di dare una mano agli organizzatori della sua società, e si recava in cima al Doss Trento a recuperare lanterne.

E sabato prossimo, VeNotte Summer!


30 giugno 2022

I miei ultimi fottuti 40 km della Scenic Trail k119

Breve riassunto delle (mai pubblicate) puntate precedenti.

Arrivo a Tesserete, Capriasca, Canton Ticino, Svizzera, per correre lo Scenic Trail M100, che vuol dire 100 miglia. Però per il venerdì pomeriggio è previsto molto brutto tempo (e così sarà) così noi esosi veniamo dirottati sulla k119, con uno sconto di quasi 50 km. Nella mia testa è una gara di ameni sentieri a fil di cielo fra i verdi pascoli, adagiati su morbide alture con vista sui laghi della zona, bella scorrevole, tutta da correre, senza neanche fare troppa fatica. Pirla.

Già la partenza alle 22 è una mazzata, perché c'è sempre una vocina dentro di te che dice "scusa, ma noi non dovremmo andare a dormire adesso? Perché sei su una linea di partenza in mutande e zainetto con una frontale in fronte?" ed è evidente che avrebbe ragione lei. Poi, dopo il riscaldamento sul pacifico monte Bigorio (1188 m), il Monte Ferraro (1493 m) è n'altra mazzata, il monte Gradiccioli (1935 m) di più, e il Monte Tamaro (1867 m, rigorosamente con l'accento sulla prima a), peggio ancora. Fortuna che scendendo a Monte Ceneri (che non si capisce perché ma non è affatto un monte) viene giorno e io riparto dal terzo ristoro, nella Caserma di Monte Ceneri, decisamente più pimpante. E meno male perché dopo la tranquilla Cima di Medeglia (1259 m), il Pizzo di Corgella (1707 m) è n'altra mazzata. Ma io sono pimpante.

A Isone c'è la base vita di metà gara, che in realtà è ben dopo metà gara (km 66) e quindi già lì cominci a sentirti un po' figo, soprattutto se dentro c'è un po' di gente un po' ferma, e tu dopo un rapido ed efficace pit stop con cambio di calze - scarpe - maglietta e reintegro dei gel, riparti pimpante. A Gola di Lago poi il tracciato si congiunge con quello della k54 e della k27 e della k18 e c'è tanta gente e c'è il sole e il cielo è azzurro e l'erbetta è verde e le mucche pascolano e non tanto dopo arrivi su al crocione del Motto della Croce, che si vede dalla partenza. E tu, che sei pirla, inizi a pensare che ormai è fatta. Ma mancano ancora 40 km.

Fine delle puntate precedenti.

E prima ti sciroppi un po' dei famosi ameni sentieri a fil di cielo, adagiati su alture non poi così morbide, guadagnandoti il Monte Bar (1816 m), poi la Cima Moncucco (1724), e poi il Gazzirola, che a vederlo da lontano sembra tanto tranquillino, ma sono 2115 m e gli ultimi 500 metri dei famosi verdi pascoli sono un rampone mica male (e per fortuna che il temporale del giorno prima ha abbassato un po' la temperatura, se no erano ancora più cavoli).

Sul Gazzirola, io che leggo sempre l'altimetria un po' alla caxxo e il GPS non lo guardo per principio, decido che salita praticamente non ce n'è più, si deve giusto andare dietro un po' di monti che si vedono da Tesserete, fare un giro con vista lago di Lugano, e andare a godersi l'arrivo. Pirla. 

La mia discesa verso il ristoro di San Lucio, dove ci lasciano quelli della k27, non è brillantissima, ma è colpa anche del fondo, che è meno ameno del previsto. Quando vedo che la strada ricomincia a salire, mi girano un po', ma mi dico che sarà l'ultimo dosso (Monte Cucco Dosso Colmine 1623 m). Poi però su sto cazzo di cornice di monti atttorno a Tesserete si continua ad andare su e giù, di qua e di là, che a guardare l'altimetria (che io però non guardo) sembra di scendere più che di salire, ma a correre mica tanto.

