29 settembre 2025

Il mio Tor 2025

Pensavo di non aver voglia di tornare al Tor des Geants, ma non era vero, così quando dopo aver rotto un po' le balle riesco ad ottenere una wild card giornalista, mi ci butto. Ho più esperienza in montagna e di notte rispetto al 2021, mi sono allenato di più e meglio, ho capito meglio come alimentarmi, faccio persino meno fatica a preparare la borsa per partire per Courmayeur, insomma, tutto quello che potevo fare io l'ho fatto meglio di come lo avevo mai fatto. Così quando nel pasta party del sabato sera mi guardo intorno pensando che di questa marea di persone ne arriverà al traguardo circa la metà, spero tanto di essere nella metà giusta. Ma temo di non essere l'unico.

Nella mia preparazione, oltre a farmi una tabella su cosa dovrei fare nelle basi vita, cosa che nella mia frustrante partecipazione 2021 mi era sembrato di aver capito fosse indispensabile, mi ero anche fatto una tabella oraria di confronto con i miei tempi 2021 e con i tempi di Luca 2019, che aveva chiuso in meno di 100 ore, mio sogno inconfessabile, ma, credevo, non del tutto proibito. Per non mettermi da solo troppa pressione, i tempi li avevo guardati solo nelle basi vita, ma ex post è divertente confrontarli.

Ad esempio dicono che nonostante mi fossi impegnato a partire più tranquillo, per arrivare a La Thuile ci metto solo 4 minuti in più del 2021 e alla prima base vita di Valgrisenche, considerando che l'hanno spostata un po' più in là, ci arrivo più o meno nello stesso tempo, che sarebbe anche di 50' inferiore a quello per il SUB100.

Fin qui tutto benissimo (tranne un problemino intestinale che mi ha costretto a cercare il più velocemente possibile un sasso più grande di me nella salita al Deffeyes): spingo regolare in salita, scendo bene in discesa, corricchio in pianura, arriva la prima notte e io sono pronto ad affrontar a "corto muso" (come dicevano alla Juve, che non è chiarissimo cosa voglia dire, ma suona bene) la Triade Maledetta: Col Fenetre - Col Entrelor - Col Loson, una roba tipo 4.500 metri di dislivello in su e in giù, quasi tutti di notte, che mi bevo con discreto aplomb, mancando di un paio di minuti l'alba sul Loson.

Ad aiutare nell'affrontare la Triade, una mezza luna che mi concede di procedere alla sua sola luce per buona parte della salita del primo colle, ottime cosce che mi sorreggono nelle discese, una gran riserva di cazzimma accumulata negli ultimi anni di lavoro, indispensabile per prendere di petto l'odiosa salita al secondo colle e alle sue sconsiderate pendenze, la luce della luna che si rispecchia nei laghetti nella seconda discesa, una pillola di integratore alla caffeina che mi resuscita alle 03:00 del lunedì (e che non funzionerà mai più così bene nel resto della gara), la magia del vallone che sale al Loson, con la luna e le stelle sopra, le lucine degli altri davanti e sopra di me, il silenzio e l'aria fresca della notte lassù, le gambe che stanno benissimo e i polmoni pure meglio.

Siparietto quasi in cima al Loson. Fra i concorrenti c'è anche Roberto Martini, personal trainer, vlogger, youtuber, ecc. ecc. che ha un botto di follower e che mi piacerebbe molto promuovesse il mio libro. Abbiamo fatto un pezzetto insieme prima del Crosatie, poi ci siamo persi. Quando non manca molto a scollinare il colle più alto del Tor, mi raggiunge uno che dalle scarpe e dall'abbigliamento sembra proprio lui, e che ansima come un mantice (e lui ha problemi di asma in altura, se non ricordo male). Rallento per farmi raggiungere, lo incito più volte, mi fermo ad aspettarlo, lo ri-incito, e quando ormai già mi pregusto il pezzo del suo video in cui mi ringrazierà commosso urbis et orbis implorando i suoi millanta follower a leggere il mio libro, all'ennesimo incitamento mi risponde "I don't understand you". Ci rimango malissimo, e con zero fair play me ne vado.

