Ormai più di un anno fa mi ero divertito un sacco a correre nella palta e sotto la pioggia laggiù in mezzo agli Appennini, tanto che ho pensato bene di tornarci anche quest'anno, al Cinghiale, che non è un animale, come canta non ho proprio capito perché Max Pezzali in una delle sue ultime canzoni, ma il nome dell'ultimo vero ultra trail dell'anno, quello per gente a caccia di punti ITRA o preoccupata di cadere in crisi di astinenza. Io ero fra i secondi.



Il primo giro è proprio lungo: forse il fatto che abbia gli stessi km di una maratona, con l'aggiunta di qualche migliaio di metri di dislivello poteva farmelo sospettare. Ci regala una bella aurora (ma già l'alba è coperta, non esageriamo con il sole) e innumerevoli su e giù fra gli Appennini, con un notevole "su" condito di sassoni, un guado carino di un torrente, e pochi altri scorci davvero memorabili.



Avete presente quando si atterra in un aeroporto di quelli in mezzo alle città, in cui guardando fuori dal finestrino fino all'ultimo si vedono tetti di case, e, anche se sai che è impossibile che il pilota faccia una cosa così stupida, fino all'ultimo hai il dubbio che l'aereo sia sceso troppo presto e finirai sul tetto di una casa, ma poi all'ultimissimo compare la pista e tiri un respiro di sollievo? Ecco, Palazzuolo vista da quella parte è una roba simile, perché fino a pochissimo dall'arrivo non vedi una luce che sia una, e anche se continui a seguire le balise, che ti assicurano che sei sulla strada giusta, dentro di te (dentro il tuo cervellino e le tue gambine che si sono già sciroppati 90 km) rimane fino all'ultimo il dubbio di essere scesi nella valle sbagliata e di dover quindi risalire e riscendere un'altra volta.
Poi le luci compaiono, e subito dopo anche il paese, e a quel punto l'arrivo è talmente vicino che non arriveresti neanche a farti bello, se ce ne fosse il bisogno. Nel mio caso non ce n'è, perché è buio, perché i primi sono arrivati da mo' (da più di 4 ore...), e anche il decimo è arrivato da un po' (da quasi 50 minuti). Io, che pensavo di aver corso proprio bene nell'ultimo giro, scopro solo un po' di tempo dopo l'arrivo che mi sono piazzato al 14esimo posto, e scopro solo qualche giorno dopo, che al 63esimo km ero a una mezzora dal mio "riferimento cronometrico" (Giorgio, un triestino che da un anno a questa parte si allena come un forsennato, tanto che ho smesso di seguirlo su FB perché mi deprimeva troppo vedere quanto più di me si allena), mentre alla fine mi ha dato un'ora e venti. Che vuol dire che nell'ultimo giro non sono andato bene per niente. Pazienza.
Me ne torno a casa con la conferma che gli Appennini non sono proprio il mio posto, ma che piuttosto che stare a casa a pensare all'anno prossimo, anche il Cinghiale va benissimo. Anno prossimo che, come il 2018, inizierà prestissimo, dato che il 5 di gennaio sarò già sul Carso a tentare di ibernarmi al Trail della Bora, quest'anno in versione "iper", non balisato, con partenza da Gorizia e con 10 km e 4000 metri di dislivello in più del banale "ultra" dell'anno scorso.
Potrei anche riuscirci.
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