Quando si arriva al Monte Boglia (1516 m) secondo me gli si fa un bel giro intorno, ma secondo gli organizzatori invece no, e bisogna arrivare in cima con 400 m D+ e 2735 zeta, e poi tornare giù con un altro po' di zeta, una specie di toboga ripidissimo fra i sassi e varie altre tipologie di sentieri infami. Fortuna che a Bré Paese entrerò nel primo bar e li implorerò di regalarmi un ghiacciolo all'amarena o uno sciroppo di granatina. Peccato che a Bré paese di bar non ce ne siano. E allora al ristoro mi accontento di una manciata di orsetti gommosi e di una fettina di prosciutto, che dovrebbe aiutare il mio stomaco a non vomitare l'ultimo gel che devo infliggermi per tentare di arrivare all'arrivo vivo (miii, quando fanno schifo i gel).

Da lì, secondo me, si ritorna rapidamente a Tesserete, praticamente tutto in piano o discesa (motivo per cui sulla cima del Boglia mi ero concesso un breve moto di sobria esultanza). Solo che il sentiero inizia a salire. E sale. E sale. E mentre nel mio stomaco gli orsetti gommosi e il gel litigano per decidere che sapore dare alla mia nausea, e alla fine si accordano per un gusto misto, lui sale ancora. Poi finisce il purgatorio e mi ritrovo in una splendida faggeta, e vedo un biker che sale su una forestale che incrocia il mio sentiero, ed è chiaro che al bivio io scenderò e sarò rapidamente a Tesserete. Ma la freccia invece va dall'altra e dice che devo salire ancora. In tutto, dal ristoro degli orsetti, saranno 400 e poco i metri D+, arrivando a 1100 metri di altezza. E dato che Tesserete e l'arrivo sono a 536, bisognerà pure tornare giù.

Il sentiero probabilmente non sarebbe neanche così infame come mi sembra, e la mia prestazione non sarebbe neanche così penosa come mi pare, (ogni tanto supero pure dei concorrenti), ma la mia testa ha già staccato da 30 km e sono in completa balia degli eventi. Quando finalmente arrivo a delle case, mi dico che ormai non può mancare tanto, ma poi le case scompaiono e mi trovo di nuovo in un bosco, con un sentiero che scende lungo un torrente. Poi ci sono di nuovo case, e mi illudo di riconoscere il centro di Tesserete, ma non è vero niente, e nonostante veda benissimo i monti attorno a me, il mio cervello non riesce a ricostruire una elementare planimetria della zona. Quando mi ritrovo su un altro sentiero in un altro bosco verso un altro torrente, attraverso il ponticello in fondo e ricomincio a salire senza la minima idea di dove io possa essere, e se uscito da quella tana del Bianconiglio mi ritrovassi a Basilea o a Zurigo, non mi stupirei per niente.

Invece al posto di Basilea o Zurigo, e anche al posto del Bianconiglio, quando riemergo fra i campi mi compaiono a fianco tre atleti con cui avevo corso un po' 70 km fa. All'idea di perdere in un solo colpo tre posizioni (ma quali siano, lo ignoro completamente) le mie gambe hanno un sussulto di orgoglio e si rimettono a correre, coprendo gli ultimi 500 metri pure un po' in salita, ad un ritmo che due minuti prima non riuscivo a sostenere neanche in discesa.

Chiudo in un non spregevole 22:54:06, a 6 ore e 40' dal primo, che vale una 38° posizione. Probabilmente se non mollavo di testa un po' troppo presto, ci potevo mettere un'oretta in meno e guadagnare una decina di posizioni e parecchia autostima, ma magari imparo qualcosa per la prossima volta.

E al pasta party c'era lo sciroppo di granatina.

15 giugno 2022

Impresa fra le Dolomiti

L'11 giugno si corre una middle a Plan de Gralba, un posto fantasmagorico adagiato fra il gruppo del Sella e il Sassolungo (che visto da lì non è lungo per niente, ma è bello lo stesso) ed è la mia ultima gara prima della lunga pausa estiva.

Concorrenti in M35 pochi ma buoni, io parto 2' dopo Pin e 2' prima di Morara. Vista la forma fisica di Pin nelle ultime gare, potrebbe essere fattibile prendere Pin e farsi aiutare a non farsi prendere da Morara. Peccato che al suo minuto Roland non ci sia (ma poi deve essere arrivato, perché in classifica c'è).

