4 giugno 2015

III Coppa Italia - Sprint - L'Aquila

A L'Aquila, in una coppa Italia sprint senza Re Carlo, c'era una sola cosa che io come orientista potessi fare: vincere. E allora ho vinto. Una gara divertente, con una prima parte in un parco pieno di edifici, non irresistibile ma non banale se preso in velocità, un trasferimento fettucciato per passare in città, una parte in centro storico preceduta da rampone di avvinamento, e poi trasferimento e due punticini in un parco, tanto per allungarla un pelo. A me è piaciuta proprio tanto, chissà se Zonato approverà... Primo io, secondo Andrea Gobber, terzo Eddy Sandri.

Ma se come orientista il mio dovere era vincere, come ori-blogger (praticamente unico esemplare ancora in vita, o almeno in attività), il mio dovere è quello di provare a raccontarvi l'Aquila, una città ferita.

Ho avuto la fortuna di poterla girare un paio di volte da solo, e una volta con il futuro suocero (? :-)) di una orientista trentina, a varie ore del giorno e della notte, ed è stata una esperienza molto forte. Arrivando dall'autostrada lo "skyline" di L'Aquila è una selva di gru, 72, dice chi sa. Che sono tantissime, ma una goccia, su un'intera città. Il centro è un luogo fantasma. Pochissimi i bar che hanno riaperto, ancora meno i negozi, e la sera c'è una sola via illuminata, quella principale. Il resto è buio e silenzio, o quasi. Ci sono alcune case e alcuni palazzi finiti di ristrutturare, che dicono di quanto sarà bella la città quando sarà riscotruita. Ma ci sono tantissime case che sono praticamente identiche a come erano il 7 aprile del 2009, il giorno dopo il terremoto, che dicono di quanto sarà ancora lunga la strada per arrivare lì.

Ci sono case con la porta aperta, con ancora i mobili e le stoviglie, che sembrano allo stesso tempo essere state abbandonate ieri e da anni. Altre (moltissime) farcite e circondate di tubi e cavi d'acciaio, molte delle quali non sembrano essere in nessun modo recuperabili. Si dice che l'uso e l'abuso di tubi dalmine e ponteggi per puntellare, anche quello che non aveva senso puntellare, sia stato frutto di un preciso disegno speculativo di persone molto in alto. Si dice anche, ma in modo molto più circostanziato, che la intensa nevicata di alcuni anni fa abbia sfondato i tetti di molte case puntellate, che sono ormai contenitori vuoti destinati solo alla demolizione. Al di là delle responsabilità, il risultato è davvero desolante, soprattutto se è vero che,  come dicono, stanno finendo i cantieri avviati qualche anno fa, ma non ne stanno più aprendo di nuovi, perché sono finiti i soldi delle donazioni, mentre per quelli dallo stato si aspetta una legge ad hoc, che non è ancora riuscita ad uscire dal parlamento.

Intanto moltissime persone (il 75%?) vivono ancora nelle abitazioni "provvisorie" costruite dal governo in quelle "new town" che hanno suscitato entusiasmi e feroci critiche. Senza dubbio hanno consumato territorio che prima era agricolo, sono costate parecchio (sui 2.700 euro al metro quadrato) e quando le persone potranno tornare nelle loro case non sarà facile ricollocare sul mercato 4.500 abitazioni. Però hanno dato un tetto in tempi rapidissimi, e in modo più dignitoso di un container, a tanta gente che ci abita già da 6 anni e chissà per quanto ancora. Alcune sono molto belle, altre molto meno, alcune sono state costruite come si deve, altre molto meno. 

L'Aquila oggi è una città che fa fatica a ritrovare la speranza del futuro, dove chi l'ha sempre vissuta, girando per il centro trova dei vuoti dove ieri c'erano edifici che avevano popolato la sua vita fino a ieri, delle serrande chiuse e delle luci spente dove andava a mangiare la pizza, e chissà se e dove riapriranno mai, una foresta di tubi dalmine attorno alle colonne del porticato sulla via centrale, ciascuna delle quali era il punto di ritrovo di una compagnia diversa di giovani. Ma è anche una città con molta dignità, che ogni anno celebra con una processione il terremoto e le sue vittime, che tiene molto pulite tutte le vie del centro, sia quelle poche sveglie, sia quelle molte addormentate, e che, almeno nelle persone che ho incontrato io, sorride.

