20 novembre 2017

Nirvana Raid Multi Sport

Sono un ragazzo di sani principi: niente corse a coppie, mai e poi mai con una donna, e niente baggianate alla "giochi senza frontiere". Così quando il Perfido Ruggiero (al secolo, Mario) mi ha invitato a partecipare al Nirvana Raid Multisport, in coppia con Marta Poretti, che ha vinto il Gobi Ultra Trail (400 km nel deserto...) ci ho messo almeno un paio d'ore a dirgli di sì.

Il nostro team viene battezzato dal Perfido "La Principessa e il Poeta" e siamo una squadra perfetta: lei corre, io ci oriento, la classifica delle coppie miste la vinciamo in scioltezza, e l'altra vediamo.

Centrare almeno uno dei 3 bersagli previsti nella prova di tiro con l'arco, vista la nostra evidente superiorità, ci sembra del tutto superfluo, così dopo 2' dal via ci troviamo già in castigo, a correre intorno alla palestra: 3 giri (uno per ogni bersaglio mancato) prima di ricevere la mappa della prima prova di orientamento in paese. Partiamo ultimi o poco più. Per qualche secondo cerco anche di partire con la carta ruotata di 180°, ma poi mi ravvedo e parto a razzo, visto che per un plurimedagliato in vari campionati master sprint, long e middle, il tracciato è ridicolo.

Quando nella prima salita devo rallentare per non staccare Marta, mi dico che è solo questione di riscaldarsi un po', in fondo siamo partiti a freddo con 3 giri di punizione, pesanti anche dal punto di vista psicologico. Quando devo rallentare anche nel tratto in falsopiano fra la 3 e la 4, penso che magari dovrò adattare il mio passo un po' più del previsto. Quando ci allontaniamo dalla 5 a un quarto della velocità che potrei permettermi, mi dico che la gara è ancora lunga, e chissà in quanti trabocchetti cadranno gli altri, e comunque vincere non è mica l'unico motivo per cui si gareggia e, anzi, temprare il carattere accettando di tenere il passo di chi è meno veloce di me, è una lezione che mi potrà essere utile in tanto altri momenti della vita. Sono talmente preso a filosofeggiare che ci porto alla 6 prima che alla 7, perdendo minuti preziosi (e chili di autostima). Fortuna che Marta non se ne accorge.

Tornati alla palestra montiamo in sella e ci consegnano la mappa della prima sezione in mountain bike. È una cartina al 25.000, che assomiglia pochissimo a quelle di orientamento a cui sono abituato. Però per andare alla 8 è evidente che la cosa migliore sia seguire la strada principale, e nel punto in cui bisogna abbandonarla c'è un sacco di gente che ci precede, così ci arriviamo senza problemi. La tratta successiva per la 9 mi gasa ancora di più, perché ci arriviamo molto prima di vari che sono partiti dalla 8 con noi e poi si sono dispersi in scelte meno furbe, superiamo la coppia dell'IKP di Max Bianchi e teniamo un ritmo ciclistico più che discreto. Quindi  decido (purtroppo) che ho capito tutto quello che c'era da capire sulle mappe da MTB al 25.000, e la prudenza non serve più.

E fu così per andare alla 10 faccio la scelta stilisticamente più ricercata, invece di quella che poteva magari essere la più facile, e quando arriviamo dove sono sicuro che debba esserci la lanterna, non c'è. L'ipotesi A su dove ci troviamo pare sbagliata + non ho una ipotesi B = ci siamo persi. 

Ci buttiamo giù per un sentiero solo perché andare in su par brutto, e dopo 100 metri (fatti rigorosamente spingendo la bicicletta, evidenziando in tal modo che come bikers siamo due seghe) andiamo a sbattere contro la lanterna. Probabilmente vuol dire che non mi ero sbagliato poi così tanto, e che la carta è meno dettagliata / precisa di quello che mi era sembrato di capire, ma non è una motivazione sufficiente per giustificare i successivi 20 (o 30? o 40? non lo saprò mai, dato che mi ero dimenticato di accendere il gps...) minuti della mia vita, durante i quali 

