21 dicembre 2017

Paganella "invernale"

Dato che non mi hanno fatto correre alle Albere (e il ghiaccio vivo sulle stradine mi fa pensare che sia pure stata una buona idea), per non andare fuori allenamento scribacchistico scrivo due righe sulla mia nuova salita sulla Paganella, con partenza da Trento. La prima in cui dopo essere arrivato in cima, torno fino alla partenza con le mie gambe (nelle altre mi ero fatto aiutare dal bus o, in un caso disperato, dall'autostop).

Niente di atleticamente memorabile, ma magari a qualcuno vien voglia di andare di corsa in Paganella, e magari cerca aiuto in internet, oppure leggendo qui a qualcuno che non ci aveva mai pensato viene voglia di farlo, e per gli amanti delle corse eccessive, ne vale sicuramente la pena.

Paganella "invernale", dice il titolo, e in effetti di invernale sul serio c'era sicuramente la temperatura, ma non la neve, dato che in cima c'erano forse 30 cm. La cosa è stata però voluta, dato che se ce ne fosse stata di più, non sarebbe stata fattibile (almeno senza gli sci, che io non uso).

Il giro completo è stato di 56 km e 3500 metri di dislivello, perché per tornare al via senza rifare la strada dell'andata, mi sono fatto anche un pezzo di Bondone. Ad essere sinceri, il piano iniziale prevedeva di arrivare in cima anche a quello, ma l'averci messo più del previsto a scendere dalla Paganella, e lo scoprire che le pile del frontalino si erano già scaricate alle 7 di mattina, mi ha fatto passare la voglia.

Pile scariche alle 7 di mattina vuol dire che non le avevo caricate abbastanza, ma anche che sono partito con il buio. Sveglia alle ore 4.30, quando il 99% del cervello mi chiede perché mai dovremmo  (io e lui) uscire dal piumone per gettarci nella gelida notte, ma vince quell'1% che si ricorda quanto poi ci piace essere lassù. Pedalata nelle strade deserte fino a Piedicastello, e poi via di corsa. Pianino, ovviamente. 2 km di riscaldamento su asfalto fin oltre la Vela, e poi su per il sentiero di San Vili, con le luci della valle che si allontanano sempre di più, e tu che ti senti come se fossi decollato con un aeroplano. Lui ci mette 5 secondi, tu 45 minuti, ma è quasi bello uguale.

Appena ci si vede un pochino spengo la frontale (quanto è bello correre nel bosco al quasi buio! provare per credere...) e già prima del Lago di Lamar è praticamente giorno. A Monteterlago comincia il sentiero 606, che nel lontano 2011, al mio primo Vela-Paganella, mi era sembrato eterno, e mi aveva fatto dubitare seriamente delle mie possibilità di arrivare mai in cima. Tempi alla mano, non è che allora ci avessi messo molto di più di questa volta, ma 6 anni di allenamenti si sentono eccome, e quando arrivo al Passo di S.Antonio invece di sdraiarmi per terra morto, proseguo tranquillo verso la cima. 

Sono in cima in 5 ore e 45', e al rifugio rinuncio a fatica alle lusinghe culinarie a km 0 (qui 2 milioni di anni fa c'era il mare...) e mi accontento di una cioccolata calda. Fuori non si vede a 5 metri, come nella migliore tradizione delle mie salite sulla Paganella, ma pazienza. Torno a Passo S.Antonio da una strada diversa, e da lì mi avvio verso ovest, con due opzioni: se lo trovo, scendere dal sentiero che parte da passo S. Giacomo, se no, scendere dalla strada forestale che parte da passo S. Giovanni. Ho dietro una cartina, ma con la neve non si capisce molto e cartelli non ce ne sono.

Dove possibile seguo le tracce di altri che sono già passati di lì, dalle altre parti vado un po' a naso, non aiutato per niente dalla visibilità, piuttosto scarsetta. Scopro adesso guardando la traccia gps sulla foto aerea, che per qualche minuto ho anche camminato sul bordo del baratro (ma avevo i ramponcini, il pendio non era ripido, ero attentissimo, ho scelto per prudenza di proseguire in costa invece di andare in cerca di fortuna in giù, e non sono mai scivolato neanche un po', contento LV? :-) Quando mi sono finalmente ritrovato, ero a passo S.Giovanni, un gran bel posto, peraltro.

Quasi un'ora per 1000 metri di discesa su forestale ciottolosa e a tratti scivolosa, quasi 3 km di sbaglio di strada a Covelo (orientista dei miei stivali!), e poi via in campagna fino a Vigolo Baselga, dove ho ricominciato a salire, verso il Bondone. Dopo un'ora ero alla malga di S.Anna, e ho deciso che bastava così. Da lì in soli altri 80 minuti, via Camponzin e Sardagna, sono tornato alla bici. Stanco ma felice.

 

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