17 marzo 2024

Polisportivo

Si sa che da giovani è importante provare più sport possibili per poi scegliere quello “giusto” a cui consacrare i propri sogni e le proprie fatiche, negli anni successivi. 

Io ho dedicato la settimana scorsa a perlustrare i miei talenti, o presunti tali. 

Basket

Martedì 12 marzo vengo convocato da coach Valla per la partita Bressanone – BlueBear, complice anche la “moria” di lunghi, dovuta a viaggi all’estero e infortuni. In una palestra enorme dove sul parquet sono tracciati millanta campi di colori diversi, vengo schierato addirittura in quintetto base, cosa che non mi succedeva dal 1914. L’impressione è che più che un atto di fiducia nei miei confronti, si tratti di una specie di “via il dente via il dolore”: qualche minuto in campo me lo deve pur concedere e allora togliamoci subito il pensiero. 

Anyway, chissene, sono in campo, gioco la palla a due (perdendola) e mi godo 6-7 minuti in mezzo a gente in media 20 anni più giovane di me (con punte di 30 abbondanti) senza sfigurare: difendo decentemente, piglio qualche rimbalzo in attacco e in difesa, faccio alcuni buoni movimenti in attacco, e metto dentro anche 2 punti dopo rimbalzo in attacco (su tiro sbagliato, mio). 

Quando mi tira fuori mi sembra una ragionevole rotazione, e confido nel futuro (ho sulla coscienza una imbarazzante palla persa per insensato ribaltamento sull’altro lato del campo, senza passare dal giocatore più vicino, ma mi pare un peccato perdonabile). 

Futuro che si fa attendere fino ad un paio di minuti prima della fine del secondo quarto, che chiudiamo in vantaggio di 6 punti. All’inizio del terzo quarto rimango in campo, ma duro molto meno. Un tiro sbagliato, una stoppata ricevuta, un’altra palla persa fotocopia della precedente, uno (o due?) buco in difesa, e questa volta il richiamo in panca sa proprio di punizione. Infatti non metterò più piede in campo. Vinciamo di 10 con un sontuoso ultimo quarto, nel quale mi limito ad incitare dalla panchina. So di poter giocare parecchio meglio di così. 

Da capire se e come posso riuscire a farlo.

Ultratrail

Sabato 16 marzo si corre l’Ultrabericus, la classicissima di primavera del trail running, 65 km di insensati sentierini e stradicciole fra gli insensati boschetti sui colli Berici, conditi da 2.500 metri di dislivello e da milioni di primule e violette. L’anno scorso (perché io questa corsa insensata l’ho già fatta 4 volte) ci sono arrivato dopo 3 mesi di stop causa fascite plantare e con un totale di 80 km nelle gambe da inizio anno, e l’ho patita da morire. Quest’anno mi sono allenato come un matto e sono pronto a correrla in 7 ore o poco più. 

Invece un cavolo, probabilmente questa settimana ho lavorato troppo (e io, di lavoro, sgombero appartamenti…) e sono arrivato stanco alla gara, che sarà una mezza agonia dall’inizio alla fine. Uniche “schiarite”, attorno al 30° km, quando dopo 2 minuti di bagno rigenerante in un vascone riparto tutto pimpante (ma sperpero spingendo troppo nei 10 km successivi tutte le energie guadagnate, invece di centellinarle fino alla fine) e verso la fine, quando il mio corpo miracolosamente si risveglia e tiro alla morte gli ultimi 5 km (con il risultato di arrivare al traguardo più che finito). 

Chiudo al 132° posto, in 8 ore e 37’, con una media al km peggiore di quando ho corso su questo percorso la 100 km. Però sono piuttosto orgoglioso di essere arrivato in fondo, e almeno questa volta il problema non me lo sono procurato da solo partendo troppo forte. 

Orienteering

Domenica 17 marzo, circa 15 ore dopo che sono arrivato al traguardo dell’Ultrabericus, si corre la prima gara di coppa del Trentino di orienteering, una sprint da una ventina di minuti, di quelle dove bisogna tirare come i disperati. Why not? 

La mia gara comincia in qualche modo già il giorno prima. Dato che tornato a casa da Vicenza sento le gambe un pelino pesanti, decido di somministrarmi 45’ di cyclette, per tentare di disimballarle. 

L’idea sarebbe quella di pedalare in scioltezza davanti alla partita di Sinner a Indian Wells, ma dopo 3 games in cui Jannik sembra intenzionato ad asfaltare Carlitos, la partita viene sospesa per pioggia e io ripiego su un interessante documentario su Goldrake. In ogni caso il piano sembra funzionare, perché al mattino le gambe sono solo legnosette, che, rispetto a pietrificate, è parecchio meglio. 

La fortuna oltre agli audaci sembra aiutare anche quelli un po’ folli, e in una giornata in cui non potrei scendere sotto i 4 al km neanche con un ghepardo alle calcagna, la gara si svolge su una carta dove la tratta più lunga di corsa pura saranno 50 metri. È un intrico di scelte velocissime e tratte brevi in mezzo ad edifici e passaggi molto simili, dove non bisogna MAI perdere la concentrazione. 

E, per una volta, non la perdo. Ho solo due piccoli momenti di indecisione alla 14 (dove per qualche secondo mi dimentico di fare il giro all’edificio e mi stupisco di non trovare la lanterna nella rientranza) e alla 21 (dove non capisco al volo che la lanterna è sopra e mi dispero un po’ non trovandola sotto). Per il resto, un treno svizzero, magari giusto un pelo bolso.

La nostra carta è uguale a quella degli M18 e a quella degli Elite: il primo M18, dal “basso” dei suoi - 32 anni, mi dà 2 minuti; il primo degli Elite, orientisticamente su un pianeta diverso dal mio, me ne dà 5; nella mia categoria vinco con 13’’ sul secondo, ad onor del vero senza avversari particolarmente blasonati, e con il più forte in condizioni di salute precarie (e mai del tutto a suo agio nelle sprint). 

A questo punto, la scelta dello sport a cui dedicarmi sembrerebbe obbligata. Peraltro, di sceglierne uno, non ne ho proprio nessuna intenzione.





 

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