Oggi
vado al cinema con Sara e poi chissà. È un anno che le muoio dietro
ed è la ragazza più bella della scuola: occhi chiari, capelli
castani appena sopra la spalla e un sedere che parla. Non so se ha
accettato per compassione, per una scommessa, o perché ne ha davvero
voglia. Ma oggi Sara viene al cinema con me.
Domenica 6 maggio, ore 9.30, finale A del campionato italiano middle. Parto a 1:54, 2 minuti dopo Rinaldi, due minuti prima di Bellotto, quello che alla prima di coppa Italia mi partiva 3' dopo e mi ha preso alla prima lanterna gettandomi nello sconforto. Ho sbandierato a destra e a manca che voglio una medaglia, qualcuno dopo la prestazione non esaltante della qualifica mi ha già preso per il culo. Ma oggi sto proprio bene, non sono neanche andato 3 volte al cesso come ieri. Una sola, come da manuale. Non c'è il sole, ma non è la tragedia dell'anno scorso. Durante il riscaldamento provo quello che ho in mente da un po', scegliendomi una bella strada nel bosco e correndo una mezzora abbondante a ritmo non troppo blando. Le gambe girano bene, la testa mi pare esserci. La notte scorsa mi è apparso in sogno Harald Bertoldi, il papà di Helga, che mi ha detto di andare piano sulle prime. Se iniziano a dirmelo anche in sogno, forse è il caso di stare a sentire.
La
sto aspettando sotto casa da cinque minuti, quando apre la porta. Ha
un vestito estivo, corto e colorato e i capelli sciolti. È
bellissima, penso. "Sei bellissima con questo vestito", le
dico, buttando via giorni di piani e tattiche in cui mi ero
consigliato estrema prudenza. Ma mi è proprio scappato, dal cuore. E
lei forse se ne accorge, perché mi regala un sorriso fantastico, che
mi scioglie ancora un po'. Ma non troppo e ci avviamo verso il
cinema, chiacchierando, come se essere qui insieme oggi fosse la cosa
più normale del mondo.
Quando parto ha smesso di piovere e al bip più alto arraffo la cartina e vado. Ma con calma, ci sono 50 metri di prato per guardare bene dove andare. Solo che poi l'unica scelta sensata sono 300 metri di strada forestale in costa: e chi ci riesce ad andare piano? Quando arrivo alla strada asfaltata, che è il punto dove bisogna buttarsi su per il bosco, il signor Bertoldi l'ho dimenticato da un pezzo e mi arrampico baldanzoso puntando ad un naso e un verdino che potrebbero essere rischiosi. Ma oggi la vegetazione mi sorride, e ci manca poco che mi appaia un cartello con scritto "questo è il primo verdino e laggiù c'è quello con la lanterna". Punzono e vedo poco più avanti Rinaldi, azimut e punzono la 2 prima di lui. Mi parla e non mi deconcentro, lo stacco costeggiando il dosso, attraverso il sentiero, costeggio il dosso dall'altra, vedo l'altro verdino e la 3, troppa grazia Sant'Antonio.
Prima
del cinema c'è il tempo per un gelato, fragola e limone per lei,
stracciatella, tiramisù e panna montata per me. Mi ci tuffo
sporcandomi come al solito il naso con la panna montata. Penserà che
sono un bambinone? Può darsi, ma per una volta non sono lì che
penso ogni secondo cosa sarebbe meglio che io facessi o dicessi, o
cosa direbbe il figo della scuola se fosse al mio posto. Non riesco a
fare e dire proprio tutto quello che semplicemente mi viene, ma
quasi. E lei non sembra per niente infastidita, anzi.
Per la 4 mi butto sul sentiero e poi attacco prudentemente dal dossetto fino a vedere la roccia, per la 5 punto i due dossetti e mi ci fiondo in mezzo, per la 6 costeggio di nuovo il dosso e punto al dosso e al sentiero di prima. Ci metto qualche secondo di troppo a capire che effettivamente ci sono, ma là c'è la roccia e là sotto la buca, e dentro la lanterna. La 7 mi preoccupa un po', mi accorgo che tendo ad andare più in costa di quanto dovrei e non mi pare di vedere una linea di arresto chiara, mi rilasso solo sul nasone, vedendo giù il sentiero e la valletta che è molto più evidente di quanto pensavo. Superato il dosso vado in direzione e la trovo. Per la 8 c'è il sentiero che mi accompagna per un bel po', poi mi affido all'odierno feeling con i verdini per raggiungere la radice dove sta la lanterna. Nessun problema, ma più lento di chi è andato a tutta fino alla valletta molto evidente che scende a ridosso della radice.
Mentre
finiamo il gelato incontriamo due amiche sue che stanno andando ad
una festa. A sentire loro lei non può assolutamente mancare e già
mi vedo al cinema da solo ad affogare la mia tristezza nel bidone di
pop corn king size. Mentre guardo una vetrina qualche metro più in
là, pronto a dire che no, non mi dispiace, figurati, mi urla di
muovermi, che si sta facendo tardi e rischiamo di perdere l'inizio.