Comunque, per farla breve (e chi vuole vedere la gara quasi-live la può guardare qui), estasiato dal luogo parto come un caccia, faccio benissimo le prime 8 lanterne (ma la 3 si poteva fare meglio facendo la scelta di Morara), e poi ciao.

La mia Impresa è quella di dilapidare 9' (nove-minuti!) fra la 8 e il finish. Vero che un pochi me li aveva regalati Matteo alla 4 (ma non tutti gli 8 di distacco in quella tratta, un po' me li ero meritati con una scelta più furba della sua), ma in uscita della 8 la mia mente ha proditoriamente concepito il pensiero "oggi sulle lanterne ci casco sopra!" ed è stata finita (ok, anche alla 7 avevo perso un po', ma lì è stato perché in descrizione punto avevo letto "a sud del sasso più a sud" e invece era "a est del sasso più a est"...).

Alla 9 arrivo probabilmente al punto di attacco giusto e poi vado a spasso; alla 10 sbaglio scelta andando scioccamente da sopra; alla 1 giro intorno al sasso per un po' perché ri-sbaglio a leggere la descrizione punto, alla 12 non sbaglio ma esito; alla 13 non sono in grado di seguire la linea di conduzione più chiara della storia; alla 14 mi perdo accanto ad una pista da MTB assolutamente inconfondibile; alla 15 leggo avvallamento invece di collina e giro dalla parte sbagliata; alla 16 sguazzo nel torrente invece di prenderla comodamente da sopra. 

Bastava evitare anche uno solo di questi errori, e vincevo io. Invece vince Matteo Morara, con 17'' di vantaggio. E aggiunge alla cassetta di mele, una maglietta arancione.

Non chiaro come possa Roland metterci 2' più di me. Forse è solo andato piano.

Nella foto, il posto fantasmagorico, in compagnia di una giovane fan.


 


 

12 giugno 2022

L'abbiamo scampata bella

Nei prossimi giorni scriverò anche la mia "impresa" a Pian de Gralba, ma della gara di "assaggio" della Relay of Dolomites, c'è da raccontare qualcosa di molto più importante della mia gara: siamo stati graziati.

Dove per "noi" intendo per lo meno noi orientisti italiani, ma forse qualcosa di più.

Nella middle di Pian de Gralba abbiamo rischiato di rimanere senza Stegal. Alla ricerca di una delle prime lanterne, su un terreno non esattamente banale, ma non peggio di mille altri dove abbiamo corso e continueremo a farlo, "ha perso l'equilibrio" e, stando a chi lo ha visto, è rotolato per 20-30 metri nel bosco, sui tronchi caduti a causa di Vaia, facendo almeno una decina di rotolamenti, e fermandosi contro un albero poco prima di un dirupo di una decina di metri.

Ne è venuto fuori abbastanza scosso da decidere di non terminare la gara (!), ma con solo qualche graffio in faccia, una botta in fronte, e sulla schiena i segni di uno che si è scambiato effusioni con un paio di grizzly. Per il volo che ha fatto, un mezzo miracolo, o anche qualcosa di più. Chi ne sa qualcosa di fisica e ha una vaga idea del concetto di "quantità di moto", sa che quella di uno Stegal che rotola in discesa è parecchia. Cosa che se sei fatto di cemento o ghisa è un problema solo di quello che ti sta davanti, se sei fatto di ossa, legamenti e organi interni, anche no. E invece lui si è fatto ripulire dagli infermieri, e poi era lì che pascolava in zona arrivo, discorrendo dell'accaduto, reggendosi tranquillamente sulle sue gambe (e immagino che oggi si sia sgolato nella telecronaca della staffetta).

Se l'elicottero del soccorso alpino e l'ambulanza che si sono fermati poco sopra il nostro campo di gara, fossero stati lì per lui, semplicemente l'orientamento italiano sarebbe cambiato. Perché non c'è dubbio che uno degli ingredienti, sicuramente non l'unico, ma sicuramente uno importante, dell'atmosfera da Grande Famiglia che si respira nelle gare nazionali di orienteering, è Stegal. Perché nelle sue telecronache senti che ama lo sport, adora l'orienteering, ma vuole anche bene uno per uno a tutti quelli di cui parla, e non importa che tu sia il campione del mondo in carica o la penultima in WC.

