7 ottobre 2018

Il gusto del ritiro

Premessa: se non continuasse ad abitare dentro di me un 16enne pirla, estremamente riluttante ad imparare dall'esperienza, e sempre pronto a usare un pretesto per giurare che la lezione precedente non si applica al caso presente, non sarebbe finita così. Solo che invece continua ad abitarmi.


Fuori di metafora, nel 2013 avevo corso la mia ultima mezza maratona, avevo chiuso in 1h23'30'', dopo averne corsa metà dietro i palloncini dell'ora e mezza. Ma siccome sono passati tanti anni, e nel frattempo ho fatto tanti allenamenti, nonostante due settimane fa io abbia corso una 170 km in montagna con 12.000 metri di dislivello (notoriamente non esattamente la preparazione migliore per una gara veloce e piatta su strada), ho deciso che era un'ottima idea iniziare la Mezza Maratona di Trento (che mi passava sempre davanti a casa e ogni anno pensavo "però, l'anno prossimo potrei proprio farla...") correndo dietro da subito ai palloncini dell'ora e 25 minuti. 

Con il risultato che al km 11 nonostante il mio tempo fosse ancora decente, era evidente che le gambe non avrebbero retto a quel ritmo (attorno ai 4 al km) ancora per molto.

A quel punto avevo due possibilità: rallentare (parecchio) o fermarmi.

Considerato che:

1) non avevo tanta voglia di farmi superare da vari amici che erano partiti più prudenti e mi avrebbero dato (verbalmente o meno) del pirla

2) non c'era alcun premio da conquistare, se non la (da me) odiatissima medaglia di finisher

3) il percorso da lì alla fine lo conoscevo anche troppo (ed era bruttino, ad eccezione dell'ultimo paio di km)

4) era ormai certo che non avrei finito con un tempo che mi soddisfacesse (e in una mezza, mi scusino gli appassionati, il tempo finale è l'unica motivazione per cui si corre, come si può capire anche dalle conversazioni prima del via, che trattano esclusivamente di quello)

5) non mi ero mai concesso di ritirarmi da una gara

ho deciso di ritirarmi, e al km 11, in Piazza Fiera, mi sono tolto il numero e sono tornato a casa, nonostante una signora che c'era lì mi abbia detto "non mollerai mica??? dai tieni duro!!!". Ma di volte in cui ho tenuto duro ce ne sono state già a sufficienza, e stavolta volevo vedere cosa si prova a ritirarsi.

Beh, è un po' una delusione. Un secondo prima di ritirarmi, sembrava la cosa più desiderabile del mondo, un piacere paragonabile solo a ... boh, vedete voi, quello che vi pare. Solo che dopo un minuto tutto sto piacere era già finito, e non era rimasto niente. 

Niente a che vedere con quella soddisfazione di aver tenuto duro fino alla fine, che ti lascia un sapore buono addosso per giorni e giorni. Il piacere del "mollare" mi è sembrato molto simile a quello dello shopping compulsivo, che prima di comperare quella cosa sei certo che poi sarai felice almeno per tutta la vita, e invece dopo pochissimo non sai neanche più bene perché la volevi.

Credo sia stata un'ottima idea provarlo in questa occasione, dove alla delusione per la pochezza del piacere di mollare, non ho dovuto sommare il benché minimo rimpianto per averlo fatto, né il dubbio che chissà cosa mi sono perso. 

La prossima volta (in quei posti belli dove corro di solito, che a me sull'asfalto non mi prendono più, 16enne pirla permettendo...) avrò un motivo in più per non mollare.


2 commenti:

  1. Ti stimo, fratello! Anche io odio correre su asfalto, eppure sono praticamente obbligato a farlo, perchè correre mi fa stare troppo bene e sono lontano dai sentieri da me tanto amati. Però sono circondato da runners bituminosi il cui unico argomento è il tempo finale delle loro gare e mi guardano con diffidenza e una sorta di disprezzo quando gli dico che non voglio assolutamente fare una mezza o una maratona. Ti stimo.

    RispondiElimina

non lasciate commenti anonimi, suvvia...