Il cuore ricomincia a battere.
Fra la 8 e la 9 ho Lorenzo Vivian che mi corre vicino e avvisto poco più avanti Alberto Grilli. Il primo corre in un'altra categoria, ma di solito non è che vado troppo per il sottile quando si tratta di lasciarmi distrarre, mentre il secondo è un rivale diretto, che partiva 4 minuti prima di me: cosa chiedere di più per mandare a puttane la gara? E invece niente, sicuro fino alla strada, loro proseguono fino al dosso e io salgo prima dalla valletta, punzonando prima di Alberto e lanciandomi in salita alla 10 senza guardarlo neanche. Alla 11, che prendo in sicurezza, ma non con la scelta migliore, lui è ancora vicino ma dietro. Per la 12 vado con molta prudenza perchè in carta il bivio di sentieri dal quale attacco il punto è molto meno evidente di quanto si rivela nella realtà. Grilli è ancora poco dietro, ma lo stacco definitivamente accendendo le gambe magiche per la salita al sentiero da cui la 13 praticamente si vede.
Il
film è molto bello e il tempo corre veloce, quasi senza accorgermene
appoggio la mano sulla sua e le nostre dita cominciano a giocare
insieme, come non aspettassero altro da quando le luci si sono spente
e non avessero bisogno né del nostro permesso né della nostra
attenzione. Ed è naturale uscire tenendoci per mano e continuare a
farlo passeggiando lungo il fiume mentre la luna ci guarda da lontano
e noi parliamo del film e di mille altre piccole e grandi cose.
Per la 14 scavalco il costone e procedo tenendo d'occhio l'avallamento successivo fino a incontrare la radice che è impossibile non vedere, per la 15 è un azimut in discesa, per la 16 punto al prato, poi strada e poi giro lungo per non fare giù e su nella valletta, per la 17 è di nuovo strada e poi si vede su. So di non avere fatto errori, so di stare andando veloce, so che ogni lanterna che trovo è una possibilità in meno di rovinare tutto, ma non mi viene addosso l'ansia che da piccolo mi veniva quando stavo per arrivare in fondo al pezzo per pianoforte senza sbagliare, e immancabilmente sbagliavo alla fine. Per la 18 rimango un po' basso, perchè dopo la picchiata verso il prato e la risalita al sentiero sotto la casa non guardo bene le curve e devo risalirne una per punzonare, mentre andando alla 19 rimango un attimo interdetto sulla strada asfaltata, quando mi appaiono a sinistra, assieme alla moglie, degli enormi roccioni che non riesco a trovare in carta. Quando finalmente li riconosco nei tre trattini microscopici a monte della stradina, mi arrampico con foga fino a raggiungerla per poi buttarmi nella valletta. Non la scelta migliore, ma va bene lo stesso. La 100 l'ho vista prima di partire e c'è un corridoio nell'erba che ti ci porta, però smetto di guardare il corridoio e nella mia testa è all'angolo nord del boschetto a sud invece che all'angolo sud del boschetto a nord. Me ne accorgo in corsa e correggo la rotta, prima di fare il rettilineo finale alla stessa velocità di Roberto Dallavalle e Emiliano Corona. All'arrivo, dopo che allo scarico il bigliettino ha detto che i punches sono ok e che il mio tempo è 39:26, penso che io più di così non potevo fare, e che adesso vediamo cosa fanno gli altri.
Quando
arriviamo davanti a casa sua sembra che le cose da dirsi non
finiscano mai, mentre ci teniamo le mani e lei non stacca un secondo
gli occhi dai miei. È con il cuore che mi batte a mille che
approfitto di un momento di silenzio per dirle quanto mi piace e
quanto vorrei mettermi con lei. Lei mi sorride, si avvicina, chiude
gli occhi, e mi bacia. Io chiudo gli occhi, e la bacio.
Dopo di me partivano in 9 a 2' uno dall'altro, vuol dire che l'attesa sarà lunga. Ho già provato l'emozione per l'attesa a Monte Livata, ed è bellissima. Attorno altri già sicuri del risultato festeggiano, mamma Zagonel abbraccia figlia Zagonel, e io intanto rosico. Dopo 2' Bellotto non è ancora arrivato, quindi uno è dietro. Arriva Simone Grassi, e The Speaker dice che ci ha messo 33'. Mi viene un coccolone, perchè temevo molto mi battesse, ma 6' proprio non me li aspettavo. Però poi sbircio il suo foglietto e c'è scritto 42:10. Insulto The Speaker, che lo ha confuso con l'altro fratello Grassi, e continuo a sperare. Dopo 1' arriva Rigoni: lui ha fatto davvero 33', ma da lui, su questo terreno, 6' ci stanno. Dopo un altro minuto arriva Neuhauser, sbircio anche il suo biglietto: 41:43, è dietro anche lui! Un altro minuto ancora e arriva l'altro Grassi, il suo di bigliettino dice 37'10'', ma una medaglia ce l'ho ancora. Ho perso completamente la cognizione del tempo, ma mi pare che l'unico
che può ancora portarmela via sia il Rivale, Cipriani, e così dice anche
lo speaker.