E che questa volta non se l'era neanche cercata. Decine di volte si è presentato al via in condizioni fisiche in cui una persona sana di mente sarebbe stata a casa, o ha affrontato tracciati evidentemente non alla sua portata, ieri stava solo percorrendo un tratto di bosco come ce ne erano tanti altri, dove ci hanno corso anche molti e molte altre. Il suo volo poteva farlo chiunque. E chiunque poteva rimanere appeso ad un filo del gonnellino del suo angelo custode.

Il nostro è un gioco bellissimo, ma, come tutte le cose che si fanno in montagna, è un gioco pericoloso.

E mille grazie ad uno fra Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Raguel, Zarachiel, Remiel, Camael, Jophiel, Zadkiel, Simiel, Orifiel, Zachariel, o come cavolo si chiamano gli altri arcangeli, perché con il cavolo che un angelo normale riusciva e tenerlo su, quello lì.

11 giugno 2022

Coppa Italia in Cansiglio

La Foresta del Cansiglio è uno di quei luoghi magici in cui gli orientisti bravi incontrano fate e folletti che regalano loro paioli pieni di monete d'oro, e quelli cattivi vengono cucinati dalle streghe. Io, nella mia tardiva ma ormai lunghetta carriera orientistica, non ci avevo mai trovato un penny e ci ero già stato fatto al forno, in padella e pure in salmì.

Ma gli ultimi risultati sembrano sorridermi e allora mi ci ripresento con immutato e giovanile ardore, che chissà mai che almeno uno gnomo prima o poi mi appaia. E poi per "motivi famigliari" ho dovuto saltare la sprint a Treviso, che era la "mia" gara, quindi sono in credito con il destino. E poi mi piace molto correre sul 15.000.

Parterre de roi, per quanto lo conceda questo (lungo) periodo balordo, dove dei miei avversari dei bei tempi, alcuni sono via per guai fisici (Denny), alcuni sono in pensione (Re Carlo), alcuni in anno sabbatico prolungato (i Cristellon Brothers), di qualcuno si sono perse le tracce (Buselli), qualcuno è stato rapito dagli alieni (il Perfido Ruggero), e vari vanno e vengono sparpagliati fra M35, M40 e M45 (i Grassi Brother, Pin). I roi di oggi sono Emiliano Corona, Lorenzo Vivian, Matteo Morara, Davide Martignago, Michele Ausermiller e Tommaso Civera: non malissimo...

Nelle due chiacchiere pre-gara con Emiliano, mi dice che il bosco è una specie di Monte Livata del nord, e io adoro Monte Livata e ci ho pure vinto una long di Coppa Italia, tanti anni fa. Sembra un ottimo auspicio; meno il fatto che per sbaglio mi sia portato dietro i pantaloncini lunghi di mia moglie invece dei miei corti, e che mi avvii in partenza senza aver preso la pozione anti asma (ma mi ricordo in tempo per tornare a doparmi).
 
Nei 2 km con 370 metri di dislivello per arrivare in partenza, risulta chiaro che la temperatura è gradevole, ma l'umidità è quella della foresta equatoriale, quindi sarà dura. Ma risulta chiaro anche che la faggeta lassù è proprio splendida e siamo nella stagione migliore per godersela. E allora godiamocela.

(Per chi si fosse già stufato di leggere, la gara può essere comodamente seguita in differita sullo splendido e divertentissimo Livelox, purtroppo senza la traccia di Emiliano, che non l'ha caricata. Per gli/le altre/i, proseguiamo).

Il Tracciator Gentile (Federico Venezian) prima di scaraventarci nella zona più ostica e di sottoporci la tratta da 20 cm, ci fa prendere un po' di misure con il bosco. Le prendo talmente bene che alla 3 sono in testa con 5 secondi su Emiliano. Purtroppo non dura, perché mi faccio intimorire dal vallone polimorfo prima della 4 e faccio una scelta un po' troppo prudente, che mi fa perdere 40'' e la testa della gara, che non vedrò mai più.

Assieme a quella della gara, fortunatamente non perdo anche la mia, di testa, e anzi dalla 5 alla 8 rosicchio un po' di secondi a Corona (4+1+2+4), nonostante una scelta decisamente troppo pavida alla 8, dove, come fa Vivian, potevo puntare deciso il collinone lasciando la strada al praticello.