Dato che Martini non c'era e l'alba è andata, non mi soffermo sul Loson e scendo bene fino a Cogne, dove arrivo con  mezz'ora di anticipo sul mio tempo 2021 e 1h20' sul tempo SUB100. Risparmio anche mezz'ora nella sosta, limitandomi a lavarmi come mi ero proposto di fare, cambiarmi, mangiare, farmi fare un massaggino alla parte bassa della schiena che mi fa un po' male (e dopo il massaggio uguale) e a farmi mettere un po' di tape preventivo per un lieve accenno di vesciche nella parte interna dei talloni.

Non mi sento brillantissimo nella salita al Col Fenetre di Champorcher, complici anche alcuni concorrenti che mi superano, ma i tempi non sono confrontabili con il passato perché il percorso è leggermente diverso, e comunque non è il caso di deprimersi perché arriva il pezzo che temo di più in assoluto: la malefica discesa fino a Donnas, qualcosa tipo 30 km e 2.600 metri di dislivello negativo. 

Mi impongo concentrazione e dedizione assoluta, con il risultato che  dal Dondena alla base vita di Donnas ci metto 3h53' contro le 5h15' del 2021, "sospinto" anche dalla bella francese Charlotte (che alla fine chiuderà in quasi 9 ore meno di me...) per precedere la quale ballo il tip tap sui sassi e i muschi e le radici fino a Pont Boset, ed evito di cadere in crisi maniaco depressiva nel successivo tratto fino ad Hone, che per quanto io faccia riesce ad essere sempre e comunque più brutto e più lungo e più fastidioso di quello che io mi ricordi.

Comunque, arrivo a Donnas con 2h35' sul tempo 2021 e sul tempo SUB100, mi concedo il primo sonno un po' raffazzonato (sono bravissimo ad addormentarmi appena chiudo gli occhi, molto meno a mettermi le sveglie), mangio, abolisco per sempre doccia e massaggi, e riparto poco dopo Charlotte, che mi dice "ti aspetto andando" e non rivedrò mai più.

Inizia la seconda notte e sono molto felice di non aver davanti la Triade Maledetta, ma ho maledettamente sottovalutato la salita al Rifugio Coda, che si compone di un numero imprecisato di maledetti scalinoni sopra Donnas, un po' di discesa, varie salite bastarde fino al ristoro della Sassa che semplicemente non arriva mai, e un sentiero orrendo e casuale fra i sassi che porta quasi fino al costone dove il Rifugio è finalmente seduto. Faccio gran parte della salita con Matteo, un esuberante giovane che è arrivato sul podio all'Adamello Ultra Trail, ma che le misure con il Tor non le ha prese mica tanto. Comunque ci facciamo compagnia e decidiamo di fare un microsonno-testa-sul-tavolo al Coda. Quando dopo un quarto d'ora io mi sveglio e alla mia proposta di ripartire lui mi risponde, suonato come una campana "tu da che parte pensavi di andare?", io gli rispondo che pensavo di continuare a seguire le bandierine gialle, ma che era meglio se lui si fermava a dormire ancora un po', che tanto poi mi avrebbe raggiunto. 

A quel punto ho cinque ore e mezza di vantaggio sul tempo 2021 e due e mezza sul SUB100, tutto sta andando meravigliosamente bene, ma non so che sta per smettere di farlo.

La discesa dal Coda, dove soffia un vento che ti sposta ma si intravvede il panorama sulla Pianura Padana che speravo un giorno di vedere, è infame come tutti i sentieri di quella zona, stringo i denti quel tanto (tanto) che basta per arrivare al ristoro della Barma, e lì dormo un po'.

Quando esco è una bella mattina limpida, ma io non sono limpido per niente. Mi sembra di avere un polmone in meno del giorno prima, faccio fatica a respirare  e i miei bronchi emettono fischi sinistri. Sono asmatico da sempre, alle visite mediche sportive ho sempre prodotto delle spirometrie patetiche, ho intenzione di farmi visitare dal primo medico che incontro e sono piuttosto certo che mi dirà che ho la saturazione del sangue a livelli scandalosi e che in quelle condizioni non mi lascia andare da nessuna parte. Al ristoro di Lago Chiaro mi dicono che c'è un medico a quello del Col della Vecchia, così mi trascino un po' penosamente fino a lì, pensando che è stato bello, ma pazienza.

