26 aprile 2012

2° Coppa Italia: Rovegno

Forse sarà capitato anche a voi, di innamorarvi. C'è una fase, all'inizio, quando non ti è ancora chiaro che sei completamente fulminato e le farfalle non hanno ancora iniziato a divorarti lo stomaco, in cui ti viene una specie di super potere, una "percezione aumentata" della realtà. E' quella che ti permette, in una festa a cui oltre a te e a lei ci sono altre 300 persone, di sapere sempre perfettamente dove è lei, cosa sta facendo, con chi sta parlando, e cosa gli sta dicendo. Non sapresti dire se il bicchiere da cui stai bevendo tu contiene acqua minerale o varechina, e neanche se il tuo interlocutore, a cui pure rispondi con ampi cenni del capo, ti stia parlando della grave situazione politica italiana o del negozio di fiori di sua sorella, ma puoi distinguere chiaramente se l'acqua che sta bevendo lei dall'altra parte del salone sia liscia o gassata.

In generale, penso che provare ad una certa età le emozioni tipiche della adolescenza, sia una gran bella cosa. A me capita. Io ho sperimentato la "percezione aumentata" domenica scorsa a Rovegno. In gara. Fra la 8 e la 9. Per Eddy Sandri. Ma nei giorni successivi, invece delle farfalle che mi divoravano lo stomaco, sono stato io a mangiarmi le mani, per non dire altro.

Perchè si dà il caso che nonostante la partenza erratica verso la 1 (100 metri prima della lanterna k per preparare la scelta, e tre cambi di scelta nei 50 metri successivi, e c'era addirittura un sentiero da prendere), e i 2' (dicesi DUE minuti!) persi alla 2 per non essere capace di fare 200 metri di azimut in piano, alla 8 ero riuscito con una ottima sequenza a rimettere in piedi la gara, ritrovandomi terzo, dopo Mario Ruggiero e PM Grassi, a un solo minuto e mezzo dal secondo.

Ma facciamo qualche passo indietro. Domenica 22 aprile si corre la seconda prova della Coppa Italia 2012, una middle nella splendida valle del Trebbia, località di Rovegno dove mia moglie dice di essere arrivata sul podio agli italiani nel 1993. Da Trento sono poco meno di 4 ore di macchina, di cui l'ultima in una valle incantevole, ma solo per chi non soffre di mal d'auto neanche sullo Stelvio. Io pur avendo uno stomaco abbastanza solido arrivo in loco un po' provato, ma c'è tutto il tempo per ripigliarsi, dato che parto a 1:38.

La M35 presenta per l'occasione una starting list da urlo: vari e elite hanno deciso che ormai sono diventati vecchi sul serio, e meno male che invece Bianchi e Pin, a torto o a ragione, continuano a fare i giovincelli nella categoria superiore. Mentre passeggio per i dintorni tendando di scaldarmi, non riesco a non pensare che fare podio oggi vorrebbe dire essere orientisti sul serio. Ammetto una certa giovanile agitazione, ma la passeggiata è lunga e alla fine sono abbastanza tranquillo: il podio è già scritto, tutto quello che viene è un successo.

Il cartografo-tracciatore ha promesso una ostica partenza in salita, e la cosa non può che farmi piacere, dato che al momento correre in salita è una delle poche cose che so fare di sicuro. In effetti dalla partenza alla 6 si sale praticamente sempre, e io infilo 4 primi, un secondo, un terzo e un 19esimo (...) tempo di tratta. Alla 7 inizia il trittico nel verdino, con una prima prova soft che supero con un dignitosissimo secondo posto dopo Ruggiero, e una seconda che richiede già parecchia più attenzione, ma riesco a mettercela, anche se 40'' più lentamente di Ruggiero. E poi arriva il colpo di fulmine. 