Non
so se passa un secondo, un minuto o un'ora, ma ad un certo punto
quella magia finisce. Lei mi guarda con un sorriso indescrivibile, mi
dà un altro bacio rapidissimo a fior di labbra e corre dentro casa
salutandomi con la mano. Solo quando la porta sbatte dietro di lei mi
rendo conto che lei non c'è davvero più e mi avvio verso casa senza
capire cosa sia veramente successo. Non sono ancora in fondo alla via
quando il mio cellulare vibra, è un SMS, è suo. SN STATA BENISSIMO
CON TE, ANKE TU MI PIACI MOLTO XO MI PIACE ANKE UN ALTRO, DAMMI UN
MESE X CAPIRE, TVB XXX
Quando il Cip appare sul rettilineo finale mi riguardo il mio tempo, per essere sicuro di non sbagliarmi a confrontarlo con il suo: 39:26''. Quando lui scarica e la stampantina si mette a stampare il suo bigliettino, cerco di leggerlo prima ancora che esca. Dice 39:26''.
The Speaker sentenzia "c'è stato bisogno di una medaglia aggiuntiva per fare avverare il sogno di dopolav-ori!".
Lo vedremo il 2 giugno di chi era davvero questa medaglia, e chi ha preso quella aggiuntiva.
fossi bravo a correre come a scrivere saresti il campione del mondo Master :-) complimenti per la gara ed il racconto!!!
RispondiEliminaGrande! Complimenti ancora per la gara!
RispondiEliminaps: un po' furbetta questa Sara...
La cosa più bella e la soddisfazione più grande è poter dire "più di così non potevo fare". Su quello che fanno gli altri non possiamo molto quindi se Sara preferisce un altro non è di certo colpa nostra che abbiamo dato tutto quello che era nelle nostre facoltà. MIKE
RispondiEliminaDiglielo, Cosimo, diglielo.
RispondiEliminaNon solo è bravissimo, ma migliora di volta in volta. Mi rodo il fegato dall'invidia (non essendo la sportività la prima delle mie doti), e ritengo che dovrebbe darsi alla scrittura con maggiore impegno.
Bravo Dario, complimenti per la passione che ci metti.
RispondiEliminaI blog sono sempre fantastici
Ciobin 1975
Quell’immagine della maglietta dell’O-Ringen del 95 che ti arrivava alle ginocchia è una di quelle che non si cancellano. Chissà cosa ti passava per la mente quel giorno, tu e la tua condanna a una vita pianificata da progetti pensati e costruiti anno per anno. E l’imprevedibilità che di tanto in tanto ti riportava in vita non suonava come nota stonata, ma ti dava quel tocco di fascino che non avresti altrimenti posseduto. Eri una persona attraente proprio per questo, perché avevi qualcosa dentro senza che ciò fosse evidente; bastava saperlo. Hai avuto pochi momenti di debolezza e so che la tua era una continua lotta per reprimerli. Per questo ci è voluto una maglietta due taglie di troppo per aprire quello spiraglio nella tua difesa impenetrabile e ammirare il meglio di te stessa, lontana dalla noiosa rappresentazione quotidiana. E poi le pause.
RispondiEliminaTi ci sono voluti cinque anni esatti per accorgerti di come il tempo non aspetti nessuno e di quanto inattaccabili siano certe verità troppo trascurate. E chissà a cosa pensavi mentre quello strano personaggio che ti stava davanti ti raccontava i suoi ultimi capitoli con diligenza scolastica; forse ai tuoi bastioni incrollabili che non avrebbero retto ancora a lungo, o forse a come poter uscire brillantemente da una situazione già vissuta anni prima, o forse più semplicemente al momento più adatto per sferrare il tuo attacco premeditato. Eravamo due scogliere di granito messe una di fronte all’altra, non ci sono dubbi; un po’ per il reciproco rispetto che ci ha sempre condizionato e valorizzato allo stesso tempo, un po’ per il carattere ostinato e orgoglioso che ancora ci contraddistingue. Peccato che anche gli sguardi non sappiano mentire così bene, perché avremmo retto benissimo il confronto e tutto sarebbe filato liscio, come sempre. Ma quella maglietta grigia è stata decisiva; ed era l’unica cosa che ti ricopriva quando ho riaperto gli occhi il mattino seguente, con te addormentata a un respiro di distanza dal mio sguardo, con i tuoi lunghi capelli neri sciolti ovunque, e il tuo inebriante aroma sparso tra le lenzuola.
Grazie Dario