Dopo l'errorino di incertezza alla 9 (prendo il primo praticello per il secondo) il primo vero svarione di giornata è alla 10: sto prendendo Civera, lui va molto a sinistra, penso "stavolta non mi faccio fregare, lui è troppo a sinistra, non lo seguo e vado a destra". Solo che invece aveva ragione lui e ci lascio 1'. Il secondo posto lo avevo già lasciato a Lorenzo alla 9, ma me lo riprendo alla 12, grazie a due migliori tempi di tratta guadagnati con un po' di attenzione e molte gambe (e ad un inspiegabile errore di 1' di Vivian alla 12).

Poi è tempo di Tratta Lunga, che è lunga proprio. Sono l'unico a scegliere la strada alta, che ha parecchie meno curvette, e stando a Livelox è una ottima idea, dato che a metà tratta sono davanti a tutti (tolto Emi, di cui nulla sappiamo). Però poi era meglio rimanere alti come ha fatto Morara, che in cambio di qualche sicurezza in meno risparmia 20'' (ma rimane comunque abbondantemente dietro, per una condotta di gara meno brillante del solito).
 
Siamo dunque giunti nella Maledetta Zona Carsica, dove in un fazzoletto di bosco sono consapevole di poter perdere ore (come da queste parti ho già fatto in zona analoga un anno fa...). 
 
Ebbene, alla 13, ingresso ufficiale del Triangolo Delle Bermuda, la classifica è la seguente
 
1° Emiliano Corona
2° Dario Pedrotti + 2'2''
3° Lorenzo Vivian + 2'59''
4° Matteo Morara + 4'12''

alla 19, uscita ufficiale dal TdB, la classifica è la seguente

1° Emiliano Corona
2° Dario Pedrotti + 2'47''
3° Matteo Morara + 4'13''
4° Lorenzo Vivian + 5'20''

in pratica, rallento (!), mi aggrappo alla cartina con le unghie e con i denti (e con i miei preziosissimi occhialetti da Geppetto che mi rovinano il sex appeal ma mi fanno leggere moooolto meglio), conto ogni buca e ogni dossetto, e se non fosse che per la 19 faccio una scelta decisamente troppo prudente (livelox dice che io a scendere lungo la dorsale percorro 219 metri, le persone normali ad andare in direzione ne percorrono 158) finirei addirittura per guadagnare su tutti.

In ogni caso c'è ancora tutto il tempo per mandare tutto alle ortiche (anche in senso metaforico, dato che in senso stretto di ortiche ne ho già attraversate parecchie, come le mie gambe mi ricorderanno bene nelle 12 ore successive). E per una volta posso anche dire di avere avuto un po' di sfiga.

Acquattato alla 19, con l'aria di uno che evidentemente non sa in che continente si trova, c'è un atleta che conosco bene e che mi chiede "scusa, hai un po' di tempo da perdere?". A quel punto, nell'ordine

1) perdo 1'' a pensare "ma che ca**o di domanda è???"
2) perdo 1'' a rispondergli "a dire il vero no"
3) perdo metà della concentrazione nel minuto successivo, divorato dai sensi di colpa
4) sbaglio scelta alla grande
 
La scelta giusta è quella di Daniele Martignago, che risale 4 curve verso sud ovest, e poi si butta giù per il sentierone (1500 metri). Second best quella di Vivian, che per qualche oscuro motivo lascia il sentierone molto presto e la allunga di un bel po' (1800 metri). La mia (2334 metri) è meno peggio solo di quella di Morara (2673 metri), ma solo perché lui quando arriva, molto prima di me, sul sentierino che lo potrebbe salvare, non lo riconosce e prosegue verso l'inferno. L'unico motivo per cui in livelox la mia traccia è verdina e perdo solo 1'10'' da Lorenzo, è che da quando arrivo sul sentiero, fino alla 20, corro dandomi delle pedate nel culo e insultandomi ferocemente per l'abominio commesso.

Abominio che alla fine non mi costerà nulla, dato che Emiliano su quella tratta mi dà solo 4 dei 6 minuti che ci separeranno alla fine, e che Lorenzo, e tutti gli altri, rimarranno comunque dietro. 

Sono uscito vivo dal Cansiglio 😀
In una gara che in tutte le categorie ha fatto vittime illustrissime, chi con distacchi abissali, chi con ignominioso ritiro per disperazione 😁