La giornata è molto bella e permette di godere in pieno il panorama bellissimo che si gode da lassù, e mentre andiamo alla partenza con il pulmino dell'organizzazione, sembra proprio di andare in gita scolastica. Le o-marathon hanno sempre un po' questo sapore di scampagnata, e questa volta non c'è neanche un chilometraggio da incubo a spingere ad ascetico risparmio di energie. In M35 dove mi sono rifugiato abbiamo 12,4 con 515, il che vuol dire che a meno di grosse cavolate dovrei metterci meno di quanto ci ho messo alla long di Civezzano.
Dopo il riscaldamento fra i pascoli con Segatta e qualche chiacchiera con il misterioso (per me) svizzero Tettamanti, è ora di allinearsi sul prato dietro le nostre carte, che non hanno neanche il classico formato lenzuolo, ma solo un rassicurante A3.


La cosa non è neanche malissimo, perché il 13 non è un punto facile, e averlo davanti è sicuramente un aiuto, anche se effettivamente mi ritrovo sul sentiero dove pensavo di essere. Per la 14 si presenta però l'obbligo di fare una scelta oculata senza lasciarsi influenzare, e sapere cosa ha fatto il M.T. opto per via il dente via il dolore, accollandomi subito le 17 curve fino alla strada, per poi attaccare in relax il punto dal prato sopra. La salita è salita, e arrivo nel punto dove agli italiani long 2010 avevo iniziato a perdere il podio, ma poi l'attacco al punto è effettivamente molto rilassante, e quando sento il breve silenzio prima del bip, della stazione che mi dice "mi accendo adesso perché qui oggi sei il primo a passare", e vedo il M.T. che risale lo steccato varissime curve più in basso, ci godo come un riccio.
Alla 15 c'è una tavola imbandita con integratori salini, barrette e qualche altra sciccheria, e mi fermo a degustare due bicchieri e cambiare la SI card, prima di ripartire in pieno controllo fisico e mentale.
Nella zona della 16 avevo una lanterna anche ai CIL 2010 e anche se non trovo il sasso da cui vorrei attaccare trovo con facilità la lanterna. Poi arriva la 17. Non sono affatto superstizioso, ma un po' stupido sì, e di solito quando penso "questa è una lanterna su cui si può perdere una gara" faccio di tutto per riuscirci. In questo caso ci sarebbero due scelte ottimali:
1) farsi superare dal M.T. e seguirlo al punto
2) buttarsi in picchiata fino alla strada sotto e attaccare il punto dalla collinetta a bordo strada
La prima mi sembra moralmente inaccettabile, la seconda mi sembra che mi farebbe perdere troppo tempo. Opto per un "punto alla traccia di sentiero e poi vado in curva dal semiaperto", ma dovrei ormai sapere (e non so) che quando ho paura le "tracce di sentiero" e i "semiaperti" sono concetti troppo vaghi perché io possa utilmente attaccarmici nello sviluppo dell'azione. Anche in casi come questo dove probabilmente sono effettivamente arrivato al semiaperto da dove volevo attaccare, prima di andare alla deriva. Quelli scarsi direbbero "ho ravaneto 10'", quelli forti direbbero "ho ricartografato la zona". Rimane il fatto che prima della 17 ero 20'' davanti al M.T. e dopo la 17 ero 10' dietro. Quando finalmente la trovo, la stazione rimane silente per qualche attimo, ma stavolta mi sta solo dicendo "la tua SI card è più scarsa di quella che avevi prima".
Con il morale notevolmente ammaccato, salvato solo in parte da quel meccanismo per cui il cervello tende a minimizzare il numero di minuti realmente persi ("massì, avrò perso 3-4 minuti al massimo…") mi lancio all'inseguimento di quanti ormai mi precedono, senza sapere bene quanti siano. Per la 18 basta correre e salire-scendere, mentre la "farfalla" successiva richiede soprattutto, come hanno detto in partenza, di "fare attenzione all'ordine delle lanterne!". E io infatti mi ritrovo a fare la salita fra la 23 e la 22 imprecando come un macchinista ucraino e incrociando Hueller che scopro essere non molti secondi davanti a me. Per la 25 faccio la scelta che mi sembra farmi fare meno dislivello e mi sembra anche di aver corso abbastanza, ma raggiungo Hueller solo salendo sulla strada dopo il punto.
Al ristoro mi stacca di nuovo perché io mi fermo a bere e lui ha il camelbag (o come si chiama quel coso pieno d'acqua da tenere sulla schiena), ma il piacere per quei due bicchieri d'acqua attinti alla fontana gelata fra le foglie, valgono molto più della breve accelerazione necessaria per riprenderlo. Per la 26 ci sono pezzi di sentiero che portano esattamente alla torretta e poi è tempo dell'ultima "farfalla", che, mi sovviene ora, potrebbe chiamarsi "forking", o qualcosa del genere.
La lucidità è ormai quello che è ed inizialmente mi sembra di dover risalire chissà quanto per andare alla 27. Mi accorgo abbastanza in tempo che non è vero, ma salgo comunque troppo e, giunto alla valletta giusta, perdo secondi preziosi ad individuare la lanterna parecchio sotto di me. Potrebbe essere molto di aiuto accorgersi che sono nella zona della partenza del giorno prima, e che la lanterna 29/32 è addirittura nella stessa buca in cui era la mia 3, ma è uno sforzo decisamente fuori dalla mia portata, tanto che quando vedo chiuso e appoggiato per terra il tavolo dove il giorno prima stava la descrizione punti e il minuto -1, non riconoscendolo minimamente arrivo a pensare "qui volevano fare un ristoro ma poi hanno cambiato idea". Riesco in qualche modo a portare a termine anche questa ultima comesichiama, ed arrivo sulla strada di nuovo a due metri da Hueller, che conto di riuscire a battere in volata. Gli do un po' di vantaggio non vedendo il sentiero sul quale bisogna scendere ma lo riprendo buttandomi giù per la cabaletta, e, punzonata la 33 dietro un acquedotto che non assomiglia per niente al cocuzzolo con roccetta indicato in carta, mi butto a rotta di collogiù per il sentiero e lungo la strada fino all'arrivo, dove lo precedo di 20''.
Il M.T. è nel frattempo arrivato a sorseggiare varie bevande calde e fredde e forse anche a fare un colpo a Maddalena e Hubmann per aggiornarli sulla sua gara, dato che sono passati più di 15' da quando ha sentito il bip finale.
Ci ho messo quasi mezzora meno che a Civezzano, e nel complesso ho fatto una buona gara, ma quei 10' mi "rugano" un sacco, come si direbbe a Trento. E, nonostante il M.T. sia decisamente più forte di me, se fossi riuscito a rimanergli nei dintorni un po' più a lungo, sarei stato curioso di vedere cosa ne veniva fuori. Ancora un volta, peccato.
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