Succede che in uscita dalla 8 incrocio Eddy, che partiva 3' prima di me e non l'ha ancora trovata, e Cupido mi colpisce con il suo dardo ferale. Da quel momento, e per i quasi 10' successivi, nel mio cervello diventa inspiegabilmente più importante sapere dove è lui piuttosto che dove sono io. La cosa veramente notevole è che una parte di me, la vedetta, continua a raccogliere informazioni dalla realtà circostante ("stai risalendo il torrentello", "dovrebbe essere qui a sinistra", "non c'è, come mai?", "stai continuando a salire, perchè?", "Eddy sta andando evidentemente in tanta mona, perchè lo segui?", "sei troppo in alto, scendi", "è la seconda volta che fai azimut dalla stradina nel bianco e non arrivi da nessuna parte, c'è qualcosa che non va", ecc. ecc.) ma è come se il capitano che normalmente sta seduto in cabina di pilotaggio ricevendo ed elaborando le notizie che gli arrivano dalla vedetta, sia andato a fumarsi una cicca, e il pirla lassù nel cesto attaccato all'albero maestro parla al vento.

Il fondo dei fondi lo raggiungo quando il mio amato trova in qualche modo la lanterna e mi urla da lontano "è qui!", e io, perso ormai ogni residuo senso del pudore, dopo un vago tentativo di guadare il verdino verso un riferimento qualsiasi, mi metto ad urlare nel bosco "dove seiiiiiii?". Ma nessuno risponde. Forse non mi ama.

E' più o meno a quel punto che il capitano finisce di fumarsi la cicca, torna in cabina, dà un'occhiata ai bigliettini che gli ha scritto la vedetta, ed esclama olimpico "ma dai, eravamo sul torrentello sbagliato!", e in meno di 10'', mentre la vedetta impreca come uno scaricatore di porto di Genova, ci porta alla 9. Ventesimo (e ultimo) tempo di tratta, 2' (2 minuti!) peggio del 19°, 9'30'' più di Ruggiero.

A quel punto il morale è un pochino compromesso, ma devo almeno andare a prendere l'amato, per il quale nel frattempo la mia simpatia si è decisamente intiepidita, tanto che quando lo raggiungo e supero di slancio sulla strada asfaltata prima di buttarmi giù nella ripida valletta dove sta la 10, non mi fermo neanche a offrirgli una mentina.

Ma si sa, l'amore è una forza potente, e a volte incomprensibile, e così nelle successive 6 lanterne, per le quali nonostante l'aspetto minaccioso della carta era sufficiente una lettura attenta, non solo non riesco a staccarmelo di torno, ma in 3 lanterne è lui a punzonare per primo.

Si sa anche che spesso per porre fine ad un sentimento che non ha da essere, l'unica soluzione è un gesto estremo e insensato, così dopo la 16 che punzono un secondo prima di lui, per andare alla 17 invece di seguirlo lungo la più ovvia strada che scende, decido di scavalcare il mondo e andare al sentiero sull'altro emisfero, arrivando al traguardo un minuto dopo di lui.

Se arrivare sul podio poteva voler dire essere un vero orientista, perdere in questo modo può voler dire una sola cosa: che sono una sega. Non so se Aristofane, Omero, Shakespeare, o Tolstoj abbiano mai dedicato qualche loro scritto a questo argomento, ma fra i miei autori di riferimento ho trovato delle analisi della situazione piuttosto efficaci.




6 commenti:

  1. tu sei folgorato... la scelta per la 17° è assolutamente da fuori classe/fuori di testa/fuori serie...

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  2. concordo con cosimo!!!! ....tra l'altro avevo messo il numero 15 in quel posto come "dissuasore" visivo a quella sciagurata scelta

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  3. siete dei gretti materialisti che pensano solo alla prestazione
    grazie a quella scelta ho potuto percorrere un bellissimo sentieri nel bosco che altrimenti mi sarei perso

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  4. grazie al c***o, sei sceso nella valletta, risalito, ridisceso, risalito e ridisceso... mi stupisce il fatto che ti ho dato solo 1' sul quella tratta... evidentemente voli sia in salita che in discesa...

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  5. ♥ I love you too! ♥
    E quella lotta testa a testa nei boschi che prima di noi furono di Annibale è stata quanto meno epica ...
    Comunque mi sono divertito un sacco a correrre fianco a fianco con te. Alla 9 ti ho seguito cecamente, credendo nelle tue innate capacità orientistiche. Poi vista la defiance ho cercato di essere un po' più aggressivo e personalizzare le scelte. Ma staccarti era impossibile! Corri troppo per i miei gusti!

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  6. Dimenticavo. Martedì per la staffetta dei trentini abbiamo nuovamente l'occasione di partire fianco a fianco ...
    E, come sempre,
    ♥ I love you too! ♥

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