Però invece la dottoressa del Col della Vecchia mi dice che la saturazione del mio sangue (=quando ossigeno c'è dentro) è perfetta, che auscultandomi non sente nessun brutto rumore, e che sto benissimo. Non mi capita molto spesso di passare per un malato immaginario, e, convivendo con l'asma da quando sono piccolo, credo di sapere abbastanza bene quando è tutto a posto e quando no, quindi sono molto perplesso. Comunque, riesco a farmi dare almeno due spruzzate di broncodilatatore, non a farmi dare il pane+pesto+sardine o le costine+polenta che una volta erano il pezzo forte del ristoro, e riparto. Sto un po' meglio, invece di un polmone solo mi sembra di averne uno e mezzo, però mi scoccia per quel mezzo che manca, perché mi faceva gran comodo.

Straccio il mio tempo di discesa a Niel (perché in giù un polmone e mezzo basta e avanza), lì mi godo due piatti di spettacolare polenta con ragù e un rigenerante bagno in fontana, e poi ricomincio a rimpiangere il mio mezzo polmone nella salita verso Col Lasoney, che sono "solo" 800 m d+, ma si fanno sentire. La vallata di Loo è bellissima, il pezzo di strada asfaltata in salitina fino a Gressoney molto meno, comunque entro in base vita con ancora 5h45' di vantaggio sul mio tempo 2021 e 1h15' sul SUB100.

Vado dal medico anche qui, anche qui mi dicono che la saturazione è perfetta e non si sentono rumori, ma quando insisto che io invece li sento e che forse sono un po' più in alto di dove li ha cercati lei, mi dice che effettivamente l'asma da sforzo è sulle vie superiori e lì un po' di rumore si sente, e mi dà altri due puff di broncodilatatore. Poi,  avendo abolito docce e massaggi, mi rimane solo da mangiare e dormire, c'è anche un letto comodo. Peccato che io sia un idiota e invece di puntare la sveglia dopo 1h15', come avevo deciso di fare, la punto dopo 15'. Mi sveglio un po' meno pimpante del previsto, ma solo dopo essere uscito da un bel po' dalla base vita, rifacendo i conti per l'ennesima volta sulla mia sosta e guardando l'ora impostata della sveglia, mi rendo conto di cosa ho fatto. Cerco di rimediare un'ora e mezza dopo ad Alpenzù, ma non ci sono stanze e vicino alla elegante panchina in legno che mi concedono con tanto di coperte caldissime, ci sono 3 bambini che fanno quello che dei bambini devono fare la sera in montagna, cioè un gran casino. Riparto dopo una mezz'ora, avendo perso tempo più che riposato, e mi avvio in solitudine verso il Col Pinter, che sta mille metri più in su.

Una delle battute più idiote del film "The Blues Brothers", ma che mi ha fatto sempre sganasciare, è quella con cui John Belushi risponde a Dan Aykroyd che ha appena detto "è partito un pistone". Lui con la sua adorabile faccia da sberle gli chiede "poi torna?". La risposta di Dan Aykroy è "no". Mentre salgo, mi sembra evidente che il mezzo polmone che mi manca ha fatto la stessa fine. Non è una tragedia, ma quella sensazione di debordante esuberanza fisica dei primi giorni, in cui dovevo solo stare attento a non spingere troppo con le gambe, perché tutto il resto funzionava alla perfezione senza neanche pensarci, non tornerà più. E Gressoney sarà l'ultimo posto in cui arriverò in anticipo sulla tabella SUB100.

Mentre salgo al Col Pinter sono partiti da Gressoney quelli del Tor100 - Tot Dret. I più veloci mi superano mentre sto ancora salendo, poi la discesa verso Champoluc è un'agonia di sorpassi subiti da "atleti" e "atlete" di ogni tipo, che mi fanno perdere tempo e morale, e sono tantissimə. Dormo un po' su un poggiolo di una casa prima di Champoluc, ridormo un po' al ristoro, ridormo ancora varie volte fra i prati prima del rifugio Grand Tournalin: non sono in crisi nera, ma non sono decisamente neanche brillante, tanto che è uno dei pochi tratti in cui ci metto di più che nel 2021. In compenso arrivo al Col di Nana nei dintorni dell'alba, e il Monte Rosa fa la sua porca figura. Dopo il colletto successivo si apre la valle di Cervinia e ci sarebbe il Cervino, ma come al solito ha il suo cappellone di nuvole e non si concede, né ora né più tardi.