Chi la vive, dice che sarebbe bello che destra, centro e sinistra buttassero le loro bandiere e si rimboccassero le maniche per ridare insieme un futuro alla città. È l'augurio che faccio anch'io a tutti loro, e non solo a loro.

 

5 commenti:

  1. Non entro nel merito delle considerazioni extra sportive, anche se mi piacerebbe farlo, ma un commentino tecnico con la solita puntina al peperoncino di Modica magari sì. Sto osservando da un po' di tempo (una trentina d'anni, circa) l'evolversi della questione “tracciamento”. Spero che nessuno mi fraintenda, ma quando dico che tracciare un Mondiale sia più facile che tracciare una gara nazionale secondo me ha un senso. Mi spiego: tu sei rimasto soddisfatto di quanto ti ha proposto il tracciatore, ma le categorie di orientisti da accontentare sono assai di più di un semplice M e W (i percorsi del Mondiale, tanto per intenderci). Ho come l’impressione che spesso i nostri tracciatori non tengano conto che anche una W65 o un M55 hanno la stessa voglia di divertirsi e di misurarsi degli M35 o delle W20. Non dimentichiamoci che tra gli M60 e gli M55 attuali si cimentano ex Elite ed ex componenti di squadre nazionali (Bisoffi, Bettega, Cavazzani, Zanetello …) ai quali proporre percorsi “non all’altezza” non è esattamente opportuno. Ho visto qualche percorso delL’Aquila e, rispetto ai Campionati Italiani, un notevole salto di qualità è stato fatto, ma a patire alla fine sono sempre le categorie meno considerate: i supermaster in pratica. Secondo me 11’ (media dei primi tre in M55) sono pochi per una gara nazionale sprint. Tra l’altro i supermaster sono i più rompiscatole quando si tratta di criticare :-), quindi varrebbe la pena di curare anche i loro percorsi. L’alternativa per loro è quella di iscriversi in categorie maggiori, ma si sa, non tutti sono disposti a vedersi seppelliti in classifica …
    Ho notato invece che anche stavolta le lunghezze dei percorsi non sono state calcolate in modo corretto, quindi riscrivo la frase già inserita nel commento dei Campionati Italiani: “… bisognerebbe che qualcuno avvisasse i nostri tracciatori nazionali e i nostri delegati tecnici international advisor che le distanze nella sprint non si misurano in linea d’aria, cribbio.”
    Una chicca finale: ma … il rampone di avvinamento … l’hai fatto dopo la bevuta di fine gara … :-D

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  2. " iscriversi in categorie maggiori, ma si sa, non tutti sono disposti a vedersi seppelliti in classifica …". Io non riuscirei a battere lo Zanetello di OGGI, e neppure lo Zonato di oggi, il Bettega di oggi, il Cavazzani di oggi, il Vivian di oggi, nemmeno se OGGI io avessi 15 anni in meno e pesassi ancora 79 chili. Però ringrazio io cielo (ed il regolamento) per aver potuto partecipare al percorso MElite di Millegrobbe! :-) La classifica è per altre persone.

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    1. carino che ve la raccontate sempre sul mio blog. Ah, già, ormai è rimasto l'unico.

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  3. Ringrazio Dario per l'articolo. non per i commenti tecnici, ma per la sua visione sulla città de l'Aquila di oggi. Il mio obiettivo era proprio questo. Cercare di far comprendere il dolore passato e quello attuale, in una terra di cui, come spesso in Italia, si parla ormai poco. E quando parliamo di terra, parliamo di luoghi ma soprattutto di persone. Dal primo momento in cui ho iniziato a tracciare, per me è contata solo e sempre l'Aquila e la sua storia, che ho vissuto. Quindi per questa causa sono disposta a prendermi tutte le critiche tecniche, che sono osservazioni corrette. Tuttavia per motivi di sicurezza non potevano essere mandate nel centro storico più delle persone che abbiamo già fatto correre. E lo spazio a disposizione era solo quello. Alla prossima volta e grazie a chi c'è stato, ognuno a suo modo. L'Aquila, immota manet. Maria Novella

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