3 agosto 2020

Vioz e Cevedale

Ogni tanto mi prende un trip per qualche montagna, questa volta è il turno del Vioz, ragguardevole cima in cima alla Val di Peio, dove ci fanno (o ci facevano?) pure un Vertical. Montagna Vera, in una delle zone più belle del Trentino, al confine con l'Alto Adige e la Lombardia. Ho in mente un giretto allegro, con riscaldamento di 16 km il venerdì tardo pomeriggio da Mezzana (dove mi scodella il trenino della Val di Sole) a Peio, pernottamento al lussuoso Hotel Centrale di Peio (che nella modica cifra della mezza pensione mi satolla con primo - secondo - contorno e dolce) e poi giro Vioz - Val di Rabbi con un po' di bei posti in mezzo.

Solo che poi scopro che lì a due passi c'è il Cevedale, la cima più alta del Trentino con i suoi 3.769 metri, e la tentazione è troppo forte. Il tizio dell'albergo, alla mia domanda "per andare su lì ci vogliono ramponi - picozza e cordata, o bastano i ramponcini?" risponde "se segui le tracce e hai un po' di esperienza di montagna, bastano i ramponcini". E la frittata è fatta.




La salita al Vioz è semplicemente entusiasmante: una processione di posti e panorami uno più bello dell'altro, con un tempo fantastico, un silenzio irreale, il morale alle stelle, gambe - polmoni e cuore in idilliaco stato di grazia, e mi mangio quasi 2000 metri di dislivello senza neanche il fiatone sopra i 3.000. Se esiste l'uscita perfetta, probabilmente è questa.


Poi arrivo lassù e sono pure in tinta con il cielo: Palon de la Mare, Cima Rosole, Cevedale, e Zufallspitze sono lì a portata di mano. Intendiamoci, alla fine non mi succede niente di brutto, ma scoprire a posteriori che ho rischiato per varie ore di finire come un pirla in un crepaccio (perché un ghiacciaio non è come una distesa di neve in inverno, e sotto quel bel manto bianco può esserci un gran casino) mi è un po' scocciato. Per un po' ho effettivamente seguito delle tracce (di due pirla che al primo tratto sui sassi andavano lentissimi e sembrava non avessero mai messo piede sopra i 435 metri s.l.m.) ma poi dove non ce n'erano sono andato avanti felice come un bambino in neve fresca. E ok, tutto bene quel che finisce bene, ma con il senno di poi quelli che arrivavano in senso contrario e mi sembravano dei marziani con picozza, ramponi, imbraghi e corde, erano decisamente più intelligenti di me.

Rischio di morire a parte, anche da lì in poi è stata una figata, con un'altra processione di posti e panorami fantastici, e un consuntivo di 47 km e 3700 metri di dislivello, con l'unico serio inconveniente di essermi scottato entrambe le cosce, perché di mettermi la crema solare solo perché dovevo stare al sole sulla neve per 4-5 ore non mi è proprio venuto in mente...











1 commento:

  1. Posti magici, dove ho cominciato a muovere i miei primi passi in montagna. E non solo... 47 anni fa. Gli amici dell'Albergo Centrale sono stati i miei istigatori. A quei tempi c'era molta più neve e toccavi roccia solo per salire sul Palon de la Mare. C'è meno neve anche di due estati fa, l'ultima volta che sono salito al Vioz.
    Augusto

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