26 settembre 2011

Trofeo delle Regioni 2011


Ad un anno dalle prove così così del mio esordio in rappresentativa del Trentino vengo nuovamente convocato per difendere il viola della mia provincia autonoma (che in quanto tale si guadagna lo status di "regione" anche in campo orientistico" e mi imbarco alla volta della Liguria, terra affascinante quanto lontana. L'ultimo pezzo di strada prima costeggia il bellissimo fiume Trebbia, che fa scattare automaticamente nella mia mente la litania "Trebbia - Taro - Secchia - Panaro" e non so se essere più scocciato perchè parte dei miei pochi byte di memoria sono impegnati nel conservare i primi quattro affluenti di destra del Po', o preoccupato perchè tutti gli altri non hanno invece lasciato traccia.

Ad ogni modo il campo gara è proprio in un bel posto (Casa del Romano), e peccato che per raggiungere i "700 partecipanti distribuiti sui due giorni di gara" temo abbiano contato tutti due volte. La prima giornata è di pre-autunno, fa caldo, il cielo è sereno almeno per un po' e ad aspettarci ci sono vari prati in cima a varie creste. Prima del via c'è il tempo per ricordare chi non c'è più, e il minuto di silenzio per il papà di Carlo e Stefano e per Carlo Dorigati è un momento veramente intenso, con il solo rumore del vento nell'erba ad accompagnare le emozioni di molti.

Poi è tempo di correre, e per quanto mi riguarda la situazione è chiarissima: sono fisicamente in stra forma, la cartina sembra stata fatta per me, fra i primi frazionisti delle poche staffette M35 in gara non c'è chi possa impensierirmi, quindi devo dare il cambio a Friz con almeno 5 minuti di vantaggio sul secondo. 

Sono ormai quasi sicuro che uno dei problemi sia capire dove sta quel confine invisibile fra la giusta fiducia nei propri mezzi e l'eccesso di supponenza. Forse si tratta solo di scegliere un determinato "oggi posso e voglio vincere con 5' di vantaggio" al posto di uno spocchioso "oggi vinco con 5' di vantaggio", forse è sufficiente limitarsi a pensare quello che si vuole senza dire nulla, forse dipende da persona a persona. Fatto sta che io su quel sottile confine ci inciampo rovinosamente e finisco a 5' dal primo, ma con il segno "+" davanti.

Succede che allo start parto come un missile lungo le verdi praterie in costa, attacco in grandissima sicurezza la 1, riparto lungo le verdi praterie in costa, punzono la 2 con 1' di vantaggio sul secondo, e poi non vedo l'autostrada che mi doveva fare attraversare il gran canyon e non registro che dovevo scendere solo una curva di livello, scendendo agli inferi. Da dove sono arrivato quando mi rendo conto di cosa sto facendo, il canyon non è attraversabile, risalgo un po', poi attraverso un po', poi risalgo un po', accumulo kg di acido lattico (perchè una misteriosa legge della medicina dice che 1 curva di livello fatta per recuperare da un errore ti stanca come 10 curve fatte sulla retta via) e quando arrivo alla 3 dopo che tutto il mondo è già passato, sono pronto solo per sbagliare di 100 metri la 4, trovare la 5 perchè è elementare e perdere altri 2' alla 6.

Da lì in poi non va neanche malissimo, ma ormai tutto è perduto, compresa la faccia dato che Fabietto Daves, che in M20 aveva il mio stesso percorso, chiude pochi secondi davanti a me ma essendo partito con il lancio 11' dopo di me. Nè si concretizza la speranza che il mio compagno rimedi alle mie malefatte, dato che non solo ci mette addirittura più di me, ma fa pure PM. 

Dato che al TdR non bisogna guardare a sè ma alla squadra, da una staffetta in cui potevamo chiudere con 4 punti di vantaggio sul Veneto, portiamo a casa 12 punti di ritardo, con un differenziale di -16 che potrebbe tormentare le mie notti future, se non fosse che il regolamento per l'attribuzione dei punti di squadra è talmente complicato che non si riesce davvero a capire quanti danni uno può aver fatto.

Il giorno dopo è il turno della long, che è più che altro una allungated middle, dato che i primi 3 finiranno in meno di un'ora. Il posto (Monte della Cavalla) è di nuovo molto bello, ma il tempo è più minaccioso e andando in partenza si ha l'impressione che per descrivere la vegetazione debbano avere utilizzato delle nuove numerazioni di verde sconosciute agli umani (ma non ai veneti, e da qui il sospetto di combine inizia a farsi strada). C'è chi azzarda un "magari dopo la svedese si aprono prati come ieri", ma da dove è piazzata la partenza sembra proprio impossibile.

Invece in effetti il sospetto di combine e la preoccupazione di arrivare a casa con l'epidermide a brandelli si dissolvono poco dopo la partenza, dato che il bosco miracolosamente si apre e compaiono addirittura i sognati prati. E io che avevo passato tutto il riscaldamento a dirmi "oggi evitare i verdi, oggi evitare i verdi, oggi evitare i verdi", devo arrendermi all'evidenza che anche sta volta il selftolching ha fatto cilecca.

La gara sarebbe piuttosto veloce e fisica ma non banale, con alcuni punti da attaccare con prudenza e altri da far andare le gambe. Io per non rischiare di buttare la gara nel finale anche questa volta mi porto avanti con i lavori, e butto 6' nelle prime 5 lanterne, vanificando di fatto la buona gara che faccio da lì in poi. Chiudo terzo, a 7' da Pin e 2 e qualcosa da Gottardi, con la sola miserissima soddisfazione di prendere e staccare Stefani che era partito 4' davanti a me e il giorno prima me ne  aveva dato 5. 

Fortunatamente, al Trentino non servivano i miei punti per vincere di nuovo il TdR.



2 commenti:

  1. mumble mumble, ho provato a guardare il tuo blog (stlilisticamente piuttosto interessante), ma non immagino chi tu possa essere.
    Il coach Fabio Hueller in incognito?

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