Del Campionato Trentino Long vengo a conoscenza quando sono già a metà del mio super-tour-del-Brenta: 65 km con 4200 metri di dislivello non erano forse il modo migliore per preparare una long, ma tanto ad una giornata così in mezzo alle Dolomiti di Brenta non ci avrei rinunciato comunque.
E poi tanto ormai a queste cose ci sono abituato e da quando ho iniziato ad usare gli aminoacidi il mal di gambe è solo un ricordo. Ricordo che però torna a bussare con insistenza la domenica mattina nella splendida cornice del Lago di Calaita: per cause non note (forse di aminoacidi ne ho presi troppo pochi?) nonostante siano già passati 4 giorni ho le cosce di mogano, i polpacci di tek e dolorini sparsi in tutto il resto del corpo.
Confidando che l'adrenalina da gara faccia passare tutto (Lorenzo Vivian mi parte 3' dopo e Michele Ausermiller su questi terreni è rognosissimo) mi presento alla mia partenza al minuto 1 con il minimo sindacale del riscaldamento. Lago di Calaita alla destra, giallo bosco autunnale alla sinistra, Pale di San Martino davanti e cielo azzurro sopra, con tanta bellezza intorno non ci sono DOMS che mi possono rallentare.
Nei libri si legge che la bellezza toglie il fiato, nella realtà a togliermi il fiato è il fatto che sono un pirla, e dopo due sole settimane ho rifatto lo stesso tragico errore: ho dimenticato di prendere la pozione anti asma. Quella che in una long non sia poi una cosa così tragica, si rivela una pia illusione già alla prima lanterna, dove arrivo ansimando nonostante io sia in gara solo da 1 minuto.
Per chi non sapesse cosa è l'asma, provi a correre, all'apice della vostra forma fisica, con 4 mascherine una sopra l'altra o a 4.000 metri di altezza, o, meglio, le due cose insieme: le gambe urlano al cuore "mandaci più ossigeno che acceleriamo!", il cuore risponde "io sono già a tutta, parlatene con i polmoni", loro ribattono "ci stiamo già facendo un mazzo così ma c'è un ingorgo su nei bronchi", i bronchi non rispondono niente perché ne hanno piene le palle a non collassare. E il cervello, che dicono consumi da solo il 30% dell'ossigeno, avvisa che farà quello che può.
Morale della favola, dopo la campestre fino alla 3, che permette di contemplare le Pale facendo solo un po' di attenzione a non giocarsi un paio di caviglie fra le zolle, ho già preso 30'' da Vivian, che me ne dà altri 20 salendo alla 4,una riga diritta su per il bosco che faccio alla perfezione, ma in apnea. Sarebbe un giorno tecnicamente felice, prendo senza errori la 5 e la 6, faccio la scelta migliore (dalla strada) per la 7, sono chirurgico sulla 8-9-10-11, ma il ricordo del mal di gambe è stato sopraffatto dalla nostalgia per un polmone, e quando fra la 10 e la 11 Vivian mi supera a velocità non irresistibile, non riesco ad opporre la minima resistenza.
Fin lì sarei comunque addirittura ancora secondo, 2' davanti ad un certo Roberto Pradel, ma a quel punto il cervello getta la spugna, confessa che lui con quell'ossigeno lì può garantirmi al massimo le funzioni vitali, e mi porta (preciso) alla 14 e poi alla 13. E' prima di scendere alla 12 che, probabilmente grazie alla discesa che mi permette di investire un po' meno fiato nei muscoli, mi rendo conto di cosa è successo. Così dopo aver punzonato la 116 me ne torno sui miei passi, senza neanche alcuna velleità di poter recuperare qualcosa spingendo di più, perché un settantenne che fuma da una vita due pacchetti al giorno avrebbe più fiato di me in quel momento.
Ciliegina sulla torta, dato che "tanto alla 14 ci sono già stato", non mi preoccupo di pensare a come attaccarla, e vago lì intorno 4-5 minuti giocandomi le mie scarse residue possibilità di podio.
Da lì all'arrivo non sbaglio più niente, ma respiro come Roberto "Baffo" da Crema e chiudo quinto, a 21 minuti da Vivian, 12' da Pradel e 5' da Eddy.
Chissà se questa agonia sarà sufficiente a farmi ricordare di prendere la pozione la prossima volta. Ausermiller, par la cronaca, ha saltato la 6.
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