1) scendo una ottantina di metri di dislivello, quando dovevamo andare via in piano
2) smetto per un paio di minuti di leggere la carta (= chiedermi se ha senso ciò che sto facendo)
3) porto Marta in fondo ad una valletta che non c'entra nulla con noi
4) confondo in carta la valletta microscopia dove siamo con il vallone enorme 1 km più avanti
5) mi convinco (e cerco di convincere Marta) che il rigagnolo che si intravvede al bordo della strada dove siamo, è il fiume segnato in carta
6) convinco Marta a portarsi la bici su per una scalinata infinita che "dovrebbe essere quel segno tratteggiato a sinistra del numero 12"
7) vago per un po' in mezzo agli olivi senza avere idea di dove mi trovo (sempre spingendo la bici)
8) accetto la proposta di Marta, di chiedere alla signora che c'è lì in un campo, quale sia il nome del paese che si vede lì davanti
9) scopro di non avere capito una cippa
10) mi vergogno da morire

È a quel punto che Marta dimostra la tempra che ci vuole per vincere un ultra trail nel deserto dei Gobi, evitando di strangolarmi con la catena della mia bici e prosegue sorridendo.

Una volta trovata finalmente la 12, arrivare alla 11 è una piacevole escursione nel bosco, ed altrettanto andare alla 14 pensando di fare la 13 al ritorno. Meno piacevole è scoprire che il successivo cambio carta non è al via come pensavamo, ma alla 14, e che quindi quelli che abbiamo incontrato poco prima in senso contrario al nostro, non sono davanti a noi di pochi minuti, ma di tutto il tempo che ci servirà per arrivare in fondo alla successiva sezione di orienteering in paese. 

Per di più Marta ha le scarpe da bici, che per correre su asfalto e acciottolato non sono il massimo, ma ormai siamo un team affiatatissimo e niente ci può scoraggiare. Accendiamo le frontali, portiamo serenamente a termine la sezione 3, rifacciamo tutta la strada fino a Sonvico, e poi ci gettiamo nella soluzione del rompicapo delle lineette nere che dovrebbero indicare le strade, a colpi di "forse è questa", "no dai è quella", "mi sa che siamo qui", "o forse siamo qui". Il tempo sarebbe ritoccabile, ma riusciamo con orgoglio a trovare 25, 26, 27 e arrivo.

Lì ad attenderci c'è la slack-line, un tratto di fettuccia tesa su cui dovremmo camminare per circa 4 metri, ma siccome oltre che con l'arco e la mountain bike, siamo delle seghe anche con quella, ci mettiamo solo un piede, convinti che il mezzo punto a testa che riceveremmo in caso di riuscita, è troppo poco rispetto al tempo che ci metteremmo a provarci seriamente. 

Siamo a quel punto pronti per quello che doveva essere il nostro pezzo forte, la parte di orienteering lunga distanza nel bosco: 9500 metri di lunghezza e 300 metri di dislivello, una passeggiata di salute per due trail runners del nostro calibro. Peccato che ci rimanga solo un'ora prima dello scoccare dell'ora limite, e abbiamo il tempo solo di andare alla 47 lungo le strade, salire alla 49 affrontando coraggiosamente il bosco, e poi tentare (inutilmente) di tornare in partenza prima delle 20. Arriviamo alle 20.04, e chiudiamo come avevamo iniziato, in castigo: ci tolgono 5 punti, che corrispondono a 5 lanterne, cioè, se invece di andare a sfidare la foresta, ci fermavamo in palestra a bere thé e mangiare biscotti, ai fini della classifica era meglio.

Classifica che vede noi ignominiosamente ultimi dei non ritirati, e primi la coppia MISTA Grassi - Torgler, che batte anche tutte le coppie maschili presenti, dimostrazione inoppugnabile del fatto che, se almeno uno dei due era davvero in grado di tenere in mano una cartina, non occorreva andare a 4 al chilometro per fare una bella gara. Quindi, Nirvanici, l'anno prossimo vedete di trovare a Marta un compagno all'altezza della situazione, che lei se lo merita. 


1 commento:

  1. Traducendo, tu andavi a caso e lei perplessa ad un certo punto ha cominciato a far girare i pollici invece che condurti al successo...

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