Alla base vita di Valtournenche sono tornato in bolla e dopo una sosta lampo torno a salire verso la diga e il rifugio Barmasse, insieme a due francesi con cui ci facciamo passare il tempo fino al ristoro di Vareton, poi loro allungano, io mi concedo un pisolino al sole sul prato sul Col Fenetre, e poi smadonno per mezz'ora quando mi accorgo, 10' dopo aver iniziato la sgarrupatissima discesa verso il Magià, che ho lasciato il telefono sul colle e devo tornare su a prenderlo con 20' gratuiti di vertical. 

Comunque, al Magià, mezzo polmone a parte, sto molto bene, e mi godo moltissimo il tratto successivo verso il Rifugio Cunéy, il bivacco Clermont e il Col Vessonaz, che nel 2021, di notte, mi aveva sgretolato. A tentare in tutti i modi di sgretolarmi, ma senza riuscirci, ci prova poi la discesa verso Oyace, di cui dal 2021 ricordavo pochissimo grazie allo stato comatoso in cui versavo: sulla carta sono 1.300 m d- in circa 10 km, percepiti 3.000 m d- in circa 40 km, che mi richiedono quasi 3 ore di agonia in cui più che le gambe, a invocare pietà è il cervello, che non ne può proprio più. Per gradire, ci sono anche 100 d+ prima di arrivare il paese, ma lì almeno si capisce che si è arrivati.

Lo scoprirò solo a gara finita, ma ad Oyace ho 4 ore di ritardo sul tempo SUB100 e 9 ore di vantaggio sul mio tempo 2021. Mi impegno moltissimo a mettere la sveglia giusta, ma la branda è molto più scomoda di quella di Gressoney e mi sveglio parecchio rintronato, tanto che ci metto un po' a ricordarmi che gara sto facendo. Poi mangiucchio e riparto, ed è notte, sono solo, la salita è brutta, e insomma cedo alla tentazione di farmi aiutare dalle cuffie, e vengo meno a tutti i miei principi morali, prima con un raffinato Čajkovskij, poi con un molto meno raffinato Eros, ma insomma arrivo in cima. Piano, ma ci arrivo. 

E un po' piano arrivo anche all'ultima base vita di Ollomont, dove spero che sui miei preziosi appunti non ci sia scritto niente di importante perché non li leggo neanche, e dopo un'altra dormitina riparto con la luce del nuovo e ultimo giorno. Nella salita al Col Champillon rimpiango molto il mio pistone andato, ma è una bellissima giornata, si vede già il Monte Bianco, a Ponteille c'è la polenta e io ci aggiungo il formaggio, riesco a correre il famigerato falsopiano per Bosses, mi godo un bagno gelato a Saint Remy, salgo non velocissimo ma deciso al Frassati, arrivo al Malatrà in pieno giorno ed è tutto bello e il Monte Bianco dall'altra di più e poi... e poi mi spengo. Superato il Malatrà inizio la discesa, non impegnativa, camminando, e poco più in basso mi sdraio per terra, e poi mi addormento pure. Certo, è un posto fantasticamente bello, ma ormai all'arrivo manca proprio poco e sarebbe carino spingere come non ci fosse un domani, dato che le gambe stanno ancora proprio bene. E invece io sciabatto, senza neanche capire se è una questione fisica o psicologica o entrambe o altro.

Poi passa istantaneamente e dal Rifugio Bonatti ricomincio a spingere giulivo tutto quello che i miei polmoni rimanenti mi permettono, e riesco persino a correre dignitosamente la infingarda discesa dal Bertone a Courmayeur, che è notoriamente la più brutta di tutte le Alpi.

Chiudo in 105 ore, 59 minuti e 49 secondi, 10 ore meglio del 2021 e assolutamente soddisfatto di quello che ho fatto. Credo che con due polmoni interi dall'inizio alla fine, e senza seminare cellulari sui colli e sbagliare a mettere le sveglie sarei riuscito anche a stare sotto le 100 ore, ma alla fine chissene.